Lo scenario politico sembra uno strano mix tra un film di Gabriele Muccino e uno di Paolo Sorrentino: tante chiacchiere ma, una volta usciti dalla sala, ci si rende conto di non aver capito poi un granché. Paragoni un po’ azzardati a parte, basta leggere i giornali delle ultime settimane per capire che, anche chi ci sta dentro alla politica, non sa bene quale direzione prendere.
L’ultima tentazione, di cui si è discusso anche al congresso di Azione, è quella del grande centro. Una sorta di “Forza e Coraggio Italia Viva che la Lega sia con noi, ma pure i Democratici e tutto il cucuzzaro”. Che detta così potrebbe incontrare difficoltà a trovare spazio sulla scheda elettorale. Ma gira e volta i ‘centrini‘ una soluzione sul nome la troveranno. E ingoieranno un po’ tutto. Pure il Matteo toscano, quello ‘lumbard’ ancora pare non sia tra gli ‘arruolabili’. Toscano che, inutile nasconderlo, sta sulle scatole un po’ a tutti, ma alla fine ingoieranno anche questo ‘rospo’, anche se forse eviteranno di baciarlo. Da tre a settant’anni basta che respirino, come si usa dire.
Imbarcheranno un po’ tutti, perché in politica servono i numeri. E Calenda e gli altri non sono Noè, non agiscono di sicuro per la conservazione della specie. E se da un lato Matteo Renzi, senza dubbio fenice della politica perché si è perso il conto di tutte le volte in cui è rinato, sembra intenzionato, insieme a Giovanni Toti e un pezzo di Forza Italia, a creare una nuova forza centrista (che con una legge proporzionale possa fare la differenza nel nuovo Parlamento che si formerà con un numero ridotto di deputati e senatori), dall’altra c’è Carlo Calenda con ‘Azione’ che invece non sembra interessato, a parole, ad avere nessun legame con il leader di Italia Viva.
Durante il primo congresso del suo partito, svoltosi oggi a Roma, Calenda ha fatto l’occhiolino alla Lega: “Può essere un nostro interlocutore solo quella guidata da Giorgetti”, ha detto. Guidata da Giorgetti e che molli sul serio Fratelli d’Italia. “Mai con i sovranisti”, non ha dubbi Carlo Calenda. E per la proprietà transitiva ci rimane difficile pensare che possa andare d’amore e d’accordo con chi va a braccetto con loro. D’altro canto che tra i due, Giorgetti e Calenda, l’attrazione fatale sia già nata da tempo è fuori da ogni discussione. Chi non ricorda l’endorsement, poi parzialmente rivisto, alle recenti elezioni amministrative di Roma del Ministro leghista verso il leader di Azione in corsa come sindaco della Capitale. Il partito di via Bellerio, dopo l’elezione del Presidente della Repubblica e lo strappo con la leader di Fratelli D’Italia, Giorgia Meloni, cerca con affanno un nuovo posizionamento politico verso un’area più moderata del centrodestra e si prepara, dall’interno della maggioranza, a una lunga campagna elettorale che porterà verso il voto del 2023. E Calenda, comunque, su certe alleanze ha le idee chiare: Alle amministrative “dove siamo sufficientemente radicati andremo soli, dove non abbiamo ancora la forza di fare questo, se c’è un candidato valido, sostenuto dal Pd o da liste civiche di centrodestra, siamo pronti ad appoggiarlo ma solo se non è sostenuto da M5S e Fdi”. Quindi niente Meloni e Pentastellati, che evidentemente gli stanno proprio indigesti. E dal palco del Congresso ne approfitta anche per parlare di legge elettorale. Carletto è scettico sulla riforma: crede che alla fine non si farà. In ogni caso lancia la sua proposta: “A me piacerebbe una proporzionale con lo sbarramento al 5% perché romperebbe il bipolarismo, che è diventato bipopulismo, perché governano solo i due estremi, ma temo che non si farà nessuna riforma della legge elettorale”.
Il Congresso di Azione, dunque, è caduto proprio a fagiolo, perché tra i partecipanti ci sono stati leader di partito come Antonio Tajani, Roberto Speranza, Enrico Letta, Giovanni Toti, Della Vedova, Giancarlo Giorgetti, ma nessuno del M5S o di Fratelli d’Italia. E a dire il vero pure Renzi non si è visto. Nonostante la presenza di Ettore Rosato, presidente di Italia Viva che ha aperto ad una collaborazione con Azione, il leader del partito non si è fatto vedere. I malpensanti ritengono che l’assenza sia dovuta al fatto che al ‘dream team 2023’ (è stato già ribattezzato così il progetto centrista di Calenda &Co), non stia proprio simpaticissimo. Colpa del caratteraccio che il toscano si ritrova, dicono. Ma del resto, chi è senza peccato scagli la prima pietra. E allora, forse Renzi se lo faranno andare bene anche se è difficile avere a che fare con lui. E poi, al momento, Matteo da Rignano incarna il vendicatore della politica sulla magistratura. Dopo la pubblicazione della lettera di babbo Tiziano, la solidarietà all’ex Premier è arrivata da più parti. E anche Calenda dal palco del Congresso ha voluto testimoniare il suo sdegno per quella vicenda: “Posso discutere su tante cose con Matteo Renzi, ma non dimenticherò mai di considerare quel governo come uno dei migliori della storia della politica italiana. Posso discutere e considerare delle scelte non etiche, e pertanto la possibilità di collaborare compromessa finché non si cambia, ma trovo ignobile che si pubblichi una lettera di un padre a un figlio senza rilevanza penale”.
In tutto questo, viene da chiedersi, come sempre: il centrosinistra che ruolo ha? E i Grillini possono essere ancora utili alla causa ‘sinistra’ o il divorzio è nell’aria? Presto detto. Il Pd, ancora fedele all’alleanza con il Movimento 5 Stelle, vede di buon occhio la creazione di un polo centrista. Ma delle due l’una. Perché proprio lo stesso Calenda ha sottolineato che mai farà alleanze con i Grillini. “Mai con i populisti”, ha tuonato al congresso. E come la mettiamo con chi con si allea con i ‘populisti’? Parliamo degli stessi che sono dentro un Movimento lacerato da una guerra interna tra il Ministro Luigi Di Maio e l’ex premier Giuseppe Conte e che perciò, in questo momento, non riescono ad avere una voce forte all’interno della politica nazionale. O così pare. Intanto, però, Letta abbraccia Calenda e poi si vedrà. Ora non resta che attendere le prossime settimane, che di certo riserveranno tanti nuovi colpi di scena. Ciò che invece pare chiaro, oramai, è che il Governo Draghi deve arrivare a fine legislatura. Ma siamo sicuri che siano tutti dalla parte del Pnrr e delle nuove riforme? Chissà se verremo a capo di questo interrogativo nel sequel del film. Quello che citavamo all’inizio e che sembra un mix tra una pellicola di Muccino e una di Sorrentino. Che somiglia tanto alla politica italiana attuale. Chiacchiere tante, ma non ci si capisce niente. E i personaggi non aiutano.
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