Aumentano le tensioni in Medio Oriente: dalla Siria alla Turchia, passando per il Qatar, il quadro delle relazioni è preoccupante. Mentre sui cieli di Beirut incombono ancora le pestilenziali nubi tossiche seguite all’esplosione dello scorso agosto, i piani di rafforzamento di Hezbollah nella regione proseguono seguendo piani alternativi, peraltro già abbondantemente sperimentati.
La nuova location per l’import-export di materiali sensibili, è stata individuata nel porto siriano di Latakia, valida alternativa a Beirut e, non a caso, punto nevralgico per la sua vicinanza al confine meridionale turco e a quello del nord del Libano. La struttura portuale è sotto lo stretto controllo dell’Irgc, le guardie della rivoluzione islamica iraniane che sovrintendono ai traffici di armamenti diretti a Teheran e a quelli di stupefacenti verso l’Europa con il beneplacito ed il pieno appoggio del regime di Bashar al Assad.
Il ruolo dei siriani
Martedì scorso le autorità rumene hanno proceduto al sequestro di 750 chili (oltre 4 milioni) di pillole di captagon, anfetamina usata dai jihadisti sia nei teatri mediorientali sia nelle azioni terroristiche condotte in Europa. La nave, che aveva lasciato il porto mediterraneo di Latakia per fare scalo a Istanbul e raggiungere la meta finale in Romania, trasportava anche 1,5 tonnellate di hashish, anch’esso confiscato dagli ufficiali rumeni. Gli organi investigativi romeni hanno stimato in 80 milioni di euro il valore totale delle sostanze sequestrate. Tutta l’operazione è stata condotta in collaborazione con la DEA statunitense, la Drug Enforcement Administration.
Il sequestro del natante giunge dopo quello operato a Salerno di 14 tonnellate di captagon, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Sebbene le autorità italiane avessero indicato l’Isis come mittente della spedizione, successivi accertamenti hanno portato a identificare un membro della famiglia del presidente Assad quale organizzatore del traffico degli stupefacenti verso l’Occidente.
La Turchia, spina nel fianco per la stabilità del Mediterraneo e non solo
Successivamente agli accordi di pace e collaborazione siglati con gli Emirati, il direttore del Mossad, Yossi Cohen, aveva espresso la sua preoccupazione per il crescente ruolo di Ankara nelle tensioni tra Israele e Iran, Anp e Siria, prospettando un nuovo quadro strategico nel quale la Turchia avrebbe sostituito Teheran nella lista dei Paesi tesi al sostegno e all’espansionismo sia del credo islamista sia di quello territoriale.
Le minacce arrivano sia dalla potenza militare turca, membro della Nato e Paese dove sono stipate numerose testate atomiche seppur sotto il controllo degli Usa sia, soprattutto, dalla rete spionistica di Ankara ramificata capillarmente in tutti i Continenti e sostenuta, più o meno volontariamente, dalle comunità di immigrati presenti soprattutto in Europa e in special modo in Germania.
Anche Milli Gorus, la principale associazione islamica turca, a parere degli esperti, rappresenterebbe una mera copertura per le azioni spionistiche da condurre in Occidente giovandosi dei circa 500.000 affiliati e godendo dei benefici di quella sorta di immunità di cui godono i centri di preghiera islamici.
Milli Gorus rappresenta un braccio dei Fratelli musulmani, dai quali ha avocato a se gli standard di pensiero e le indubbie capacità di proselitismo, approvvigionamento di capitali e ramificazione.
Il novello sultano Erdogan è, ovviamente, l’ideatore della nuova strategia di espansionismo turco che, oltretutto, prevede un ampio sostegno alla “causa palestinese”, in primis ai terroristi di Hamas e Hezbollah.
Il 25 agosto scorso, a Istanbul, si è tenuto un vertice tra il presidente turco e due leader di Hamas con il quale è stato sancito il pieno appoggio di Ankara alla causa palestinese e uno speciale accordo di concessione della cittadinanza turca ad alcuni terroristi del gruppo oggetto di mandati di cattura emessi dalle autorità israeliane per crimini di stampo terroristico.
