Speciale Iran: La proliferazione nucleare
A Gaza la Jihad islamica si appoggia all’Iran
Secondo gli esperti analisti del webmagazine israeliano Intellitimes, il dottor Ali Mahdi For Omrani, capo del Centro di ricerca per lo sviluppo del combustibile nucleare Capo del progetto “Imad” gestito da Muhsan Fahrizadeh come parte dell’SPND, attualmente serve, sotto gli auspici della Malek Eshtar University, come capo del programma di consolidamento del potere della Jihad islamica a Gaza nella formazione di miliziani e nella progetto di una capacità di produzione indipendente di combustibile solido per razzi.
In questo contesto, l’Iran ha installato un impianto di combustibili solidi sul suolo siriano progettato per addestrare gli operatori della Jihad islamica. Il processo di costruzione è stato documentato in foto e si stima che le informazioni attualmente pubblicate da una fonte di intelligence occidentale siano state rivelate dopo che la stessa struttura era probabilmente tra gli obiettivi attaccati lo scorso anno. Attualmente il progetto di Gaza è gestito da Imad Aljaz.
L’armamento di Teheran
Si chiama Sejil, noto anche come Ashira, ed è il missile più temibile delle Forze armate iraniane. Lo ha riportato Rid, la Rivista italiana Difesa nel numero di gennaio 2020, che ha dedicato un interessante e competente approfondimento al temibile arsenale balistico iraniano, di cui fanno parte missili che “possono essere dotati sia di testate convenzionali sia caricate con agenti chimici”.
Il Sejil è,infatti, un missile a propellente solido che consente tempi di allerta e messa in opera molto più rapidi del propellente liquido accreditato di un raggio di azione di 2.000 chilometri ed una testata da circa 1.000 chilogrammi.
“La balistica – secondo Rid – è uno dei settori che Teheran ha più sviluppato negli ultimi 30 anni in cooperazione sia con la Corea del Nord, e in parte con la Cina, sia autonomamente”.
Dalla Libia, negli anni ’80, l’Iran ha ricevuto in dotazione i primi Scud-B, mentre all’inizio degli anni ’90 la Corea del Nord cominciò a fornire Teheran di decine di Hwasong 6 (denominato localmente Shahab2), ovvero una variante nordcoreana dello Scud. “Di questo originario arsenale – scrive Rid – al momento dovrebbe rimanere una dozzina di complessi di lancio per Scud-B con circa 200 missili, e circa una sessantina di Hwasong 6. Ma è da anni che l’arsenale iraniano sta indirizzandosi in misura sempre maggiore verso prodotti nazionali”.
E così, “dallo Shahab-2 è derivato il Qiam1, utilizzato per attaccare le basi Usa in Iraq. Rispetto allo Shahab2, il Qiam1 presenta una configurazione molto diversa”, che garantisce “un sistema di guida più evoluto”, “un minore consumo” e “una gittata superiore (700/800 chilometri) rispetto a quella di Hwasong-6 e Shahab-2”, in confronto ai quali risulta meno intercettabile.
Un altro sviluppo locale, continua Rid, è lo Shahab3, particolarmente ‘attenzionato’ dagli analisti occidentali sin dalla sua comparsa. Si tratta di un sistema a propellente liquido, dotato di una testata fra i 500 e i 650 chili, e di gittata di circa 1.500 chilometri”. Per quanto riguarda infine i missili a corto raggio, “l’Iran – conclude la Rivista italiana Difesa – da tempo ha sviluppato la famiglia Fateh, ordigni a propellente solido con una gittata nell’ordine dei 200 chilometri ed un sistema di guida che ne garantisce una discreta precisione. Accuratezza e gittata sono state via via incrementate fino alla variante più recente Zolfaghar, accreditata di una portata fino a 700 chilometri”.
Nel settembre 2019 i terroristi legati all’Isis nel Sinai hanno intercettato un carico di dozzine di razzi “Grad” diretti alle milizia islamiste di Gaza le quali con i sistemi di lanciarazzi multipli avrebbero potuto colpire Tel Aviv. La spedizione era arrivata in Libia dall’Iran e sarebbe dovuta essere introdotta a Gaza dai tunnel al di sotto del valico di Rafah. Le forze armate egiziane avevano provveduto alla localizzazione dei depositi del Daesh e alla loro distruzione.
