La foresta dell’Odg: Betulla, Quercia e rami secchi.
Nel folto panorama del giornalismo italiano, spiccano rare figure di assoluto valore ma non gradite al sistema. E un più ampio carnet di autoreferenziali asserviti al potere, che fieri del loro “ego” smisurato, non disdegnano di diserbare il loro cammino per raggiungere vette di idiozia da propalare all’inerme cittadino.
Vi è qui da proporre una netta distinzione tra chi è un vero “servitore dello Stato” e dell’interesse pubblico, chi è dedito a informare onestamente il lettore e chi, invece, è un semplice (e miserabile…) “servo del sistema”.
Il riferimento ‘botanico’ è ovviamente riferito alla questione di Renato Farina, ribattezzato Betulla dai detrattori, e all’indomito Vittorio Feltri, da noi ribattezzato Quercia.
Sul conto del primo gli scribi, strenui difensori del Diritto e mai dei Doveri, tutto si è detto, scritto e fatto, senza la benché minima consapevolezza di una realtà pragmatica quella che, volenti o nolenti, ha visto e vede il buon Renato continuamente proteso all’ impegno in favore dell’informazione, dello Stato e della comunità, cioè noi.
Non entriamo nel merito delle sue presunte collaborazioni con esponenti dei servizi segreti nostrani, la cosa non ci riguarda e, se comunque rispondesse al vero, saremmo fieri di un uomo che ha contribuito, magari in modo non ortodosso ma efficace, al mantenimento della sicurezza comune.
È quantomeno risibile, invece, il coro di belati che si leva contro Betulla da parte dei “servi” impegnati a demonizzare, deridere e diffamare un uomo che si è sempre posto come argine a terrorismo, criminalità e clientelismo. Un gregge eterogeneo con ben definite origini e dogmi propri dell’antistato e dell’antipattriotismo.
Belati che si levano da un gregge che si abbevera quotidianamente da fonti ben definite: procure, politici, agenti dei servizi (questi sì, in alcuni rari casi, deviati…) e che si arricchisce proponendo visioni catastrofiche e disumane mostrando ai lettori realtà distorte, ma ben artefatte, sui palcoscenici anche televisivi delle reti del “disservizio pubblico”.
Il Direttore Feltri, nel suo editoriale di oggi ripercorre, non senza sagacia, alcune vicende che avrebbero visto come protagonista Renato Farina e che avrebbero contribuito alla campagna diffamatoria scatenata nei suoi confronti da penne di scribi sinistrati senza la benché minima prova.
E i fatti citati sono di pubblico dominio: il sequestro Abu Omar, l’uccisione di Enzo Baldoni, il sequestro delle turiste “fai da te”. Tutti eventi che hanno contrassegnato il ventennio di apertura del nuovo millennio, affrontati in modo sconsiderato da procure e procuratori in cerca di notorietà a discapito della sicurezza di noi poveri cristi.
Fascicoli aperti in nome del diritto, quello di un terrorista conclamato che se la ride in Egitto godendosi i soldoni (nostri…) profusi come riparazione del danno subito; oppure quelli devoluti ai terroristi islamici come riscatto per riavere “sane e salve” due svampite in cerca di avventura.
La realtà che sogneremmo è un pò diversa. Il terrorista egiziano oggi dovrebbe essere rinchiuso senza un soldo a meditare sui danni procurati nelle sue peregrinazioni tra Egitto, Albania e Italia. Il buon Baldoni lo piangiamo come vittima sì, ma di lui stesso, laddove il recarsi in un Paese in guerra senza le giuste e doverose precauzioni è un palese atto di irresponsabilità, al pari di quello delle due pulzelle recuperate dietro un oneroso pagamento che, personalmente, avrei devoluto ai disoccupati nostrani, lasciando le due giovincelle a godersi le vacanza in Medio Oriente, così come quelle che le hanno anticipate e quelle che le hanno seguite, sempre a spese nostre.
Ed il buon Farina, onesto lavoratore e visceralmente proteso alla ricerca della giustizia, quella vera, si ritrova oggi di nuovo in prima pagina reo di essere un consulente per la comunicazione del ministro Renato Brunetta. Ma anche qui le pecore hanno da ridire. E voi, pecorelle mai smarrite, che fate ?
Noi, comunque, Farina non lo abbiamo voluto lasciare solo.
***Foto in evidenza rubata dal profilo Facebook di Renato Farina