Indifendibile. Vladimir Putin è indifendibile. L’attacco sferrato in Ucraina, gli arresti di chi in Russia ha provato a manifestare il proprio dissenso per l’invasione, bambini compresi. La mannaia della censura social negando al popolo l’accesso a Twitter e a Facebook, la chiusura dei media ritenuti ostili al regime e ora anche la nuova legge, che promette 15 anni di carcere a chi critica la guerra.
La cosiddetta “legge sulle fake news” firmata dallo stesso Putin, che ha portato la Rai, dopo la BBC, a ritirare i propri corrispondenti dalla Russia. E non era mai accaduto. Neanche durante la Guerra Fredda. Mai. Neanche in Siria o in Iraq. “Una misura che si è resa necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto- fanno sapere dall’azienda- e la massima libertà dell’informazione relativa al Paese”.
E ora cosa diranno le “anime belle” filo putiniane che da dieci giorni, dall‘inizio del conflitto in Ucraina, gridano contro la presunta propaganda ucraina? Quelli che sui social più esplicitamente, ma anche nei salotti televisivi, che pontificare da queste due postazioni è sempre facile e piuttosto comodo, sono arrivati a ipotizzare addirittura che gli ucraini si stiano bombardando da soli? E allora questa scure russa sull’informazione che puzza assai di regime sovietico come la vogliamo commentare? A che punto della narrazione vogliamo collocarla? Perché vanno bene le ragioni russe del Donbass, porzione di terra dell’Ucraina e prima ancora dell’ex Unione Sovietica della quale, come della Crimea, molti dei sostenitori filorussi dell’ultimo minuto ignoravano fino a dieci giorni fa anche l’esistenza.
Perché vanno bene le simpatie che i politici nostrani, e non solo quelli di destra, hanno nutrito nei confronti dello zar. Ma ora c’è un popolo sotto attacco. Una popolazione che scappa dalle bombe. E le ragioni di Putin sono finite quando sono cominciate le bombe. Indifendibile nell’aver dato vita a una guerra che non era affatto imprevedibile. Che le voglie di Nato e di Europa di Zelensky, il presidente ucraino, stessero infastidendo assai il capo del Cremlino al punto di “non far rientrare nei distretti di appartenenza un vasto numero di equipaggiamenti militari dispiegati nel corso dell’esercitazione russa Zapad-2021, ma di lasciarli posizionati lungo i confini ucraini” è scritto addirittura nella Relazione annuale del 2021 inviata al Parlamento italiano dall’intelligence. Una relazione che qualcuno avrà letto? Perché l’invasione russa sembra aver colto di sorpresa ‘gli addetti ai lavori’.
Una guerra che si sarebbe potuta evitare? Forse no, anche perché al di là dell’oceano c’è chi ha soffiato forte sui venti di questo conflitto, seguendo le orme dei suoi predecessori alla Casa Bianca. Biden non ha voluto tradire la tradizione “guerrafondaia” dei democratici americani. Biden, che ora con una gaffe imbarazzante confonde addirittura il popolo ucraino con quello iraniano durante i suoi discorsi. E c’è solo da sperare che rimanga più lucido nella cosiddetta stanza dei bottoni. Una guerra che si sta abbattendo sul popolo ucraino alla quale le piazze, soprattutto quelle che strizzando l’occhio a sinistra, vorrebbero rispondere mettendo i fiori nei cannoni.
“È il momento del disarmo e di ridurre le spese militari”, così Maurizio Landini, segretario nazionale della Cgil, a margine della manifestazione contro la guerra ‘Cessate il fuoco. Europe for peace’, convocata oggi a Roma dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, con l’adesione di numerose organizzazioni tra cui appunto Cgil, Emergency, Legambiente, Greenpeace, l’immancabile Anpi, e molte altre. Manifestazione che però, tra le sigle sindacali, ha ricevuto il netto ‘no’ della Cisl. “Non possiamo riconoscerci in una piazza neutrale. Qui si rischia di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici, aggressori e aggrediti. La Cisl è per la pace e con il popolo ucraino, senza se e senza ma”, ha sottolineato il segretario generale del sindacato, Luigi Sbarra, con una lettera al Corriere della Sera.
“Mettere sullo stesso piano aggressori e aggrediti” è il punto su cui dissente il capo della Cisl. Ma c’è anche chi sui social o nei commenti in tv fa di più, riuscendo addirittura ad invertire le parti in una farneticante narrazione di questa guerra folle.