Il dipartimento tecnico della Quds Force e le modalità operative
Il dipartimento tecnico di Quds Force (unità 340) è responsabile della ricerca e sviluppo. Come parte della sua funzione, fornisce know-how e attrezzature ai delegati dell’Iran, inclusi Hezbollah, PIJ, le milizie irachene e gli Houthi nello Yemen.
La divisione tecnica si concentra su progetti di armi tecnologiche, in particolare coinvolgendo SSM e SSR. L’obiettivo dell’Iran è aiutare i delegati che operano alle sue dipendenze a raggiungere alte capacità di produzione autoctone. A tal fine, il dipartimento tecnico è in contatto regolarmente con elementi di produzione e ricerca delle industrie e del mondo accademico iraniani ed è guidato da Hamid Fazeli, direttamente subordinato al comandante della Forza Quds.
Fazeli (Mohsin Kafi), ha conseguito un dottorato in meccanica presso la Sheriff University of Technology di Teheran ed è stato responsabile dell’Agenzia spaziale iraniana (ISA) negli ultimi anni, dopo avere ricoperto la carica di presidente dell’Istituto di ricerca spaziale iraniano (ARI).
La maggior parte dei dipendenti dell’unità 340 sono specialisti di ingegneria meccanica che utilizzano una serie di impianti di sperimentazione nella produzione di motori e missili nell’area di Teheran e Samanan per la ricerca, l’assemblamento e il collaudo dei sistemi.
Oltre a sviluppare i razzi, l’unità fornisce anche addestramento e supporto tecnico alle organizzazioni terroristiche sostenute dal Regime, tra cui Hezbollah, Jihad islamica, milizie irachene e Houthi nello Yemen. Il supporto tecnico ha lo scopo di consentire a tali organizzazioni di auto-produrre razzi mentre l”addestramento e il coaching in Iran si svolgono presso il centro di Shahid Shabani (Badinda) e nei poligoni di tiro dello Space Research Center presso il sito di Samnan.
Tra gli sviluppi emersi dal tavolo di pianificazione dell’unità c’erano razzi pesanti già testati in Iraq, Siria e, più recentemente, Gaza. Questi vettori trasportano una testata particolarmente potente per il raggio di distruzione e i gravi, potenziali danni nelle aree urbane. Tra i razzi che l’unità sviluppa ve ne sono di varie gamme, tra cui il razzo Bader 3 (Nafea), un razzo superficie-superficie fabbricato in Iran che trasporta un esplosivo del peso di 400 kg, nonché il razzo “Jihad” per un raggio di circa 20 km con un carico esplosivo che va dai 300 ai 400 kg.
Razzi simili sono stati osservati per la prima volta durante i combattimenti intorno alla metà del 2018 e quando la Jihad islamica ha lanciato nel novembre 2019 un razzo pesante autoprodotto chiamato “Hell of Ashkelon”, che ha lasciato un enorme cratere in uno dei campi della regione di Eshkol.
Si stima che l’unità iraniana sia anche coinvolta nella fornitura di consulenze a Hezbollah in Libano e nello Yemen in tutte le aree legate allo sviluppo di missili di precisione. Nell’agosto 2019, il portavoce dell’IDF ha rivelato l’identità di tale Majid Navab, un consulente tecnologico per i missili terra-terra della Forza Quds e la realizzazione del ponte aereo delle Guardie rivoluzionarie ideato per supportare Hezbollah nella costruzione di infrastrutture per migliorare la precisione dei suoi missili. Tale itinerario “fantasma” è garantito, per lo svolgimento della missione, dalle attività di contrabbando tecnologico dell’Unità 190. Tra i prodotti spediti in Libano attraverso la Siria, l’establishment della difesa israeliana ha anche identificato miscelatori di carburante e macchine CNC progettati insieme per costruire linee di produzione missilistica.
