Non sono solo quelle di Matteo Renzi le relazioni pericolose dell’Italia con una parte del mondo arabo. L’ex premier, negli ultimi giorni, è al centro delle polemiche oltre che per le questioni legate alla crisi di governo, anche a causa della sua visita in Arabia Saudita. Il colloquio con Mohamed bin Salman (ripetiamo: Salman non Salam, come molti presunti autorevoli commentatori hanno detto e scritto) ha portato, per un attimo, alla ribalta il problema della guerra in Yemen e della fornitura di armi a Riad da parte del nostro Paese. Conflitto spesso dimenticato da politica e commentatori, negli ultimi giorni è balzato agli onori della cronaca nonostante siano in pochi a sapere davvero cosa succede in quei posti così lontani dalla comfort zone di teorici, presunti analisti, commentatori e pensatori nostrani.
Ma il punto è anche un altro. Siamo davvero sicuri che le relazioni spericolate dell’Italia con una parte del mondo arabo siano solo quelle di Renzi con il principe Salman? Il nostro Paese, che da sempre porta avanti una politica filo araba di cui spesso se ne ignorano le motivazioni, se non quelle di un’indegna richiesta di “esenzione” da atti di terrorismo che sa più di codardia che di realismo, ha corrispondenze di amorosi sensi anche con la Turchia, ad esempio, dove le condizioni della democrazia e del rispetto dei diritti umani non sono certo un faro per l’umanità. Basti pensare, solo per citare alcuni temi, alle purghe volute da Erdogan dopo il fallito golpe del 2016, il bavaglio alla stampa con arresti e processi sommari, il ruolo delle donne, la scelta di sopprimere la laicità in nome di una politica islamista.
Ma la Turchia ha anche messo piede in Libia nell’inerzia totale dell’Italia. E mentre Erdogan trasferiva jihadisti a Tripoli per combattere a fianco di al Sarraj contro il generale Haftar, Roma non è stata in grado di porre un freno al Sultano dovendo, per l’ennesima volta, soccombere in politica estera.
E che dire del Qatar, Paese avversato anche dagli altri Paesi arabi del Golfo, religiosamente contigui a Doha, universalmente riconosciuto come principale finanziatore del terrorismo di matrice islamista attraverso il profondo legame (questo sì molto inquietante) con i Fratelli Musulmani? Attraverso mega commesse con aziende italiane per fornire “sistemi da guerra”, la cui vendita è stata bandita per anni dagli Stati arabi confinanti e non solo, l’Italia si inchina al Qatar.
A settembre scorso, ad esempio, con tanto di comunicato stampa e photo opportunity, è avvenuto il varo tecnico del primo pattugliatore “Offshore Patrol Vessel (Opv)” commissionato dal Qatar a Fincantieri. Presenti all’evento il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, in compagnia del ministro di Stato per gli Affari della Difesa del Qatar, Khalid bin Mohammad al Attijah. Guerini, a margine del varo, ha poi dichiarato: “Mi auguro che ci sia da parte del Qatar piena soddisfazione per questo prodotto di una eccellenza nazionale come Fincantieri. Aldila’ dell’importante aspetto industriale dell’odierno evento, si tratta di un passo essenziale nell’ambito del partenariato strategico tra Qatar ed Italia, che partendo dal contratto navale, ha visto in questi anni accrescere in maniera esponenziale le relazioni tra le nostre Forze Armate con lo sviluppo di importanti collaborazioni anche nel campo terrestre e aeronautico. In questa collaborazione un posto di rilievo lo occupano le numerose industrie italiane nel settore della Difesa, che sono impegnate in progetti ambiziosi e di altissimo valore tecnologico e che proprio per questo possono e devono rappresentare un volano per la ripresa economica dei nostri Paesi colpiti dalla pandemia”. Ovviamente, la buona sorte delle industrie italiane è dal nostro punto di vista estremamente auspicabile, ma le trattative con certi Stati sarebbe meglio pubblicizzarle meno.
Così come accadde a Matteo Salvini, costretto anche lui a volare a Doha nell’ottobre 2018 (durante il suo mandato come ministro dell’Interno), per omaggiare il Paese e la potenza dell’Emiro dopo che qualche mese prima, a marzo 2018, Finmeccanica aveva firmato una commessa da 3 miliardi per la fornitura al Qatar di elicotteri per ampliare la flotta militare. Si dirà: pecunia non olet.
E immaginiamo che sia Salvini che Guerini, probabilmente, avrebbero volentieri evitato il viaggio e il confronto con gli uomini dell’Emiro, non fosse altro che per coerenza morale e politica.
Ma tant’è. Nonostante i legami palesi di certi Paesi con il terrorismo di matrice islamista, l’Italia è sempre costretta a chiudere un occhio sulla questione facendo finta di non sapere certe cose, ignorandole come si fa con un pettegolezzo.
E poi c’è l’Iran che continua a tenere sotto scacco il Medio Oriente con la minaccia del nucleare. Anche qui le relazioni pericolose tra Roma e Teheran sono numerose e non sempre trasparenti.
Dal mancato appoggio al regime sanzionatorio contro l’Iran, rivolto a una completa accettazione da parte di Teheran degli accordi sul nucleare, ai rapporti di esportazione di materiali proibiti verso il Paese asiatico sanciti da alcune aziende italiane, in spregio alle sanzioni, alla vendita della nave ribattezzata “Makran” al regime degli Ayatollah, avvenuto “all’italiana maniera”, cioè una portacontainer che i Pasdaran hanno in breve tempo trasformato in una nave appoggio della marina militare, con l’ausilio di tecnici italiani. Un disastro totale.
Tornando al nucleare e al rischio rappresentato dall’arricchimento dell’uranio portato avanti da Teheran, sabato il ministero degli Esteri iraniano ha respinto qualsiasi nuovo negoziato o modifica ai partecipanti all’accordo nucleare tra l’Iran e le potenze mondiali, dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha affermato che qualsiasi nuovo colloquio dovrebbe includere al tavolo anche l’Arabia Saudita.
Tutto questo, unito al blocco della vendita di armamenti a Riad in nome di un falso senso di umanitarismo verso i ribelli Houthi yemeniti, che nel frattempo tempestano l’Arabia saudita con missili gentilmente offerti dall’Iran e che, in contemporanea, minacciano Israele e gli Usa (teoricamente Paesi amici dell’Italia…), sono elementi che aiutano a comprendere il panorama desolante della nostra politica estera: un Paese senza autorevolezza e incapace di prendere posizione.
***Foto in evidenza di Pasquale Carbone – Conterbo Press: Hassan Rouhani, presidente iraniano, durante il viaggio in Italia del 2016, accompagnato nella visita al Colosseo dall’allora ministro della Cultura, Dario Franceschini. In quella circostanza scoppiò la polemica per la decisione di coprire con pannelli bianchi le statue di marmo raffiguranti corpi nudi presenti all’interno dei Musei Capitolini dove lo stesso Rouhani tenne una conferenza stampa.