Putin entra in Donbass. Alla fine un lungo discorso alla nazione, il 21 febbraio 2022 il presidente russo ha firmato il documento di indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, ampliando di fatto una crisi che va avanti da anni. Dopo settimane di tensione al confine tra Russia e Ucraina, dunque, decide di alzare la posta. Il tavolo delle trattative diplomatiche diventa rovente e numerosi analisti si interrogano sui possibili scenari futuri. La possibilità di vedere i carri armati russi entrare a Kiev, al momento, appare un’opzione poco verosimile, soprattutto per i costi dell’operazione anche in termini umani. Ma sulle vere intenzioni di Putin nessuno sa dare una risposte certe.
Mentre la Borsa di Mosca crolla (-8%) e il prezzo del gas vola, l’Occidente minaccia sanzioni pesanti, che andrebbero però a pesare anche sui Paesi che le impongono. La domanda che in molti si pongono dunque, è se davvero la comunità internazionale è pronta a morire per Kiev. La condanna per la decisione di Putin è arrivata da più parti, mentre la diplomazia ha continuato a lavorare per arrivare ad un accordo che consenta di evitare lo scenario più temuto: la guerra. Che non è solo quella convenzionale, ma anche quella economica. Se per gli Stati Uniti il gas che arriva dalla Russia non è un problema, l’Europa invece si trova stretta nella morsa della dipendenza da Mosca. Sanzioni sul settore energetico sarebbero devastanti per tutti i Paesi europei, così come quelle che potrebbero riguardare esportazioni e importazioni di beni e servizi e fino al settore bancario. Indubbie le ripercussioni anche per la Russia, ma al momento Putin non sembra preoccuparsene. Anzi. Nel lungo discorso alla nazione, è tornato indietro nel tempo, usando toni e parole da ex Unione Sovietica e ribandendo che l’Ucraina non è un Paese, ma “parte della nostra storia”. Qui, ha detto, è nata la Russia. “È stata creata da Lenin. Questa è una cosa certificata. Lenin aveva un interesse particolare anche nel Donbass dove ora abbattono i monumenti a lui dedicati. Ma noi siamo pronti a mostrarvi che cosa significa liberare completamente l’Ucraina“. Adesso, invece, per il presidente russo, Kiev è una marionetta nella mani dell’Occidente. Parole durissime, che forse non hanno colto di sorpresa le cancellerie europee e gli Stati Uniti.
Mosca: “Sappiamo cosa accadrà. Ma alla fine i nostri avversari torneranno al tavolo dei negoziati”
Le tensioni in Donbass vanno avanti ormai da 8 anni e quanto accaduto in Crimea nel 2014, avrebbe forse dovuto suggerire alla comunità internazionale la possibilità che uno scenario simile si sarebbe potuto ripetere. E ieri, infatti, il rito si è riproposto dando vita, di fatto, ad una violazione della sovranità territoriale dell’Ucraina. Un fatto gravissimo, di cui Putin dovrà rispondere. Il giorno dopo la firma della dichiarazione d’indipendenza di Donetsk e Lugansk, la Russia ha già fatto sapere che è ancora pronta a negoziare. Giovedì il segretario di Stato americano, Antony Blinken, incontrerà il suo omologo russo Sergei Lavrov, a Ginevra. Ma sull’esito dell’incontro è meglio non scommettere perché la partita a poker con la Russia non sarà facile. Mosca ha ben chiare quali potranno essere le mosse della comunità internazionale e, forse, ha già pronte le contromisure. “Sappiamo cosa accadrà dopo: ancora sanzioni, minacce, pressioni politiche da diverse parti. Urla e flussi di disinformazione. Abbiamo già affrontato tutto questo e abbiamo smesso da tempo di avere paura. Abbiamo nervi saldi”, ha fatto sapere il vice presidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, l’ex presidente e premier Dmitri Medvedev. Perché alla fine, “l’esperienza mostra che prima o poi i nostri attuali avversari verranno loro stessi da noi con la richiesta di tornare al tavolo dei negoziati su tutte le questioni: è inevitabile, dato il ruolo della Russia nelle relazioni internazionali. La storia confermerà la nostra correttezza”.