Un botta e risposta Iran-Israele durato meno di 24 ore: questo il condensato degli avvenimenti intercorsi tra giovedì e venerdì rispettivamente a Teheran e Nuova Delhi.
L’esplosione, avvenuta l’altro ieri nei pressi dell’ambasciata di Israele a Nuova Delhi, che fortunatamente non ha provocato vittime, è stata recepita come un atto dimostrativo nei confronti della Rappresentanza dello Stato ebraico inducendo le autorità indiane ad approfondire le indagini.
La rivendicazione giunta sul canali Telegram, che attribuisce al gruppo “Jaish Al hind” (Esercito dell’India) la responsabilità dell’azione contro l’ambasciata israeliana, è stata da subito messa in dubbio dagli investigatori di Nuova Delhi, in considerazione del fatto che il gruppo terroristico, composto per lo più da pakistani di credo islamico, è attivo unicamente nella zona del Kashmir e non ha mai agito al di fuori di quei territori.
Ma il messaggio di rivendicazione, contenente l’indicazione che l’attacco sia stato una ritorsione all’uccisione di “alti funzionari di Teheran” da parte di Israele, ha portato comunque a collegare quanto accaduto, anche se non direttamente, ai miliziani iraniani della “forza Quds” nei ranghi dei quali sono attivi elementi sciiti pakistani come in Siria e in Iraq dove è attiva la Milizia Zinbion
A titolo di esempio, va ricordato che nel tentato attacco all’ambasciata israeliana a Nuova Delhi nel febbraio 2012, l’Iran si era già servito di un giornalista e di manovalanza pakistani.
Le indagini conducono in Iran
In forza di questi seppur labili elementi, la polizia indiana ha interrogato due cittadini iraniani e acquisito i filmati delle telecamere di videosorveglianza. Da quanto sinora appreso, i video registrati hanno mostrato 2 uomini scendere da un taxi e posizionare l’ordigno composto da una borsa contenente una lattina con l’esplosivo e il meccanismo di detonazione, in una canalina di scarico posta al di sotto del marciapiede a poca distanza dall’ambasciata di Israele.
Inoltre, la composizione dell’ordigno artigianale presenta alcune peculiarità che lo pongono in stretta connessione ad altri utilizzati da Hezbollah e Forza Quds, come l’utilizzo di Nitrato di ammonio e la combinazione con pallini di metallo per aumentare l’effetto deflagrante della bomba.
Proprio sulla scorta di quanto acquisito e dalle dichiarazioni rese dal tassista, già identificato e disposto alla collaborazione con gli investigatori nella ricostruzione dell’accaduto, un team della polizia ha iniziato a indagare su diversi cittadini iraniani che vivono a Nuova Delhi.
In particolare, in collaborazione con i servizi di sicurezza indiani, la CBI e la DIA, gli investigatori stanno verificando se gli agenti dell’intelligence iraniana, già noti ai funzionari dei servizi segreti di Nuova Delhi come operativi nell’unità terroristica della Forza Quds, abbiano visitato la città nelle ultime settimane per osservare, monitorare o dirigere le attività della cellula terroristica che ha colpito l’altro ieri.
La risposta del “Paese ostile”
Pare, comunque, che gli eventi di Nuova Delhi e le reiterate provocazioni iraniane, non siano certo passate inosservate agli occhi dell’intelligence israeliana e alle forze di difesa dello Stato ebraico.
Teheran ipotizza, infatti, che “Forze di un Paese ostile” nella serata di ieri, abbiano provocato alcuni misteriosi black out e messo fuori uso i sistemi di illuminazione pubblica della capitale iraniana, le comunicazioni dello scalo aeroportuale, in concomitanza con l’hackeraggio di alcuni website governativi.
Gli aerei diretti a Teheran hanno dovuto a lungo sorvolare i cieli della città prima di ricevere l’autorizzazione all’atterraggio, e un volo della Turkish Airlines è stato addirittura dirottato verso l’aeroporto di Baku, in Azerbajan, poichè quasi privo di combustibile.
Il blocco dell’energia elettrica ha messo in funzione, automaticamente, le sirene di allarme aereo della città che hanno risuonato ininterrottamente per 20 minuti. Era dall’epoca del conflitto con l’Iraq che il sistema di allarme non veniva attivato.
Hackerati i website dell’aeroporto di Merhabad, della società Atomic Energy Organization e quello della Iranian Airports & Navigation company.
In aggiunta, e per solo dovere di cronaca, fonti interne alla forza Quds, hanno addirittura evocato il sorvolo di F35 israeliani sulle zone interdette al volo, in particolare quelle indicate dalle carte nautiche con le sigle OIR3, OIR31 e OIR64, ove sono collocati i sistemi di difesa antiaerea e di intercettazione radar delle Forze armate iraniane.
In risposta alla domanda di un giornalista del canale nazionale iraniano, relativa a quanto accaduto a Teheran ieri sera, il generale Mohammad Ali Jafari, capo delle Guardie della rivoluzione, ha risposto che “non importa quante bombe ha l’aereo e dove attacca. Il punto è che non ritornerà indietro“. Risposta imbarazzante frutto di una serataccia vissuta da tutto l’establishment iraniano.
Particolare un commento postato su twitter che riassume la due giorni vissuta tra Iran e Israele: “Se gli iraniani hanno inviato un piccione viaggiatore in India per trasmettere un messaggio a Israele, meno di un giorno dopo, hanno ricevuto una e-mail a Teheran”.
Non male come sintesi e comunque, congratulazioni “8200”…