Il G20 per l’Italia, comunque vada, sarà un successo. Ne sono convinti a Palazzo Chigi perché l’intento di Mario Draghi, al netto dei temi in agenda che scandiranno la giornata di oggi e domani a Roma, sarebbe quello di mettere in chiaro da che parte sta il nostro Paese. Rinsaldato l’asse con gli Stati Uniti, a dimostrazione della vocazione atlantista del premier, ora tocca definire i rapporti con quelle autarchie tanto care ai governi precedenti, Cina in testa.
L’incontro tra il premier italiano e il presidente degli Stati Uniti, avvenuto ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, andava in questa direzione. Le parole di Biden a Draghi, opportunamente diffuse dopo l’incontro, suonano come un monito verso coloro che, per anni, hanno flirtato con le autarchie: “Stai facendo un lavoro straordinario qui. Abbiamo bisogno di mostrare che le democrazie possono funzionare e che possiamo produrre un nuovo modello economico e tu lo stai facendo”.
Dunque, la parola chiave è democrazia. Ma non quella surrogata proposta dai 5 Stelle, bensì una democrazia compiuta. Le ricette proposte dai Paesi pseudo democratici tentano, da anni, di superare tale concetto perchè, dicono, ritarda i processi decisionali, molto più semplici invece quando al comando c’è un solo uomo, o un gruppo ristretto. La sfida a questo punto, è dimostrare che i Paesi democratici, pur con difetti e lungaggini burocratiche, riescono ancora a garantire uno spazio di libertà e dissenso (ad esempio) che altrove è assente. Da queste pagine, che qualche giornale a vocazione grillina ha definito “sito fogna”, da anni denunciamo la deriva dell’Italia sui temi delle alleanze e dei rapporti internazionali a causa di simpatie discutibili. Il G20, dunque, è una opportunità per l’Italia soprattutto da questo punto di vista.
Da questa mattina, all’Eur 20 capi di Stato e di Governo arrivati a Roma (tranne Putin e Xi Jin Ping), si confronteranno su temi importanti per il mondo intero: crisi climatica e gestione della pandemia in testa. La maggior parte dei commentatori e degli analisti si dice scettico sull’esito della due giorni. In particolare, si ritiene difficile arrivare ad un documento condiviso soprattutto sul clima che porti Cina e India a ridurre le emissioni nei tempi proposti. Pechino in particolare, ha già risposto in tal senso dimostrando netta contrarietà al piano proposto. Del resto, che Draghi non fosse gradito al regime comunista cinese era cosa nota sin dal cambio al vertice di Palazzo Chigi
La partita per l’Italia, dunque, si gioca su più fronti. Draghi pone il nostro Paese al centro della scena mondiale e europea per riportarlo alle sue naturali alleanze, abbandonate durante i governi precedenti. Gli effetti di tale ritorno alle origini potrebbero non essere immediati. Ciò che conta, però, è che la linea sia tracciata, anche per i governi a venire.