Sbatti l’agente di polizia penitenziaria in prima pagina. Foto di servizio usate come fossero foto segnaletiche. Criminali. Colpevoli. Il verdetto è già stato emesso. A mezzo stampa.
Fine del discorso per il quotidiano “Cronache di Caserta” che apre con le immagini dei poliziotti indagati per le presunte violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Una testata che si fa fatica anche a trovare nelle rassegne stampa. Ma tant’è.
Poliziotti indagati, non condannati.
E non è un dettaglio.
Una prima pagina che ha fatto saltare sulla sedia anche il Garante nazionale per i diritti dei detenuti: “Inaccettabile la gogna mediatica per gli indagati a Santa Maria Capua Vetere. Un’esibizione che nulla aggiunge all’informazione sull’indagine in corso. E che rischia di esacerbare il clima e alimentare tensioni negli istituti”.
Vibrante anche la protesta sui social di Manfredi Potenti, deputato della Lega e membro della II Commissione Giustizia: “Servire lo Stato per contenere una rivolta e finire schedati come criminali? Poliziotti sbattuti in prima pagina neanche fossero mafiosi, una vergogna”, la denuncia, lo sdegno di Potenti in un tweet.
⚠️PAZZESCO: SERVIRE LO STATO PER CONTENERE UNA RIVOLTA E FINIRE SCHEDATI COME CRIMINALI ?!
Peggio: chi aggredisce per strada va indicato con le iniziali di nome e cognome, guai poi a dire che non è europeo !!
Loro, sbattuti con la faccia in prima pagina, manco fossero mafiosi… pic.twitter.com/CAqrdJ5Ris— Manfredi Potenti (@ManfrediPotenti) June 29, 2021
Ma nel Paese dove si indaga il poliziotto che spara, badate bene per ferire e non per uccidere, per fermare un criminale che minacciava la folla brandendo un coltellaccio alla stazione Termini a Roma dobbiamo assistere anche a questo.
Nomi e cognomi di coloro che avrebbero sedato, con metodi non ortodossi, le rivolte nel carcere campano dei detenuti insorti contro le misure anti Covid lo scorso anno pubblicati con tanto di foto.
Una sfilza. Mezza pagina.
Un orrore mediatico di quella stampa sempre all’attacco delle forze dell’ordine senza esitazione.
Mezzi di comunicazione che si fanno belli cavalcando le campagne contro l’odio.
E questo cos’è? Come vogliamo chiamarlo? Informazione? Ma per favore.
Quelli pronti a puntare il dito. Ma sempre nella stessa direzione.
Gli stessi media tanto attenti nel raccontare le aggressioni di immigrati che evitano spesso di citare anche la nazionalità dei delinquenti, soprattutto quando sono scuretti di pelle.
Tanto premurosi nel sottolineare il disagio mentale che agita la mano degli attentatori. Ormai un mantra.
Ma senza pietà nei confronti di servitori dello Stato che spesso, questo sì andrebbe evidenziato, lavorano in condizioni impossibili negli istituti di pena. A mani nude. Perché il taser è una bestemmia.
Carenza di personale e sovraffollamento delle carceri sono problemi atavici.
Le aggressioni agli uomini della penitenziaria sono all’ordine del giorno, spesso taciute dai giornaloni. E se pubblicate, relegate in un trafiletto.
“Un linciaggio mediatico inaccettabile. Ma alle famiglie di questi poliziotti non ci pensa nessuno? E se il Tribunale del riesame dovesse rivedere i provvedimenti?”. Non ci sta Francesco Laura, vicepresidente dell’Uspp, sindacato della polizia penitenziaria.
“Se questi colleghi hanno sbagliato è giusto che paghino- conclude Laura- Ma i processi si fanno nelle aule di tribunale. Non sulle prime pagine dei giornali”.