La sua prima volta non se la immaginava così. Decisamente no. In macchina, da solo, al freddo in un drive-in. A Roma ieri la temperatura era particolarmente rigida. Perché per Manfredi Potenti, deputato toscano della Lega alla prima legislatura, è stata la prima volta ieri da grande elettore del Presidente della Repubblica. Ma il Covid gli ha negato l’accesso al passaggio rituale sotto il “catafalco”, anche se quest’anno anche questo riadattato e senza il consueto tendaggio per evidenti esigenze di sanificazione.
Trecento chilometri in auto per raggiungere la Capitale e poi il voto, senza mai scendere dalla macchina. Scheda e matita, matita che l’onorevole ha tenuto a conservare comunque per ricordo, avvolte nel cellophane. E poi guanti di lattice, disinfettante da spruzzare anche sul volante dell’auto, prima di infilarsi, sempre rigorosamente in solitudine, in una sorta di gazebo-garage, al riparo da occhi indiscreti, per esprimere il suo voto sulla scheda. Scheda che ha poi infilato nell’urna avvicinata alla vettura da un funzionario “scafandrato”. E poi via verso il Covid hotel vicino al quartiere Eur riservato ai grandi elettori positivi non residenti nella Capitale. Ed effettuato il triage dai giovani medici presenti nella struttura, subito in camera, dove rimarrà fino ad oggi quando nel primo pomeriggio potrà uscire solo per recarsi nuovamente al drive-in per la seconda votazione. Queste le procedure di voto al tempo della pandemia.
Ma Manfredi Potenti, che è “positivo” in tutti i sensi, non se ne lamenta. Anzi. “L’organizzazione delle procedure di voto per noi elettori positivi è stata eccellente e ci ha permesso di partecipare nonostante tutto”, spiega Potenti, che poi sottolinea: “Un’esperienza unica sul serio ed emozionante, seppur lontana dai colleghi in Aula. Il primo voto in automobile della storia repubblicana, che io sia un pioniere?“. E da buon “toscanaccio” il leghista non lesina la battuta, neanche sull’albergo dove alloggia. “Sembra un pò l‘hotel di Shining. Corridoi deserti, un silenzio surreale e i pasti lasciati dal personale ovviamente dietro la porta della camera”. “Un’esperienza di cui farò tesoro, perché ci sono posti che la politica non ha il coraggio di vedere, situazioni che andrebbero attenzionate maggiormente, per non creare, e non certo per noi onorevoli, ma per tutti i cittadini, luoghi di serie B. Quando starò meglio – conclude – nella mia regione andrò a controllare per capire come funziona”. Perché fuori all’hotel di Shining, come lo ha ribattezzato ironicamente Potenti c’è anche l’Esercito. E viene da chiedersi perché. Per garantire l’incolumità degli “onorevoli votanti”? Sembrerebbe proprio di no. Tra gli ospiti ci sarebbero, infatti, anche persone positive al Covid che non avendo una residenza non saprebbero dove trascorrere il periodo di malattia e di quarantena, clochard e senza fissa dimora. Ma non solo. Ci sarebbero anche detenuti contagiati, ma non così gravi da dover essere ricoverati in una struttura ospedaliera. Onorevoli, clochard, detenuti, forse anche comuni cittadini, persone sole che non saprebbero come affrontare altrimenti l’iter della malattia. Tutti insieme. Perché, parafrasando l’indimenticabile principe Antonio De Curtis, in arte, e che arte, Totò, anche il Covid, proprio come la morte è una livella.