Sia Rouhani che Khamenei, prima di intraprendere ulteriori azioni eclatanti dopo i bombardamenti in Iraq e quelli degli Houthi, sembravano voler attendere il definitivo insediamento alla Casa bianca di Joe Biden, sperando in un ammorbidimento delle posizioni nei confronti della Repubblica islamica. Ma così non è stato. L’avvento del neo eletto Presidente Usa, non ha snaturato le bellicose intenzioni del Regime. La dimostrazione si è avuta il 26 febbraio scorso, quando un fregata della marina iraniana ha colpito una nave cargo battente bandiera delle Bahamas, ma di proprietà di una società di trasposti israeliana, la Helios Ray. Azione seguita pochi giorni fa da un attacco simile sempre nei confronti di una nave israeliana.
Ma le preoccupazioni a livello internazionale (Italia, ovviamente esclusa) sulla minaccia iraniana che grava sul quadrante mediorientale, con possibili ripercussioni anche in Europa, è ben giustificata. L’incessante opera del regime di Teheran impegnato dagli anni ’80 nel continuo processo di infiltrazione dapprima in Libano e, successivamente in Iraq e Siria, con annesse componenti terroristiche, non rende giustizia al suo popolo gravato dalle sanzioni internazionali, dalla crisi economica e ultimo, in ordine di tempo, dalla pandemia da Coronavirus.
Gli oppositori al regime, quasi tutti in esilio forzato e minacciati dal servizio segreto iraniano, il Vevak, nel tentativo di alzare la voce, quantomeno dall’Occidente, non riescono comunque ad attecchire in Patria, dove l’opposizione è tacitata, controllata, minacciata e segregata.
L’eliminazione del generale Qassem Soleimani e dello scienziato nucleare Fakhrizadeh hanno comunque creato due vuoti difficilmente colmabili dall’attuale establishment dell’Iran, inducendo Teheran ad assumere una politica almeno in apparenza più prudente.
Oltremodo, il 19 ottobre scorso, a Teheran è stato eliminato anche il numero due di Al Qaeda, Abu Muhammad al-Masri, alias Habib Daoudi, neutralizzato nella capitale iraniana in Pasdaran Street. L’esponente del network che fu di Oussama bin Laden era certo di avere trovato un rifugio sicuro proprio tra le braccia degli sciiti, presumibilmente in cambio di informazioni relative ad obiettivi e piani di azione contro l’Occidente.
Il 12 gennaio scorso, a tale proposito, le dichiarazioni dell’allora segretario di stato americano, Mike Pompeo, tese ad accusare il regime iraniano di una diretta contiguità con al Qaeda, ospitandone il quartier generale, sono state accolte con scetticismo dalla comunità di intelligence.
La mancanza di prove concrete sul coinvolgimento diretto di Teheran nelle attività dell’organizzazione terroristica, hanno creato malumori nell’ambito dei Paesi alleati degli Usa, Israele in primis, e reazioni di fuoco da parte degli sciiti legati al regime iraniano.
Il disastro di Beirut
Nell’agosto 2020 la crisi si era già ulteriormente acuita quando nel porto di Beirut si è verificata una doppia esplosione a causa dell’improprio immagazzinamento di Nitrato di ammonio in un capannone nei pressi di una banchina che ospitava depositi di carburante per il rifornimento dei natanti.
Un disastro che ha provocato centinaia di vittime e 4500 feriti, oltre a danneggiare le infrastrutture portuali e parte dei quartieri vicini al luogo dell’esplosione.
Ma è da sottolineare che nei due giorni precedenti l’incidente, ben due navi con carichi di sostanze chimiche erano arrivate dalla Turchia, Paese esportatore di nitrato di ammonio. Da quanto risulta dalla documentazione resa pubblica sui quotidiani libanesi, uno dei due vettori era ancora ancorato ad una banchina del porto al momento delle esplosioni.
Un rapporto del Federal Bureau of Investigation, incaricato di concorrere nelle indagini sull’esplosione, ha rivelato che nei magazzini del porto erano state stipate 2700 tonnellate di nitrato di ammonio ma che solo 500 tonnellate sarebbero state coinvolte nella detonazione.Il mistero sulla sparizione dell’enorme quantità di Nitrato spiegherebbe l’atteggiamento dei maggiori leader libanesi impegnati strenuamente, secondo la stampa locale, nel sistematico sabotaggio delle indagini allo scopo di nascondere il ruolo ricoperto da Hezbollah.
Negli ambienti di Intelligence è comunque noto che il porto di Beirut da anni viene utilizzato proprio da Hezbollah come base alternativa a Damasco per il traffico di componenti missilistici e di armi, esplosivi e munizioni provenienti dall’Iran con il coinvolgimento di Paesi, anche europei, dove hanno sede i proprietari del naviglio commerciale con il quale vengono effettuati i trasporti verso il Libano.