Negli ultimi mesi l’intelligence di Israele ha individuato una serie di fabbriche che Hezbollah cela all’interno di capannoni e residenze civili, tra cui un sito per la produzione di componenti missilistici di precisione celato nel cuore di un’area industriale nel quartiere di Al-Janah nei pressi degli stabilimenti di due compagnie per l’estrazione di gas. Tra gli altri target, è stata rilevata una linea di produzione missilistica che si basa su macchine “per incisione e produzione” importate dalla Cina. L’infrastruttura di produzione ora scoperta nella documentazione dei reparti di sviluppo e produzione dell’Iran si basa anche su macchine CNC prodotte in Cina.
Immagini relative allo sviluppo di siluri e droni in dotazione alla Guardia della rivoluzione.
Il Ghaem-114, copia dell’AGM-114 statunitense “hellfire”, il drone Pelican-2 UAV, il razzo Ghaem-114, il siluro marino Jask-2 e una sala di presentazione di postazioni per sistemi di controllo remoto dei vettori a medio-lungo raggio, armi leggere e droni di piccola portata.
Notizie da confermare riferiscono, inoltre, che l’Iran avrebbe prodotto il drone UAV, denominandolo Mohajer 6”, armato di un missile prodotto in Venezuela. L’UAV può volare per più di 600 miglia e salire a un’altitudine di 15.000 piedi.
La mano di Teheran anche in Libia
Un’analisi delle Nazioni Unite delle foto di quattro missili guidati anticarro utilizzati di recente in Libia ha rilevato che uno di questi “aveva caratteristiche coerenti con il missile Dehlavieh di produzione iraniana”, come riferito al Consiglio di sicurezza dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
Tuttavia, ha affermato nel suo rapporto semestrale – presentato al Consiglio lunedì scorso in tarda serata e visionato martedì dall’agenzia Reuters – che il segretariato delle Nazioni Unite “non è stato in grado di accertare se questo missile guidato anticarro fosse stato trasferito in Libia” in violazione delle sanzioni del Consiglio di sicurezza. sull’Iran.
Il consiglio di 15 membri ha vietato l’esportazione di armi da parte dell’Iran nel 2007. Nell’ambito di un accordo nucleare del 2015 tra Teheran e le principali potenze mondiali, sancito in una risoluzione del Consiglio di sicurezza, le restrizioni sulle armi sono state comunque revocate nell’ottobre di quest’anno.
Israele ha accusato l’Iran di violare le sanzioni e nel maggio scorso ha presentato a Guterres le foto dei missili guidati anticarro in Libia. Poche settimane dopo, l’Iran scrisse a Guterres rigettando categoricamente le accuse israeliane definendole come “totalmente infondate”.
Israele sostiene che le foto sono state scattate nel novembre 2019 e che le armi erano utilizzate da milizie legate all’esercito di Fayez al Serraj, a capo del Gna.
“Sulla base dell’analisi del Segretariato delle fotografie fornite, il Segretariato ha stabilito che uno dei quattro missili guidati anticarro aveva caratteristiche coerenti con il Dehlavieh di produzione iraniana, sebbene non fosse visibile alcuna data di produzione per questo missile guidato anticarro”, ha riferito Guterres.
“Il Segretariato non è in grado di accertare se questo sistema d’arma sia stato trasferito in Libia in modo non coerente con la risoluzione 2231 (datata 2015)”, come afferma il rapporto.
Anche la Libia è stata sottoposta a un embargo sulle armi delle Nazioni Unite dal 2011. Esperti indipendenti delle Nazioni Unite riferiscono separatamente al Consiglio di sicurezza sull’attuazione di tali misure.
In un estratto da un rapporto provvisorio riservato presentato ad agosto al comitato per le sanzioni della Libia del Consiglio di sicurezza, gli esperti hanno detto che le immagini tratte dai social media nel novembre 2019 mostrano quello che è “quasi certamente un anticarro Dehlavieh fabbricato in Iran, un sistema missilistico guidato in possesso di un gruppo armato affiliato al GNA. ”
Gli esperti hanno affermato che il trasferimento del sistema d’arma è avvenuto in palese violazione dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite alla Libia.
