Tensione altissima tra Iran e Israele dopo la morte di Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato padre del programma nucleare di Teheran. L’ayatollah, Ali Khamenei, ha promesso una “punizione definitiva” per i responsabili, indicando Israele come mandante degli assassini dello scienziato. Non è certo una novità considerando la lista copiosa di scienziati iraniani eliminati nell’arco di 10 anni con azioni attentamente pianificate, in pieno stile militare, simile a quelle per cui Israele è stata chiamata in causa in diverse occasioni. Gli analisti hanno paragonato a Mohsen Fakhrizadeh a Robert Oppenheimer, il fisico che guidò il progetto Manhattan degli Usa nella Seconda guerra mondiale, ideano e realizzando l’atomica.
Fakhrizadeh era a capo del programma Amad, che Israele e Occidente ritengono fosse un’operazione militare incentrata sulla fattibilità di un’arma nucleare. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), quel programma fu chiuso nel 2003. Teheran, intanto, l’ha sempre descritto come programma a scopo pacifico.
Il presidente Rohani e l’ayatollah Khamenei hanno comunque dichiarato che il programma nucleare del Paese non si fermerà. Il programma civile attualmente arricchisce scorte crescenti di uranio fino al 4,5% di purezza, dopo il ritiro degli Usa dall’accordo Jcpoa. Percentuale al di sotto del 90% necessario per le armi, ma gli esperti ritengono che Teheran avrebbe uranio a basso arricchimento “immagazzinato“ sufficiente per almeno due bombe nucleari.
Dopo decenni nell’ombra, il volto di Mohsen Fakhrizadeh si è moltiplicato sui media iraniani, mentre i sostenitori del regime spingono le autorità ad una vendetta immediata contro Israele. Khamenei, definendo Fakhrizadeh “noto e prestigioso scienziato nucleare e della difesa”, ha dichiarato che la priorità è “punire in modo definitivo i sicari e chi ha ordinato” la sua morte. Anche il presidente Hassan Rohani ha accusato Israele: “Risponderemo all’assassinio del martire Fakhrizadeh a tempo debito. La nazione iraniana è troppo intelligente per cadere nella trappola dei sionisti”.
Alti i timori di una ritorsione armata di Teheran
Il primo è legato alla possibilità che i Pasdaran ricomincino a colpire le truppe statunitensi schierate in Iraq, come già avvenuto dopo la morte di Qassem Soleimani.
L’arrivo del gruppo navale della portaerei di classe Nimitz nel golfo persico, ritenuto un deterrente dal Dipartimento di Stato Usa, pone però a rischio la stessa sicurezza degli asset in forza proprio al naviglio da combattimento. Questo anche in considerazione della strategia di Teheran che ha spostato ingenti forze sulle coste che si affacciano sul Golfo munite di missili terra-aria e difese costiere convenzionali. Oltretutto i rischi per gli americani possono venire anche dalla sponda della penisola arabica dove i miliziani Houthi, foraggiati dagli iraniani, sono dotati di missili balistici con i quai negli ultimi giorni hanno colpito gli impianti Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi.
Proprio da diverse fonti delle milizie sostenute dall’Iran in Yemen e Libano, giunge l’indiscrezione che la risposta dell’Iran per l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh è imminente e sarà un’operazione palese e non segreta
Timori arrivano anche e sorprendentemente dal Qatar, firmatario di un recente accordo di collaborazione nel commercio, ricerca scientifica e turismo proprio con Teheran. Confortata dalla fornitura di armi italiane per 1.9 miliardi l’anno, Doha mira a raggiungere il primato di potenza regionale al pari dell’Iran, e potrebbe rappresentare un’altra pericolosa testa di ponte contro americani sauditi e Paesi firmatari di accordi con Israele, Bahrein ed Emirati arabi uniti. Mohammad bin Abdul Rahman Al Thani, ministro degli Affari esteri e vice primo ministro del Qatar ha, infatti, espresso la “forte condanna” del suo paese per l’assassinio dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh.
Durante una conversazione telefonica con l’omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif, Al Thani ha appunto “espresso la forte condanna dello Stato del Qatar per il bombardamento che ha avuto luogo a Teheran e l’assassinio dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh, capo dell’Organizzazione per la ricerca e l’innovazione del ministero iraniano della Difesa, in un attacco armato, considerandolo una chiara violazione dei diritti umani”. Al Thani, inoltre, ha “espresso le condoglianze dello Stato del Qatar al governo e al popolo della Repubblica islamica dell’Iran, sottolineando che tali passi contribuiranno unicamente a mettere più benzina sul fuoco in un momento in cui la regione e la comunità internazionale ricercano vie per ridurre le tensioni e tornare al tavolo del dialogo e della diplomazia”. Giusto per completare il quadro delle condanne all’eliminazione dello scienziato, anche la Turchia ha espresso il rincrescimento per la morte di Fakhrizadeh e la condanna di Israele.
