L’Iran celebra domani il primo anniversario del “martirio” del generale Qassem Soleimani, scomparso prematuramente il 3 gennaio 2020. Nella stessa giornata avranno luogo i funerali dell’ayatollah Mohammad Taqi Mezbah Yazdy, sostenitore integralista della rivoluzione islamica, deceduto a Capodanno per malattia.
In occasione della ricorrenza del decesso di Soleimani sono stati numerosi gli appelli alla vendetta contro gli Usa e Israele emanati dalla leadership di Teheran e dai loro contigui di Hezbollah.
L’Iran mobilita le truppe
Da ormai una settimana si susseguono le segnalazioni di un innalzamento dell’allerta in Iraq e Iran, alle quali si è aggiunto l’attentato perpetrato dagli Houthi, sostenuti da Teheran, all’aeroporto di Aden con l’utilizzo di missili a media gittata e droni forniti dal regime degli Ayatollah.
Gli analisti dell’intelligence statunitense hanno infatti rilevato un rafforzamento delle difese aeree e marittime iraniane, ma gli alti funzionari del Dipartimento della Difesa riconoscono di non poter affermare se l’Iran si stia preparando a colpire le truppe statunitensi o a reagire a un attacco preventivo lanciato dagli Usa.
A tutto ciò si aggiunge la notizia di questa mattina secondo la quale l’Iran ha annunciato ufficialmente all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che riprenderà ad arricchire uranio fino al 20 per cento, livello raggiunto solo in occasione del successivo accordo internazionale sul nucleare (Jcpoa) del 2015. L’ufficializzazione della notizia è stata fornita dal direttore dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica (Oiea), Ali Akbar Salehi, con un’intervista rilasciata alla televisione di Stato.
Ma le intenzioni di Teheran non si fermano al solo superamento della soglia dell’arricchimento dell’uranio, tra l’altro non sufficiente a produrre ordigni atomici ma comunque superiore alla percentuale necessaria all’uso civile. Il parlamento iraniano ha infatti approvato, successivamente alla morte dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh avvenuta nel novembre scorso, anche la costruzione di nuove centrifughe presso la centrale nucleare di Natanz e nella base sotterranea di Fordo, inibendo, altresì, nuovi accessi agli ispettori internazionali in caso della mancata revoca di nuove sanzioni economiche da parte degli Usa.
E sul fronte delle minacce, il comandante dell’Aeronautica Militare della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, Ali Hajizadeh, in un’intervista rilasciata quest’oggi al canale Al Manar TV, ha dichiarato che “tutte le capacità missilistiche di Gaza e del Libano sono state sostenute dall’Iran, e sono la prima linea di confronto”. Secondo l’alto ufficiale iraniano “c’è un’intersezione di fuoco nel cielo di Israele, tra Siria, Libano e Palestina”, sottolineando che “i palestinesi oggi possiedono la tecnologia per fabbricare missili di precisione”.
Il comandante dell’Aeronautica Militare ha poi rivolto una chiara minaccia verso Israele: “Abbiamo un ordine generale della guida, Ali Khamenei, di spianare Haifa e Tel Aviv, nel caso in cui si commettano sciocchezze contro l’Iran, e abbiamo lavorato negli ultimi anni per poterlo fare”, osservando che Teheran sostiene “qualsiasi partito che si schieri contro Israele”. In conclusione dell’intervista ha dichiarato che “i Paesi arabi saranno i più colpiti da qualsiasi guerra contro l’Iran”, spiegando che “non ci sarà alcuna differenza tra le basi americane e i Paesi che le ospitano in qualsiasi guerra contro l’Iran”.
L’avvertimento degli Usa
Durante la settimana trascorsa, i bombardieri strategici B-52 americani hanno più volte percorso i cieli del Golfo Persico come ammonimento al regime iraniano dal compiere qualsiasi azione rivolta contro gli Usa e i suoi alleati. I voli “dissuasivi” dei bombardieri, decollati da una base dell’Aeronautica nel Nord Dakota, mostrano chiaramente la crescente preoccupazione di Washington dell’amministrazione del presidente Donald Trump, in merito alle intenzioni dell’Iran di attuare ritorsioni militari in occasione dell’anniversario della morte di Soleimani.
Nell’annunciare il volo dei bombardieri iniziati mercoledì scorso, il capo del Comando Centrale degli Stati Uniti ha riferito che la mossa era parte di una strategia difensiva. L’ufficiale statunitense ha dichiarato, infatti, che l’Iran potrebbe avere in serbo attacchi sugli obiettivi economici, come già riscontrato con il lancio di missili e con droni compiuto nel settembre 2019 agli impianti di lavorazione del petrolio saudita. Già cinque giorni dopo il decesso del generale Soleimani, un attacco partito dalle milizie sciite in Iraq, aveva colpito una base militare statunitense provocando vittime, feriti e gravi danneggiamenti alle strutture.
