Nickolay Mladenov è il nuovo inviato Onu in Libia. Il via libera alla nomina da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è arrivato dopo 9 mesi dalle dimissioni del libanese Ghassan Salamé. Il tutto accade mentre 18 pescatori italiani sono da oltre 100 giorni nelle mani del generale Khalifa Haftar e il governo Conte non sembra in grado di risolvere la questione.
Non è chiaro, al momento, quanto e se Mladenov sarà in grado di aiutare l’Italia in questa trattativa, di sicuro l’obiettivo principale della Nazioni Unite è la stabilizzazione della Libia. E siccome a livello internazionale l’Italia conta sempre meno, forse per risolvere la questione dei pescatori ci vorrà l’Onu. Ammesso che la politica estera portata avanti dalla squadra di Giuseppe Conte sia in grado di trovare spazio e tempo per decidere in fretta.
In ogni caso, per tentare di raggiungere questo obiettivo di stabilizzare la Libia, l’Onu ha puntato questa volta su Mladenov, un diplomatico bulgaro (e neanche lontanamente a un italiano?) che ha anche ricoperto importanti incarichi politici all’interno del governo del suo paese: è stato ministro della Difesa e degli Esteri. Per l’Onu, invece, Mladenov è stato inviato speciale in Iraq e coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, incarico che adesso sarà ricoperto dal norvegese Tor Wennesland.
La nomina di Nickolay Mladenov arriva dopo mesi dalle dimissioni di Salamè e all’interno di uno scenario, quello libico, fortemente compromesso soprattutto dalla presenza turca nel Paese. Il dossier nelle mani del bulgaro, quindi, è rovente e in molti pare che abbiamo ‘declinato’ l’offerta del segretario generale Antonio Guterres perché la possibilità di un fallimento è altissima.
Il governo di unità nazionale sostenuto dall’Onu, quindi riconosciuto dalla comunità internazionale, attraverso Fayez al Sarraj ha stretto accordi spericolati con Erdogan per fermare l’avanzata del generale Haftar verso Tripoli. Adesso, però, Ankara gioca un ruolo importante anche nella stabilizzazione del Paese che non pare così a portata di mano. Unsmil, la missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia, proprio ieri ha fallito l’obiettivo di raggiungere un consenso sul meccanismo per selezionare una leadership in grado di gestire la fase di transizione che dovrebbe condurre verso elezioni a fine 2021. Un terzo dei membri del Foro di dialogo politico libico, 23 su 50, hanno boicottato il voto e nessuna delle proposte Onu ha ottenuto il via libera.
Il nuovo inviato Onu, dunque, lavorerà su un terreno scivoloso e incerto dove altri prima di lui hanno fallito. Lo stesso Salamè, scrisse su Twitter: “Per due anni ho cercato di riunire i libici, frenare le interferenze esterne e preservare l’unità del Paese. La mia salute non consente più questo livello di stress”. E proprio in occasione della sua uscita di scena come inviato Onu in Libia, in molti ritennero che la decisione fosse maturata anche a come conseguenza del comportamento delle parti in causa. Continui tira e molla, infiniti cambi di idea, nessuna prospettiva e troppe ingerenze straniere avrebbero sfiancato anche uno come Salamè che dalla sua aveva un curriculum di peso e capacità di dialogo.