Un secondo panorama, sicuramente più allettante per gli iraniani, è una riacutizzazione dei bombardamenti nel nord di Israele provenienti sia dal Golan che dal Libano del sud, uniti a piani di infiltrazione, già predisposti, per raid nelle cittadine confinarie e, soprattutto, con l’obiettivo dei bacini idrici che forniscono la zona di confine con Libano e Siria, da sempre ritenuti un obiettivo abbordabile dalla Forza Quds. Un sentiero non certo privo di rischi se si considera che le Forze di difesa israeliane hanno spesso individuato sia le rampe di lancio dei missili di Hezbollah in Libano sia anche quelle dei Pasdaran in territorio siriano. Inoltre, i tentativi di infiltrazione sono sempre stati localizzati e neutralizzati dai militari della Brigata Golani dello Tsahal, l’esercito dello Stato ebraico.
Ma vi è una terza possibilità, sicuramente la più inquietante, e in questo fa testo la dichiarazione riportata in un tweet di Ali Rabei. Il portavoce ufficiale del governo di Teheran, a commento dell’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, ha puntualizzato che “gli aggressori saranno sicuramente puniti, ma non sul terreno di scontro da loro definito. Con questi atti di terrorismo i nemici puntano a diversi obiettivi: sconvolgere l’opinione pubblica, creare confusione nella strategia dell’Iran, compromettere la sicurezza nella regione, la sicurezza globale rispetto a possibili futuri cambiamenti nelle politiche internazionali”.
Leggendo tra le righe si può affermare che la vendetta per l’eliminazione dello scienziato potrebbe essere compiuta anche con l’attivazione delle cellule di Hezbollah e Forza Quds sparse dalle Americhe all’Europa, Italia compresa.I recenti allarmi relativi a depositi di nitrato di ammonio e fertilizzanti, miscela mortale se innescata in contemporanea (come l’esplosione che ha devastato il porto di Beirut l’estate scorsa), rappresentano un pericolo mortale nelle zone di accatastamento anche in considerazione che l’approvvigionamento di nitrato può avvenire alla luce del sole con un semplice ordine sulle piattaforme del web dedicate alle vendite online.
Le comunicazioni tra le diverse cellule, è stato accertato, avvengono tramite le chat dei siti di scommesse e giochi online, mentre i rari incontri avvengono in sedi di società di copertura o in esercizi commerciali gestiti da complici. L’attivazione di una cellula comporterebbe la realizzazione di piani già delineati con obiettivi pragmatici o simbolici, quindi, omicidi mirati (dissidenti, politici, agenti del controspionaggio) o, in alternativa azioni terroristiche generalizzate, con target istituzionali o turistici del Paese selezionato. Ovvio che i rischi maggiori sono latenti per le rappresentanze diplomatiche di Israele, le comunità ebraiche e le sinagoghe, obiettivi presenti a livello globale e non sempre vigilati in maniera metodica.
Il problema Biden
Un parere quotato sulle conseguenze dell’omicidio di Fakhrizadeh viene da Ossi Kuperwasser, analista del Jerusalem Center for Public Affairs, già direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare israeliana. A commento di una possibile rappresaglia di Teheran, ha dichiarato che “gli ayatollah devono scegliere, ogni violenza può danneggiare i futuri rapporti con Biden. L’assassinio avrà conseguenze sui progetti nucleari dell’Iran e nei rapporti tra questo Paese e gli Usa e per gli equilibri di pace del mondo”, ha sottolineato Kuperwasser. “È stato colpito il fulcro del progetto nucleare ” e non sarà facile sostituirlo, ma ciò non significa che vi sarà per forza un rallentamento: ogni esperto di un progetto così complesso è in grado di continuare a fare la sua parte”, ha spiegato l’ex agente.
Sulla reazione dell’Iran, Kuperwasser ritiene che ora gli iraniani “sono di fronte a un dilemma” perché “hanno grandi aspettative per l’arrivo di Biden” e “una reazione ora potrebbe danneggiare la carta diplomatica. Oltre a rischiare un altro attacco, se è vero che Trump valuta di colpire la centrale di Natanz”. Kuperwasser osserva, inoltre, che “d’altro canto, anche non fare nulla significa dimostrare ulteriore vulnerabilità”, anche se, aggiunge l’analista di intelligence, “colpire Israele e gli Usa fa parte dei loro programmi quotidiani, lo vediamo in Siria, in Iraq, a Gaza. Ma in questo caso, sarebbe più pensabile un’azione diretta, non per procura. Dopo l’omicidio di Soleimani – conclude – hanno lanciato missili a obiettivi americani in Iraq. Potrebbe esserci un attentato contro un’ambasciata israeliana o americana”.