Dissimulazione, taqyyia, inganno. Tanti i sinonimi per spiegare il possibile modus operandi e i motivi del gesto compiuto da Emad Jamil al Swealmeen, alias Enzo Almeni, il 32enne mediorientale a tutt’oggi di nazionalità sconosciuta che due giorni fa a bordo di un taxi stava preparando l’innesco di un ordigno forse destinato alla cattedrale di Liverpool o alla cerimonia prevista per la commemorazione dei caduti inglesi di tutte le guerre. L’esplosione, probabilmente, è avvenuta per errore nei pressi del locale ospedale. Solo la prontezza di riflessi del tassista, che accortosi dello strano maneggiare dell’uomo ha abbandonato l’auto un attimo prima che esplodesse, ha evitato il peggio.
Al Swealmeen, giunto in Gran Bretagna nel 2014 privo di documenti, si era fatto battezzare tre anni dopo abbracciando il rito anglicano, forse per facilitare il rilascio di documenti di riconoscimento e dichiarando di provenire dall’Iraq. Ma la sua regolarizzazione era stata da subito negata poichè proprio nel 2017, armato di coltello, aveva minacciato alcuni passanti su una strada principale della città portuale e venendo arrestato. Presso la sua abitazione, durante la perquisizione di rito successiva all’esplosione del taxi, la polizia ha trovato una vera e propria officina per la costruzione di ordigni artigianali. Le indagini sono ora avviate al riconoscimento degli eventuali complici del mancato “martire”.
A seguito dell’attentato, il Regno Unito ha aumentato il livello di minaccia terroristica nazionale a “SEVERE” dopo la riunione del comitato per la sicurezza nazionale Cobra. Il livello di minaccia indica che un ulteriore, imminente, azione terroristica è “altamente probabile”.
Le autorità hanno dichiarato che l’attentatore di Liverpool di domenica era di origine mediorientale e non era presente nei data base dell’MI5.
Non è la prima volta che i terroristi islamici fingono conversioni o assumono comportamenti assai distanti da quelli del musulmano praticante.
È un allarme che avevamo lanciato in tempi non sospetti.
L’uso della “taqyyia”, la dissimulazione, è prevista dalla tradizione dell’Islam ortodosso soprattutto se si tratta di operazioni da condurre nella “Dar al Harb “, la casa della guerra, ossia i territori che devono essere assoggettati all’islamismo con la jihad.
Dovremo fare presto i conti con altri attacchi condotti con questa tattica? Da Mohamed Atta, in apparenza un viveur ben istruito, a Salah Abdeslam, unico terrorista sopravvissuto agli attentati di Parigi del 2015, assuntore di “Captagon” e bevitore di compagnia.
Le conseguenze della folle politica di accoglienza indiscriminata produrrà, purtroppo, effetti devastanti se non arginata in tempo. E forse è già tardi.