Ad un anno dal colpo di stato militare, il Myanmar ancora “brucia” nella piena indifferenza della Comunità internazionale. Sono ormai decine di migliaia le abitazioni dei cittadini birmani che sono state date alle fiamme dai soldati del regime militare, che si è imposto al governo del Paese dopo il coup del febbraio dello scorso anno. Tabayin, Pale, Mingin, Kani, Shwebo, Khin-U, sono solo alcuni dei villaggi bruciati dalle truppe governative, mentre è sempre in atto la guerriglia con le Forze di Difesa Popolare (PDF).
Ma non sono solo le abitazioni ad essere bruciate. Migliaia di cittadini inermi, spesso imprigionati all’interno delle loro case, periscono nei roghi appiccati dai soldati della giunta militare.
Le mostruosità della nuova dittatura in uniforme si fanno strada tra il popolo del Myanmar con torture, uccisioni arbitrarie, incendi, massacri, utilizzo di detenuti civili come scudi umani, bombardamenti a tappeto di aree residenziali e saccheggio di case, soprattutto nelle regioni di Magwe e Sagaing e negli stati di Chin, Kachin, Shan, Kayah e Karen.
I fatti avvenuti durante le scorse feste di Natale, ad esempio, hanno fatto conoscere alla comunità internazionale le atrocità della nuova giunta militare che ha preso in mano le redini del paese sud-asiatico. Fu proprio nel giorno di Natale che il KnHRG – Karenni Human Rights Group diede al mondo l’annuncio che almeno 35 civili (tra vecchi, donne e bambini) erano stati bruciati vivi dal Tatmadaw (altro nome delle forze armate regolari della Birmania) nello Stato di Kayah (Karenni). Il KnHRG è un’organizzazione indipendente per i diritti umani, fondata nel 2016 e operante nei sette comuni dello stato di Karenni (Kayah) e parte della regione Kayan (Shan meridionale).
Forte fu lo sdegno da parte della Comunità internazionale che condannò senza indugi l’eccidio, ma di fatto non si andò oltre questo. Sempre secondo il KHRG, tra maggio e dicembre 2021 almeno 651 abitazioni, 6 chiese e un ospedale sono state distrutte nello Stato di Kayah. Le forze armate birmane hanno effettuato decine di raid aerei nelle regioni di Chin, Kayah, Karen e Kachin. Hanno bombardato le aree di confine e spinto decine di migliaia di sfollati verso la vicina Thailandia.
All’indomani della presa del potere da parte della giunta militare, capitanata dal presidente ad interim Myint Swe, dal vice presidente Soe Win e dal primo ministro Min Aung Hlaing, fu chiaro a tutti che il ristabilirsi dell’ordine democratico e nuove elezioni libere, sarebbe stato un processo lungo e difficile e che una nuova guerra civile era ormai alle porte. Molti giovani fuggirono dopo il colpo di stato, arruolandosi nei vari gruppi armati etnici (EAO), preparandosi così ad affrontare l’esercito del Tatmadaw.
In aprile 2021, un nuovo Governo di Unità Nazionale (Nug) in esilio, sorto dopo il golpe di febbraio, chiese alla giunta militare di liberare tutti i prigionieri politici, prima fra tutti Aung San Suu Kyi. Il Nug è composto da politici regolarmente eletti dal popolo, esautorati dalla giunta militare, insieme ai rappresentanti delle minoranze etniche.
In maggio prese forma la People’s Defense Force – Pdf, l’ala armata del governo di unità nazionale (Nug), composta da giovani attivisti che riscuoteva il sostegno di una gran parte del popolo birmano. Il Pdf, embrione e precursore delle forze armate federali, è diviso in cinque divisioni (Nord, Sud, Medio, Oriente e Occidente), ciascuna con almeno tre brigate. Ogni brigata è composta da cinque battaglioni, che sono ulteriormente suddivisi in quattro compagnie. Ben presto la giunta militare designò il Pdf quale organizzazione terroristica.
Le occasioni di scontro armato tra il Pdf (ed altri gruppi armati suoi alleati) e l’esercito dell’autoproclamato governo della giunta militare, furono numerose in tutto il paese e contarono migliaia di vittime. Il Tatmadaw fino ad oggi ha subito molte perdite, ma le opportunità di una loro ritorsione contro civili inermi, compresi vecchi, donne e bambini, sono state purtroppo all’ordine del giorno.
La comunità internazionale deve muoversi in fretta, mettendo al tavolo le diverse anime della società politica dell’ex-Birmania, magari verso una democrazia di tipo federale. Se il conflitto dovesse continuare a lungo, e la crisi non fosse risolta per tempo, la situazione nel Myanmar potrebbe trasformarsi nell’ennesimo disastro umanitario.