E all’attuale stato di tensione si è aggiunto un attacco missilistico compiuto il 20 dicembre scorso contro il complesso dell’ambasciata americana a Baghdad da parte di gruppi di miliziani sciiti sostenuti dall’Iran. Non si sono registrate vittime, ma il volume dei razzi lanciati, più di 20 testate delle quali nove giunte a bersaglio, è stato insolitamente numeroso.
Subito dopo l’attacco, Trump ha twittato: “Qualche consiglio amichevole per la salute dell’Iran: se un americano viene ucciso, riterrò l’Iran responsabile. Pensaci bene”.
In risposta al Presidente americano, Javad Zarif, ministro degli Esteri iraniano ha risposto a breve giro di posta dichiarando che “Trump si assumerà la piena responsabilità di qualsiasi avventurismo in uscita”.
I miliziani di Hezbollah e Vevak pronti all’azione
Ma stando ai riscontri successivi ai proclami di vendetta della leadership iraniana, da Rohani a Khamenei, con l’aggiunta di Hassan Nasrallah, le ritorsioni di Teheran potrebbero essere poste in atto anche sul territorio americano e dei Paesi alleati, Israele compreso.
Di fatto il comandante della Quds force, Esmail Ghaani, in un recente intervento aveva dichiarato che “la vendetta iraniana avverrà nelle loro case”, con esplicito riferimento a obiettivi stanziati sui territori dei Paesi allineati agli Usa. Un ‘esplicita minaccia dell’utilizzo di cellule dormienti connesse agli ambienti di Hezbollah e del Vevak, i servizi segreti iraniani.
Inoltre, sul fronte delle insidie, si aggiunge quella proveniente dalla Striscia di Gaza.
Infatti, il giorno successivo all’ultimo discorso di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah del Libano, uno dei leader di Hamas, Mahmoud Az Zaher, ha rivelato il diretto coinvolgimento del defunto comandante della Forza Quds, Qassem Soleimani, nella fornitura di aiuti ad Hamas nella Striscia di Gaza, rivelando che nel solo 2006, durante una visita a Teheran, l’organizzazione terroristica aveva ricevuto 22 milioni di dollari in contanti proprio da Soleimani che negli anni successivi aveva continuato a sostenere il gruppo terrorista.
Ma oltre al finanziamento economico, l’Iran ha provveduto a dotare Hamas e la Jihad islamica con missili a medio e lungo raggio ad altissima precisione e razzi con testate da 400 kg di esplosivo, giunti direttamente dalla Siria e inviati nella Striscia di Gaza con trasporti marittimi.
Sono quindi numerosi i teatri per le azioni ritorsive di Teheran e dei suoi associati. Dagli attacchi nel Golfo Persico a quelli degli Houthi nello Yemen, dall’Iraq al Golan e alla Striscia di Gaza.
Israele, un target scontato
Da tali riscontri è palese che l’obiettivo più appetibile nelle mire degli iraniani sia Israele.Un portavoce dell’Idf (Israel Defence Forces) ha dichiarato al quotidiano Israel Hayom che Gerusalemme si aspetta una “grande fiammata” sul confine settentrionale con blitz e bombardamenti di Hezbollah, ritenendo “inevitabile” tale prospettiva. Il funzionario ha osservato che le Forze israeliane reagiranno con forza a qualsiasi provocazione dei terroristi sciiti, come già accaduto nel corso del 2020 con i tentativi di infiltrazione dal confine nella regione di Sheba Farms neutralizzati dalle forze di difesa dello Stato ebraico.
Negli ultimi mesi, i commando israeliani sono stati particolarmente attivi sul confine settentrionale e il numero complessivo dei militari impegnati nel nord di Israele è stato ulteriormente incrementato. “Gli eventi sono in corso e dell’inizio abbiamo mantenuto il nostro alto stato di allerta”, ha detto il funzionario aggiungendo un monito: “Possiamo identificare chiunque violi il confine; la violazione della nostra sovranità sarà trattata di conseguenza e siamo pronti per qualsiasi evento. Siamo ben consapevoli degli sforzi di Hezbollah per sorprenderci. Siamo il frangiflutti di Israele, e chi cercherà di farci del male – dall’Iran alla Siria – si troverà di fronte un avversario determinato”.
L’ufficiale ha fornito indicazioni circa il recente afflusso al confine nord di Israele di armi avanzate provenienti dall’Iran all’Iraq, dirette ai miliziani di Hezbollah e sugli incontri decorsi tra i leader delle milizie sciite con gli ufficiali della forza iraniana Quds al fine di trovare una strategia comune per azioni coordinate contro lo Stato ebraico.