I Depositi di esplosivi in Europa
Da subito i sospetti si cono concentrati proprio sui terroristi di Hezbollah che, al soldo di Teheran, già dal 2015 accumularono tonnellate di Nitrato di ammonio in depositi localizzati anche in Europa.
Nel giugno di quest’anno, infatti, Nathan Sales, coordinatore per l’antiterrorismo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, riferì che “Dal 2012 Hezbollah ha istituito depositi di nitrato di ammonio in tutta Europa trasportando le confezioni mascherate da kit di pronto soccorso le cui confezioni conservate a basse temperature contenevano la sostanza”.
Ospitato a settembre dall’American Jewish Committee, in occasione dell’evento denominato “Enough Is Enough: The Case for Banning Hezbollah”, Nathan Sales, ha affermato che Hezbollah continua a vedere l’Europa come una piattaforma per attività operative, logistiche e di raccolta fondi. Sempre secondo Sales, “la limitata designazione di Hezbollah come ‘organizzazione terroristica’ da parte dell’Unione europea non ha dissuaso il gruppo dalla preparazione di attacchi anche in Europa. Il suo stoccaggio nel continente di impacchi di ghiaccio contenenti il nitrato di ammonio non è quello che ci aspetteremmo da un’organizzazione politica; è, tuttavia, esattamente quello che ci aspetteremmo da un gruppo terroristico”
Hezbollah, secondo gli Usa, avrebbe trasferito tali “derrate” di nitrato di ammonio attraverso il Belgio anche in Italia, dove sono state successivamente individuate e sequestrate.
Altri carichi erano stati trasferiti, sempre attraverso il Paese fiammingo, anche in Francia, Grecia, Spagna e Svizzera.
Nell’agosto 2010 le autorità italiane intercettarono, nel porto di Gioia Tauro, anche una spedizione di esplosivi diretta a Hezbollah a bordo della motonave MSC Finland, una nave di proprietà di una compagnia greca, gestita dalla MCS italo-svizzera, e battente bandiera della Liberia.
La nave era partita dal porto iraniano di Bandar Abbas il 6 agosto, trasportando sette tonnellate di RDX imballate in sacchi etichettati “latte in polvere”. Il 27 agosto la nave aveva attraccato in Italia. I contenitori pieni di esplosivo doveva no essere “ufficialmente” trasferiti su un’altra nave per raggiungere il porto siriano di Latakia il tutto sotto diretto controllo della Forza Quds iraniana.
In seguito, nel 2015, il servizio britannico MI5 in collaborazione con la Metropolitane Police di Londra, scongiurarono un attentato che prevedeva l’utilizzo di tre tonnellate di nitrato di ammonio da compiere ad opera di agenti di Hezbollah identificati successivamente al rinvenimento e sequestro del materiale.
Coinvolti nel traffico in Europa, due soggetti che avrebbero ricevuto i passaporti direttamente dall’ambasciata iraniana in Belgio nel 2010, mentre erano già stati inizialmente ospitati da quel governo come rifugiati politici. Nel merito, vi sarebbero numerose altre evidenze che dimostrerebbero come gli agenti iraniani utilizzino lo status di rifugiato per perseguire obiettivi di spionaggio e terrorismo in Europa.
Ben lungi dal dissuadersi dai progetti bellicosi in ambito nucleare, l’Iran contava i minuti che mancavano alla fine di un embargo sulle armi in modo da poter iniziare a importare la tecnologia necessaria e le attrezzature per l’assemblaggio di nuove armi.
Un alto funzionario statunitense ha, infatti, affermato che l’Iran sta riprendendo la collaborazione con la Corea del Nord per la realizzazione di missili a lungo raggio. Teheran potrebbe anche accumulare la quantità necessaria di uranio arricchito per dotarsi di un’arma nucleare entro la fine dell’anno.
Il programma di sviluppo di missili balistici a medio e lungo raggio iraniano si presenta come un’imponente rafforzamento delle capacità offensive di Teheran, dai missili avanzati a propellente solido a quello liquido a quelli teleguidati di precisione.
L’Iran ha inteso trasferire parte di queste tecnologie agli Houthi nello Yemen, alle milizie sciite Iraniane, al regime di Assad in Siria, ad Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano.
Se l’approvvigionamento agli yemeniti è stato studiato in chiave anti-saudita e, in parte, per il controllo del Golfo Persico dalle due sponde, quello in favore dei gruppi terroristici mediorientali e della Siria, sicuramente rivolto alla preparazione e al compimento di azioni ostili contro Israele.
Hassan Nasrallah , leader incontrastato di Hezbollah in Libano, ha più volte minacciato che “Hezbollah possono prendere di mira tutte le regioni di “Israele”, compresa Eilat. Il movimento di resistenza sciita “potrebbe riportare Israele nell’età della pietra. E’ sotto tiro dei nostri missili”.