E Mattarella bis fu. Dopo settimane di tormenti politici e sei giorni di fumata nera, finalmente sabato 29 gennaio è stato eletto il Presidente della Repubblica. Nel primo dei cosiddetti tre “giorni della merla“, che sono appunto gli ultimi del mese di gennaio, Sergio Mattarella è stato riconfermato capo dello Stato.
E la data non appaia casuale. Perché il freddo, che da tradizione contraddistingue queste giornate, era ormai calato nell’Aula di Montecitorio. Più che freddo proprio il gelo, tra avversari, ma soprattutto tra esponenti della stessa coalizione. E la faccenda ha toccato un po’ tutti gli schieramenti, che ormai balbettavano candidature che riscuotevano consensi più “a grilli che a tordi” e che hanno visto capitolare i grandi elettori, tanto per rimanere in tema “ornitologico”, proprio nei cosiddetti giorni della merla.
E alla fine, per uscire da un pantano che avrebbe potuto paralizzare i lavori parlamentari per settimane, in un momento così delicato per il Paese, si è levato il grido: “Tutti al Colle”.
Con la sola eccezione di FdI che quando c’è da fare “no” col ditino è sempre in pole position.
Ed è iniziata una sorta di processione dei capigruppo dei partiti per chiedere al recalcitrante Mattarella, almeno stando alle sue dichiarazioni pubbliche, la disponibilità ad un’ eventuale rielezione.
La disponibilità c’è stata. Per sette anni? Questo è presto per dirlo. Ma tant’è.
Sergio Mattarella è ancora il presidente della Repubblica, con un nuovo mandato.
Quindi tutto rimane invariato. E si riparte, ma forse meno forti di prima, almeno per quello che riguarda i partiti. Il percorso per arrivare alla rielezione di Mattarella non è stato facile, e in alcuni casi ha provocato lacerazioni interne a partiti e coalizioni. Anche se tutti rivendicano questo risultato, basta rileggere la cronaca di quest’ultima settimana per capire che qualcuno ha vinto, ma molti hanno perso. E non certamente per la scelta della persona, ma per il “metodo” usato. Ecco appunto, metodo. La parola forse tra le più usate nelle trattative per scegliere l’inquilino del Quirinale. In ogni caso Mattarella è stato riconfermato. Mario Draghi rimarrà (con ogni probabilità) presidente del Consiglio e i peones che temevano le elezioni anticipate e la perdita del vitalizio potranno tirare un sospiro di sollievo.
In zona Cesarini, nelle elezioni più tattiche della storia repubblicana, che hanno visto i partiti marcarsi “a zona”, “a uomo” e anche grandi elettori e leader rendersi responsabili di autogol clamorosi, la spuntano quelli che sono rimasti in panchina. A guardare il gioco “autolesionista” degli altri. E si sono beccati una vittoria quasi “a tavolino”.
Perché bisognava uscire da questo muro contro muro.
Perché la pandemia ancora morde. Così come la crisi economica. E perché martedì deve avere inizio il festival di Sanremo.
E allora, God save Mattarella, e godiamoci le canzonette, anche se nella settimana appena trascorsa di politici che se le cantavano e se le suonavano ne abbiamo sentiti abbastanza.