Le recenti crisi bancarie hanno riportato sotto l’occhio del ciclone la rischiosità dei soldi che tutti noi risparmiatori abbiamo investito nel sistema bancario. Fra gli strumenti di raccolta degli istituti di credito vi sono le obbligazioni, emesse per un valore complessivo di 623 miliardi (dati al febbraio 2016), di cui 59 miliardi offerti ai risparmiatori, sia ordinari sia istituzionali.
Qual è la natura di questi titoli? Cosa ne determina la redditività e quali sono i rischi che si affronta acquistandoli?
Partiamo dalla base. Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di debito e ciascuno viene a rappresentare un debito che la banca remunera secondo condizioni predeterminate e che si impegna a restituire ad una data futura. Quindi le obbligazioni non rappresentano parte del capitale sociale della banca, quindi parte del possesso della stessa e gli obbligazionisti non hanno alcun potere sugli organi di direzione dell’istituto stesso, se non in casi estremamente limitati quando vengono ad essere modificate le condizioni stesse del loro debito.
Nonostante questi potere limitato degli obbligazionisti, ci sono classi di questi risparmiatori che rischiano di trovarsi coinvolti nelle vicende dei crack bancari, come insegnano le recenti vicende di Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Banca Marche.
Ma quali sono le principali caratteristiche delle obbligazioni?
Esse non sono garantite dal fondo interbancario, cioè non godono della stessa tutela dei conti correnti da parte del sistema bancario;
possono prevedere forme di remunerazione le più varie, dallo zero coupon, al tasso fisso, al tasso variabile, a misti fra le due, ad indicizzazioni legate all’inflazioni o addirittura agli indici azionari;
capitale o rendimenti possono essere condizionati dal contratto, quindi dal tipo di obbligazioni, che vengono acquistate;
inoltre alcune obbligazioni sono trattate in un mercato aperto (come il mercato MOT o extraMOT di Borsa Italiana), oppure sono quotate solo internamente all’istituto.
Per quanto riguarda il problema della rischiosità delle obbligazioni bancarie, tema così sentito in Italia in questo momento, la sicurezza delle stesse viene a dipendere dal contratto iniziale o dalle successive modifiche, le quali devono comunque sempre essere adeguatamente trasmesse al risparmiatore. Diversi tipi di obbligazione significano diversi livelli di rischio, per cui anche l’informativa MIFID sottoscritta dal cliente (quei noiosi fogli pieni di domande sui nostri studi, sulla nostra conoscenza dell’economia, etc, ) devono essere adeguate al tipo di investimento. In ordine crescente di rischiosità abbiamo :
Obbligazioni Senior, “Covered” e “Secured”. Sono il tipo di obbligazione con maggiore certezza sia per quanto riguarda la cedola, cioè gli interessi maturati, sia per quanto riguarda il capitale. Il mancato pagamento anche solo della cedola viene ad essere segnalato come un “Default” dell’istituto che lo ha emesso, con gravi ripercussioni sulla sua affidabilità e continuità aziendale, per cui la banca farà di tutto per la loro salvaguardia. Possono anche essere garantiti da beni reali;
Obbligazioni “Senior”. Sono obbligazioni ordinarie, che però non vengono a godere della speciale garanzia delle “Covered”;
Obbligazioni “Junior” o subordinate, a loro volta poi suddivise in Tier III,Tier II e Tier I. All’interno dei Tier vi sono poi ancora suddivisioni fra “Lower” ed “Upper”. Questa noiosa suddivisione viene ad indicare in caso di bail in, quali obbligazioni sarebbero convertite in capitale per prime (le lower Tier 1) o per ultime (le Upper Tier III), cioè quanto più sono a rischio in caso di evento traumatico per la banca. Il grado di subordinazione può inoltre coinvolgere sia la cedola , sia il capitale.
Per fare degli esempi pratici di rischiosità è sufficiente ricordare quanto successo recentemente con le banche coinvolte nel Bail In: gli obbligazionisti subordinati sono stati coinvolti nel fallimento dei vecchi istituti perdendo il capitale investito, mentre quelli senior ne sono rimasti esclusi. Recentemente un istituto austriaco è stato “Salvato”, se così si può dire, con una perdita totale dell’investimento da parte degli “Junior” ed una perdita solo parziale per i “Senior”.
Chiaramente ad un maggior rischio viene o deve venire a corrispondere, un maggior rendimento: titoli subordinati di banche non propriamente solide devono avere rendimenti elevati, anche attorno al 10%, come è capitato per alcune emissioni di banche venete. Al contrario un titolo obbligazionario Senior “Covered” avrà un rendimento simile a quello dei titoli di stato. Purtroppo un problema essenziale del mercato obbligazionario è la asimmetria informativa fra le parti: mentre la banca ha una conoscenza delle proprie condizioni, e quindi sa se un’emissione bancaria è per lei conveniente o meno, il cliente/investitore non è quasi mai informato in modo adeguato sulle condizioni reali dell’emittente. Questo fa si che spesso i rendimenti di questi titoli non siano il linea con l’effettivo rischio corso dal risparmiatore non professionale, che non ha né il tempo né i mezzi per informarsi in modo adeguato. Per questo motivo le obbligazioni più rischiose dovrebbero essere dedicate solo ad operatori professionali e le ultime indicazioni di Banca d’Italia agli istituti di credito vanno proprio in questa direzione.
Per concludere, le obbligazioni bancarie possono esser una buona forma di investimento, purchè siano fatte con un adeguato grado di informazione ed il rendimento delle stesse ne compensi la rischiosità.