Non c’è pace per la terra di Israele. La tragedia di ieri nella bolgia a Monte Meron pesa di un bilancio di 45 morti e più di 150 feriti, tutti ebrei Haredim, in pellegrinaggio alla tomba di Shimon Ber Yochai, un celebre rabbino del II secolo d.C, in occasione della festività ebraica di Lag ba-Omer. Si erano radunati in oltre 90.000, ben oltre la capienza delle strutture predisposte ed è bastata la caduta di alcuni di loro per innescare un effetto a catena e una fuga disordinata nella quale molti fedeli sono rimasti calpestati nel panico più totale.
La strage e il conseguente lutto in prossimità della festività dello Shabbat (il sabato festivo ebraico), non hanno comunque indotto, se non al cordoglio, almeno al silenzio, le fazioni terroriste in perenne conflitto con Gerusalemme.
Sul social network Twitter, la leadership di Hezbollah ha così commentato l’accaduto: “Ci rallegriamo per la morte degli israeliani e gioiamo della loro disgrazia e auguriamo la loro eliminazione dai loro adulti ai loro bambini”.
Un post “sfuggito” ai “severi” controlli dello staff di Twitter, sempre così attento a bannare commenti ritenuti fuori luogo o offensivi.
Anche i canali Telegram utilizzati dai terroristi si sono riempiti di commenti sarcastici relativi alla tragedia di Meron, commenti redatti non solo da fedeli islamisti, ma anche da occidentali schierati dalla parte degli estremisti arabo palestinesi.
Così, mentre il mondo civile si stringe attorno a Israele, i soliti noti non perdono l’occasione di dimostrare lo sprezzante odio nei confronti di un popolo perennemente in stato di assedio.
Ed anche dagli Usa, storici alleati di Gerusalemme, se da una parte giungono le condoglianze e i messaggi di solidarietà, dall’altra il neo eletto Joe Biden mostra il suo vero volto riaprendo i flussi finanziari in favore dei palestinesi, elargizioni gratuite che, come noto, non vengono devolute alla popolazione sofferente di Gaza, ma andranno ad ingrossare le tasche dei leader delle organizzazioni terroriste, non escluse quelle sciite già abbondantemente foraggiate da Teheran.
Un’ennesima constatazione dell’isolamento di Israele, perennemente schierato sulla difensiva per le continue minacce provenienti da più fronti: dal Libano a Gaza, dalla Siria agli sciiti iracheni sino agli Houthi dello Yemen.
Una conferma delle parole scandite tempo fa dal premier Benyamin Netanyahu che, in occasione di una conferenza stampa sui tentativi di distensione con le parti coinvolte nel decennale conflitto arabo- israeliano, ebbe a dire: “Se i palestinesi abbassassero le armi sarebbe la fine della guerra, se Israele abbassasse le armi sarebbe la fine di Israele”.