I traffici di Hezbollah in America latina
Il Governo americano, già dal 2019, ha inserito nella lista delle sanzioni Kassem Chams, cittadino libanese, responsabile di aver messo in piedi un business di riciclaggio di denaro – affiliato direttamente ad Hezbollah – allo scopo di ripulire i soldi del narcotraffico anche in Italia.
Secondo le accuse, per mezzo della sua “Chams Exchange”, Kassem Chams era in contatto diretto con narcotrafficanti libanesi come Ayman Said Joumaa – gia’ sotto sanzioni americane dal 2011, anche lui uomo di Hezbollah – e il cartello della droga colombiano La Oficina De Envigado. Per loro conto e per conto diretto di Hezbollah, Kassem ripuliva milioni di dollari, facendoli transitare in numerosi Paesi del mondo quali Australia, Colombia, Italia, Libano, Olanda, Spagna, Venezuela, Francia, Brasile e Stati Uniti.
L’operazione del Dipartimento del Tesoro, rientra nella più grande operazione della DEA – Dipartimento antidroga americano – denominata “Progetto Cassandra”, che mira a bloccare i traffici criminali (e il network di sostegno) del movimento terrorista libanese Hezbollah. Purtroppo per lungo tempo questa operazione ha subito una battuta d’arresto, legata alla volontà dell’ex Presidente Obama di favorire l’appeasment verso l’Iran (Hezbollah, come noto, e’ solo una longa manus dei Pasdaran in Libano).
Con Trump, l’operazione anti-Hezbollah e anti-IRGC era ripartita duramente. Dietro gli affari della Chams Exchange. c’era anche la Banca Centrale Libanese che – nonostante gli avvisi americani – aveva concesso a Kassam Chams tutte le autorizzazioni e le licenze di cui necessitava per operare. Ad oggi, sono almeno 40 tra società e individui, inseriti nella lista delle sanzioni USA, per la loro appartenenza al network illecito di Hezbollah.
Nel settembre del 2018, la polizia brasiliana ha tratto in arresto il cittadino libanese Assad Ahmad Barakat nella città di Foz de Iguaçu, indagato per riciclaggio di denaro e legami con Hezbollah e contro il quale era stato emesso un mandato di cattura internazionale in Paraguay.
Assad Ahmad Barakat è stato arrestato dalla Polizia Federale di Foz de Iguaçu, città al confine con Argentina e Paraguay, per il reato di falsità ideologica, dopo l’autorizzazione della Corte Suprema del Brasile (STF), questo secondo una dichiarazione della Polizia Federale.
Barakat è stato accusato in Paraguay di un presunto reato della reiterazione della produzione di documenti falsi.
Il libanese aveva ricevuto un passaporto dal paese sudamericano lo scorso aprile nonostante non avesse la nazionalità paraguaiana, che aveva ottenuto nel 1989, ma era stato ritirato nel 2003 dalla Corte suprema di giustizia.
La Direzione generale per la migrazione del Paraguay aveva messo in allerta i confini dopo il mandato di arresto emesso dalla Procura nei confronti di Barakat, legato al gruppo libanese Hezbollah.
Dopo il suo arresto, il procuratore generale del Paraguay ha ringraziato tramite il suo account Twitter “la cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità organizzata”.
L’inchiesta paraguaiana si unisce alle indagini dell’Argentina, che lo scorso luglio aveva avvertito di “possibili azioni criminali” al confine con Brasile e Paraguay da parte del cosiddetto “Clan Barakat”, presumibilmente composto da libanesi sospettati di riciclaggio di denaro e finanziamento del gruppo terroristico Hezbollah sciita libanese.
L’organizzazione sarebbe guidata proprio da Assad Ahmad Barakat, che “presenterebbe stretti legami con la leadership” di Hezbollah dal suo centro operativo in una galleria situata a Ciudad del Este (Paraguay), questo secondo l’Unità di informazione finanziaria (UIF).
