Da dieci giorni è scoppiata la guerra in Ucraina. E da 10 giorni l’Italia e l’Europa hanno scoperto l’esistenza del Donbass, della Crimea e (forse) anche della stessa Ucraina. Un mondo distante che prima dell’inizio dei bombardamenti russi, quasi tutti ignoravano. L’informazione non ha mai dato il giusto spazio alla crisi del Mar Nero, se non per raccontare le storie (con particolare attenzione al gossip e ai dettagli pruriginosi) di qualche italiano che ha deciso di partire per il Donbass e combattere al fianco dei separatisti russi.
Ad aprile 2021, quindi un anno fa, da queste pagine davamo conto di un’accelerazione del livello di allerta in Donbass dove Putin aveva intenzione di entrare. Ma ancora prima, abbiamo informato i nostri lettori sulla crisi del Mar Nero che va avanti da anni.
Adesso, dopo 10 giorni di guerra e un numero di vittime impossibile da stimare con precisione, l’Italia e l’Europa si chiedono se tutto questo si sarebbe potuto evitare. Non abbiamo gli strumenti per rispondere a questa domanda, ma di certo possiamo affermare che la conoscenza a volte aiuta a sbagliare meno. E informare l’opinione pubblica su ciò che accade, anche fuori dai confini nazionali, è importante per creare movimenti di pensiero che possono, in alcuni casi, orientare le scelte dei governi. Del resto, proprio questa guerra sta mostrando i rischi della comunicazione pilotata, della propaganda, ma anche l’importanza dell’informazione.
Un video postato su Youtube in questi giorni di conflitto, riprende le dichiarazioni di tre poliziotti-militari russi, inviati nella confinante Bielorussia, che ammettono di essere stati addestrati sino dal 2021 per un’invasione in Ucraina. Ogni genere di materiale che circola sul web deve essere valutato attentamente a causa della propaganda che arriva da tutti i fronti, ma emerge con sempre maggiore chiarezza la premeditazione dell’invasione da parte del presidente russo che, forse, ha perso il controllo di sé stesso e della stessa Confederazione. In numerose città sarebbero comparsi manifesti dell’opposizione che lo comparano a Hitler, inneggiando alla sua fine. Gli oligarchi, nel mirino di Europa e Usa che hanno deciso sanzioni pesanti, potrebbero lentamente voltargli le spalle. Si tenta di creare il vuoto attorno a Putin, mentre lo zar lo crea intorno ai suoi cittadini. Le operazioni sul terreno vedono le truppe russe in difficoltà a fronte di una forte volontà di resistenza degli ucraini che, da tutta Europa, stanno affluendo in massa per unirsi alla resistenza.
E allora Putin stringe la morsa anche intorno ai russi con una legge che punisce con 15 anni di reclusione chi diffonde fake news. Chiude testate indipendenti, blocca l’accesso a Facebook e Twitter così come ai siti d’informazione stranieri. Tutto pur di veicolare le informazioni sulla guerra che ritiene più utili alla sua causa. È la propaganda, bellezza! Che in guerra è un’arma al pari di carri armati e missili.
Proprio per questo, l’informazione di paesi che si definiscono democratici non può permettersi il lusso di seguire mode e tendenze (magari dei social) nella selezione delle notizie.