Nessuno tocchi Caino. Bene! Ma qualcuno si ricordi che il morto fu Abele. La situazione delle carceri rimane una ferita aperta nel sistema giudiziario italiano. Strutture affollate, vecchie e con un numero ridotto di agenti di polizia penitenziaria impiegati, sono una specie di girone infernale sia per i detenuti che per gli operatori. Un report di Fratelli d’Italia sulla situazione degli Istituti penitenziari in Toscana, presentato ieri in Senato, evidenzia la sproporzione tra agenti impiegati e detenuti. Negli istituti penitenziari della Regione Toscana si annovera, “una ulteriore diminuzione del 10/15% del personale erroneamente quantificato così da ridurlo in agenti di polizia effettivamente amministrati, con punte di oltre il 25% come nel caso di Sollicciano a Firenze ove a fronte di 488 agenti amministrati, la forza operativa è composta da 330 effettivi, per 580 detenuti”. Un piano di nuova edilizia penitenziaria e far scontare ai detenuti immigrati, circa il 30 per cento della popolazione carceraria, le pene nei propri Paesi d’origine, è la ricetta che FdI propone per tentare di risolvere il problema.
La Pietra (FdI): “Preoccupa il rapporto percentuale fra il numero di detenuti stranieri e la totalità della popolazione detenuta”
Che sia critica la situazione non parrebbe novità, infatti. Piuttosto, la novità è nei motivi di tale criticità. “In tre mesi abbiamo visitato tutti gli istituti penitenziari della Toscana – dice il senatore di FdI Patrizio La Pietra, estensore del ‘Report Toscana’ sulle carceri – abbiamo verificato le condizioni di caserme, locali comuni e di socializzazione del personale. Un quadro a tinte fosche, dove il tema del sovraffollamento carcerario, almeno nella nostra regione non fa da padrone. Piuttosto, lo fa il rapporto percentuale fra il numero di detenuti stranieri e la totalità della popolazione detenuta. Siamo sul 65-70% di persone poco avvezze al rispetto delle regole in presenza di gravi carenze di personale e difficoltà organizzative per la sicurezza, soprattutto notturna”. Fa pensare il fatto che in istituti con più di 500 detenuti mediamente prestano servizio una quindicina di agenti, se non addirittura due/tre in altri. Mentre i dati del Ministero, sempre secondo il report, tendono ad indorare la pillola, i numeri del personale di servizio, il sovraccarico delle ore di lavoro, sia per gli operativi che per gli amministrativi, non tornano. Anche il sopralluogo nelle strutture non pare abbia destato minor sorpresa: a Pisa, San Gemignano e più emblematico il caso di Sollicciano, la geometria degli spazi spesso non consente la visione dell’intera sezione e mette a rischio la sicurezza gli agenti carcerari con 200 detenuti su 500, in assistenza psichiatrica.
Laura (Uspp): “Preoccupati da deriva buonista che punta a svuotare le carceri invece che costruire nuove strutture”
“La Polizia Penitenziaria non deve diventare ‘guardona di Stato’, ma deve garantire l’ordine e la disciplina interni per assicurare il corretto svolgimento delle attività dirette alla rieducazione dei detenuti – dichiara Francesco Laura, vicepresidente dell’Unione Sindacati Polizia Penitenziaria (Uspp) – Quando apprendiamo che, tra i mille problemi che ha la giustizia nel nostro Paese, il dibattito parlamentare in Commissione Giustizia si sta concentrando sulla possibilità di concedere momenti di intimità dei detenuti con le loro mogli e fidanzate, ci rendiamo conto che l’idea di carcere che abbiano noi è lontana anni luce da quella che si vuole realizzare. Noi siamo molto preoccupati – aggiunge – Crediamo che si stia concretizzando un disegno politico per far scomparire la Polizia Penitenziaria come forza di polizia che si occupa di garantire la sicurezza degli istituti penitenziari. Le proposte di Fratelli d’Italia, che non sono dissimili da quelle della Lega, le condividiamo pienamente. Tuttavia, riteniamo che spingere oggi sull’acceleratore per arrivare ad una riforma complessiva del sistema penitenziario sia un azzardo. Non sussistono, allo stato, le condizioni per una riforma che possa bilanciare le esigenze della rieducazione e della sicurezza. La maggioranza delle forze politiche dell’attuale governo non ci pare sia proiettata in questa direzione. Intravediamo, piuttosto, una deriva iper buonista che, passando per un decongestionamento del sovraffollamento mediante stucchevoli misure svuota carceri, anziché investire risorse per la costruzione di moderne e più vivibili strutture penitenziarie, approdi ad un vero e proprio smantellamento del ruolo della Polizia Penitenziaria che auspichiamo le forze di centrodestra possano respingere ora al mittente per rimetterci le mani dopo le elezioni del 2023, in un’ottica di concretezza e di rispetto delle regole già scritte”.
Non si definisca allarmismo a questo punto la preoccupazione per il personale della polizia penitenziaria che neppure è dotato di caschi, scudi e sfollagente omologati. Se il principio sacrosanto è che il carcere sia funzione rieducativa, a Caino è concessa possibilità di redenzione, ma sarà il caso pensare pure ad Abele prima che sia troppo tardi?