Anche i lobbisti hanno dovuto ripiegare sul lavoro digitale. L’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dal coronavirus ha inciso fortemente anche sulle attività tipiche del Lobbying e dei Public Affairs, incoraggiandone la digitalizzazione. A fornire una fotografia di come il settore è stato rivoluzionato dalla pandemia è un’indagine condotta da Adl Consulting che ha raccolto le interviste anonime di cinquanta professionisti di settore, allo scopo di approfondire le nuove modalità di lavoro e di mappare gli strumenti che sono stati messi in campo.
Tra i dati più interessanti emersi vi è certamente il fatto che, nonostante la quasi totalità dei professionisti abbia lavorato da remoto durante il primo lockdown, ben l’80% degli intervistati ha dichiarato di aver aumentato il proprio capitale relazionale; la metà dei quali ha condotto da 10 a 50 attività verso gli stakeholder istituzionali.
“Possiamo affermare – si legge nella ricerca – che il professionista dei Public Affairs ha saputo cogliere la sfida che la pandemia ha lanciato da un punto di vista economico e sociale, ossia quella di sperimentare una diversa modalità lavorativa che ha posto sotto stress sia i canali di comunicazione tradizionali verso l’esterno che le dinamiche di coordinamento interne all’organizzazione”.
Tra gli strumenti più utilizzati per confrontarsi con i decisori pubblici ci sono, nell’ordine, Virtual Meeting (41%), Email (28%) e WhatsApp (25%).
“L’aspetto più relazionale dell’attività di Lobbying, ovvero quello relativo all’incontro con il decisore pubblico, è stato mediato da piattaforme di video comunicazione, il cui utilizzo pre Covid-19 era riservato ad una nicchia di incontri tipicamente internazionali”.
Un altro aspetto interessante della ricerca riguarda il riposizionamento della comunicazione da parte delle aziende: l’82% delle aziende coinvolte nel sondaggio ha avviato delle iniziative volte a diffondere informazioni corrette o aiuti nei confronti delle zone o dei soggetti maggiormente colpiti dall’emergenza.
Tuttavia, il coordinamento tra la funzione aziendale di Comunicazione e quella di Relazioni Istituzionali non è stato sempre efficace. Altri aspetti toccati dall’indagine riguardano l’ipotesi dell’iscrizione obbligatoria ad un Registro dei rappresentanti di interessi e il completamento della normativa nazionale in materia.
Infine, il 62% dei professionisti ha dichiarato di essere stato sottoposto ad un superlavoro nel periodo vista l’ingente mole di provvedimenti legislativi – nazionali ed europei – di questo periodo, con problemi di sovraccarico informativo e mancato coordinamento.