Hamas implora l’aiuto di Teheran dopo che i 4100 tra razzi e missili lanciati contro Israele non hanno prodotto alcun risultato tangibile. L’organizzazione terroristica, supportata dalla Jihad Islamica palestinese e dal Fronte popolare per la liberazione della palestina, è di fronte a una disfatta militare ed ancor più politica.
I leader dell’organizzazione si sono ben guardati dal partecipare alla “rivolta contro l’oppressore sionista” e si sono rintanati in zone sicure.
Ismail Haniyeh, capo ufficio politico, è ben nascosto in Cisgiordania, protetto dai miliziani delle più variegate fazioni, Khaled Meshaal, braccato dal Mossad, si nasconde in Libano, Yahya Sinwar leader dal 2017 dai conniventi qatarioti, Mohammad Deif, capo militare a Gaza si cela nella rete di tunnel sotterranei della Striscia di Gaza dai quali è improbabile che ne esca indenne.
Tutto l’establishment è ormai convinto dell’ultima scelta che consenta loro di mantenere una seppur traballante credibilità politica. La richiesta di cessate il fuoco accompagnata da concessioni che possano mimetizzare al meglio il loro tramonto.
Ma prima di esalare l’ultimo respiro, la leadership di Hamas implora l’aiuto militare dell’Iran per il suo tramite Hezbollah.
L’apertura di un nuovo fronte di conflitto nel nord di Israele, sotto la spinta di sporadiche incursioni e da alcuni colpi di mortaio verso lo Stato ebraico, sembrano, però, non avere comunque indotto Hezbollah a un coinvolgimento diretto nello scontro con Gerusalemme.
Ma i propositi di rinforzare il fronte contro Israele, non sono venuti meno. Il leader dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, da un esilio forzato, non a caso a Doha in Qatar, avrebbe avuto una conversazione telefonica con il Comandante delle forze Quds iraniane, Esmail Ghani.
Secondo quanto emerso, Ghani avrebbe rivolto parole di elogio per Hamas in relazione all’offensiva “unica e di successo” contro Israele mentre, il funzionario di Hamas, da parte sua, ha voluto ringraziare l’Iran per aver fornito armi e aiuti nella sua lotta contro Israele, il rivale regionale di Teheran.
Al centro della discussione, tra la leadership di Hamas e il generale Esmail Ghani, si sarebbe evidenziata un’ulteriore richiesta di aiuto concreto per le milizie filopalestinesi a Gaza con un nuovo approvvigionamento di razzi e missili di nuova generazione da utilizzare nello scontro in atto contro Israele.
Ghani avrebbe promesso di sostenere gli sforzi delle milizie di Gaza e di rifornirle di armamenti anche se, in tale prospettiva, le difficoltà di un arrivo nella “Striscia” dei rifornimenti iraniani, appare un’ipotesi quantomai remota, considerando l’accerchiamento totale dei confini imposto dalle forze israeliane.
Ma il primo segnale di un impegno, seppur relativo dell’Iran, si è avuto il 18 maggio scorso, quando l’IDF ha abbattuto un drone che si stava avvicinando al confine israelo-giordano verso il Consiglio regionale di Emek HaMa’ayanot nel nord dello Stato ebraico.
L’UAV è stato monitorato dalle unità di controllo aereo durante tutto l’itinerario seguito e, a seguito del suo abbattimento, i frammenti sono stati raccolti dalle forze di sicurezza.
Dai primi accertamenti è parso subito trattarsi di un drone di fabbricazione iraniana in dotazione alla Quds Force, decollato dal Libano o dall’Iraq.
Ulteriori esami sono stati disposti al fine di accertare se l’UAV fosse armato o semplicemente predisposto a compiti di sorveglianza-rilevamento.
Il timore è comunque rivolto ad una pianificazione iraniana, neanche troppo segreta, che vorrebbe indurre Hamas e la Jihad Islamica a rifiutare un cessate il fuoco e ad accendere un’intifada in Cisgiordania.
A tale fine sembra rivolto l’appello dei gruppi militanti palestinesi con base a Gaza, “Esortiamo tutti a impegnarsi in un confronto aperto con il nemico”, affinché i residenti palestinesi in Cisgiordania si scontrino con le forze di sicurezza israeliane domani con carattere di continuità. Appello raccolto già in occasione della ricorrenza del “giorno della Nakba” quando, a partire da Jenin, gli arabo-palestinesi provocarono duri scontri con le forze di sicurezza israeliane.
Il tutto porterebbe a pensare a una strategia a medio-lungo termine finalizzata a indebolire Israele dal suo interno, frutto della collazione del pensiero di Hamas con l’ideale espansionistico iraniano.
Proprio a tale proposito, il presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, Mahmoud Abbas, teme fortemente che Hamas acquisisca l’appoggio dei residenti nei territori della Cisgiordania sotto la spinta di Teheran e qualsiasi “conquista” territoriale possa portare ulteriori consensi a discapito di Fatah in vista delle elezioni la cui data non è ancora definita.