I membri del Barakat Clan hanno effettuato acquisti di premi del valore di 10 milioni di dollari senza dichiararne i valori in un casinò nella città argentina di Iguazú, nella regione conosciuta come il triplo confine, secondo una dichiarazione della Polizia Federale con sede alle informazioni dell’UIF.
La FIU ha poi disposto il congelamento dei beni e del denaro di quel clan, per la loro presunta relazione con reati di contrabbando, falsificazione di denaro e documenti, estorsione, traffico di droga, traffico di armi, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.
Il carcere contro i libanesi era già stato precedentemente autorizzato nel 2002 dalla Corte Suprema del Brasile, che ha giudicato una richiesta di estradizione avanzata dalla giustizia paraguaiana per il suo coinvolgimento in reati legati a scuse per reato, evasione di valuta e contraffazione di marchi di prodotti .
L’anno successivo, Assad Barakat è stato estradato in Paraguay, dove è stato condannato a sei anni di carcere dalla Commissione paraguaiana per i crimini di evasione fiscale.
Nel 2008, dopo essere stato rilasciato, Barakat ha continuato a vivere in Brasile e fare affari in Paraguay, Argentina e Cile.
Barakat è stato inserito nel 2006 nell’elenco del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti su persone ed entità che finanziano Hezbollah nella regione del triplo confine tra Brasile, Argentina e Paraguay.
A conferma della movimentazione di agenti e capitali in Sudamerica, all’inizio di febbraio di quest’anno, due membri dell’intelligence di Al Quds sono stati arrestati in Ecuador con passaporti israeliani falsi. Alcune fonti riferiscono che la coppia di “Al Quds Intel”, formata da Mohammad Seythi e Taban Ghafel Zadeh Ahwaz, avrebbe dovuto agire in concorso con le cellule di Hezbollah in America Latina.
Il rapporto Iran-Venezuela si fa più stretto e minaccia gli Stati Uniti
Nel bel mezzo dei disordini elettorali statunitensi, può essere comprensibile che un’importante dichiarazione del capo del Comando meridionale degli Stati Uniti sia passata relativamente inosservata.
Il 2 dicembre 2020, l’ammiraglio Craig Faller ha dichiarato al Wall Street Journal che personale militare e armi aggiuntivi stanno arrivando in Venezuela dall’Iran.
L’ammiraglio Faller ha affermato che l’Iran invierà al regime marxista di Nicolas Maduro truppe della Forza Quds del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica (IRGC) e spedizioni di armi non meglio descritte.
La nave da carico iraniana è arrivata nella città portuale venezuelana di La Guaira (9 gennaio 2021)
La Quds Force è una divisione dell’IRGC, a sua volta designata come Organizzazione Terroristica Estera degli Stati Uniti nell’aprile 2019.
In quell’annuncio della Casa Bianca, la Forza Quds era stata specificatamente inclusa nella designazione dell’IRGC.
Questa non è affatto la prima volta che il regime di Teheran – che rimane lo sponsor di stato numero uno al mondo secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti – ha inviato agenti, armi ed esplosivi della Forza Qods in Venezuela. Tale attività risale ad almeno un decennio o più.
Il rapporto dell’agosto 2019 del Pentagono “Iran Military Power” faceva solo brevi riferimenti alle relazioni militari di Teheran con il Venezuela, ma osserva che “Teheran mantiene legami militari particolarmente stretti con Siria e Iraq e ha firmato accordi di cooperazione militare di base con Afghanistan, Bielorussia , Cina, Oman, Russia, Sud Africa, Sudan e Venezuela “.
Né l’amministrazione Trump è a conoscenza delle attività del regime iraniano nel cortile di casa degli Stati Uniti.
Nell’ottobre del 2020, Elliott Abrams, rappresentante speciale del Dipartimento di Stato per Iran e Venezuela, ha emesso un vigoroso avvertimento, dichiarando: “Il trasferimento di missili a lungo raggio dall’Iran al Venezuela non è accettabile per gli Stati Uniti e non sarà tollerato o consentito. ”
Senza effettivamente affermare che tali missili iraniani fino ad oggi erano stati spediti o posizionati in Venezuela, un altro alto funzionario statunitense non identificato ha aggiunto che “Faremo ogni sforzo per fermare le spedizioni di missili a lungo raggio, e se in qualche modo arriveranno in Venezuela lo saranno eliminati lì “.
In precedenza, nell’aprile del 2020, il segretario di Stato americano Mike Pompeo aveva avvertito il regime di Maduro di non consentire atterraggi da parte di compagnie aeree iraniane come Mahan Air (usata abitualmente per le spedizioni di armi dall’Iran).
Il 21 settembre 2020, gli Stati Uniti hanno minacciato nuove sanzioni contro il Ministero della Difesa iraniano, l’Organizzazione delle industrie della difesa iraniane e il suo direttore, Mehrdad Akhlaghi-Ketabchi, prendendo di mira più di due dozzine di entità e individui coinvolti nelle attività militari, nucleari e i settori dei missili balistici.
Il segretario di Stato Mike Pompeo ha chiarito durante una conferenza stampa del 21 settembre 2020 che queste misure sono state intraprese “per far rispettare l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e ritenere responsabili coloro che cercano di eludere le sanzioni delle Nazioni Unite”.
Insieme a nuove sanzioni rivolte ai programmi di missili balistici e di armi nucleari iraniane, queste misure facevano tutte parte della campagna di “massima pressione” dell’amministrazione Trump contro il regime iraniano mirate anche a impedire l’esportazione di prodotti petroliferi iraniani in Venezuela.
Sia a maggio che a ottobre 2020, le petroliere iraniane sono comunque riuscite a consegnare spedizioni di carburanti al Venezuela a dispetto di tali sanzioni. Nell’agosto del 2020, tuttavia, la marina americana ha intercettato e sequestrato quattro petroliere iraniane dirette in Venezuela. Ad oggi si parla di una flottiglia di 10 navi iraniane pronta a salpare per il Venezuela per consegnare petrolio greggio iraniano attraverso il Mar dei Caraibi, dove le pattuglie della marina americana e gli Stati Uniti stanno “seguendo e analizzando le mosse di l’Iran”, secondo Elliott Abrams, il rappresentante speciale degli Stati Uniti per Iran e Venezuela.
Poiché entrambi i regimi subiscono una crescente pressione da parte del governo degli Stati Uniti, le relazioni Iran-Venezuela sembrano essersi ancora più consolidate. Teheran ritiene il Venezuela un punto d’appoggio “amichevole e strategico” nell’emisfero occidentale da cui esercitare una leva contro gli Stati Uniti, tentando così di creare un diversivo che distolga la presenza della Marina statunitense nella regione del Golfo Persico.
Gli accordi si estendono ben oltre le spedizioni di petrolio iraniano al regime di Maduro, economicamente crollato.
L’IRGC e la sua forza Quds rappresentano gli emissari principali della spedizione della Repubblica islamica dell’Iran, la cui costituzione la impegna a stabilire uno Stato islamico globale sotto il governo della Sha’aria, non escludendo dalle mire espansionistiche il Venezuela stesso.
La pressione contro Teheran è aumentata inesorabilmente negli ultimi mesi e ha incluso non solo l’eliminazione nel gennaio 2020 del comandante della Forza Quds, Qassem Soleimani, e quella più recente di Mohsen Fakhrizadeh direttore del programma nucleare iraniano, ma una lunga serie di attacchi contro una miriade di strutture militari e nucleari iraniane in Siria, Iraq e all’interno dello stesso Iran.
E mentre Teheran per decenni ha inviato commando dell’IRGC e della Forza Quds in tutto il settore di competenza del Medio Oriente, in Venezuela e in America Latina, in generale, ha fatto affidamento sempre più spesso su Hezbollah, la sua milizia simbolo di ferocia, per lanciare attacchi all’estero.
Con quella presenza di Hezbollah e ora i rinforzi del personale e delle armi della Forza Quds in Venezuela, con Caracas a sole 1.363 miglia da Miami, in Florida, le minacce di ritorsione e vendetta del regime contro gli Usa probabilmente devono cominciare ad essere prese sul serio.