Il livello della tensione tra la Turchia e Israele, da tempo latente, sta crescendo in maniera esponenziale anche a causa delle numerose esortazioni di Erdogan in merito alla “liberazione di Gerusalemme”, l’ultima delle quali espressa durante la cerimonia di inaugurazione di Ayasofya, trasformata in moschea per volontà dello stesso Erdogan.
Il leader turco, secondo fonti israeliane, potrebbe addirittura rientrare nella black list dei target dei servizi segreti di Gerusalemme, una lista nella quale rientrava anche Qassem Soleimani, il defunto leader della forza iraniana Quds, neutralizzato pochi mesi fa. È di pochi giorni fa la presentazione del nuovo missile balistico iraniano (foto in evidenza) con una gittata di 1.400 chilometri intitolato proprio alla memoria del generale dei Pasdaran.
L’onnipresente Qatar protagonista
Di pari passo con le deliranti esortazioni di Erdogan, anche la politica estera della Turchia è sempre più protesa a surriscaldare gli animi nel Mediterraneo. L’iniziativa intrapresa in Libia in appoggio del governo fantoccio di Al Serraj, ha visto l’ampia partecipazione, non del tutto inattesa, anche del Qatar, regime da sempre proteso al sostegno del rafforzamento della Ummah islamista nel Globo.
Una strana alleanza, quella tra Qatar e Turchia, che può avere una sola chiave di lettura: l’espansionismo dei Fratelli musulmani in tutto il nord Africa con il sostegno alle reti terroristiche islamiste operanti dalla Tunisia alla Striscia di Gaza. Un’alleanza di fatto che ha indotto Nathalie Goulet, senatrice francese già alla guida di una commissione investigativa sulle reti jihadiste in Europa e redattrice di un rapporto per la NATO sul finanziamento del terrorismo, recentemente a dichiarare all’emittente FoxNews.com: “Dobbiamo avere una politica europea nei confronti del Qatar e soprattutto stare attenti al finanziamento del terrorismo. Il Belgio deve chiedere all’UE un’indagine e nel frattempo congelare tutti i conti bancari del Qatar. Dobbiamo stabilire una politica generale con un avvertimento speciale e una politica prudente per prevenire qualsiasi finanziamento del terrorismo, specialmente da paesi come il Qatar o la Turchia” che sostengono i Fratelli Musulmani e la sua pericolosa ideologia antisemita.
Altre testimonianze giungono da Efraim Zuroff, il capo dei cacciatori di nazisti per il Simon Wiesenthal Center, un’organizzazione statunitense per i diritti umani, che ha dichiarato che il presunto ruolo del Qatar nel finanziamento dei terroristi di Hezbollah “richiede un’azione tempestiva contro le persone coinvolte e l’espulsione immediata dell’ambasciatore del Qatar”. Inoltre, secondo Jason G., un collaboratore delle Agenzie di intelligence Usa, due enti di beneficenza del Qatar hanno fornito denaro a Hezbollah a Beirut “con il pretesto di cibo e medicine”. Nello specifico ha voluto citare l’Associazione caritativa Sheikh Eid Bin Mohammad Al Thani e la Fondazione Education Above All. Un fatto non nuovo se si considera che anche la Germania, in modo probabilmente inconsapevole, sostiene organizzazioni formalmente caritatevoli come l’Unrwa, infarcite di esponenti di Hamas, con 170 milioni di euro l’anno.
Ma la monarchia del Qatar, secondo Fox news, da almeno dieci anni ha occultamente finanziato le consegne di armi a Hezbollah, Hamas, la Jihad islamica palestinese e i ribelli Houthi nello Yemen.
I sistemi finanziari e quelli mascherati da enti di beneficenza del Qatar sono stati coinvolti in altri presunti schemi di finanziamento del terrorismo. Una causa intentata a New York City ha affermato che le istituzioni del Qatar, tra cui Qatar Charity (precedentemente nota come Qatar Charitable Society) e Qatar National Bank, hanno da sempre finanziato organizzazioni terroristiche palestinesi, come riferito dal Washington Free Beacon nello scorso mese di giugno. Sempre secondo la medesima emittente, ”il Qatar ha cooptato diverse istituzioni che domina e controlla per incanalare gli ambiti dollari USA, la valuta prediletta dalle reti terroristiche del Medio Oriente, ad Hamas e PIJ (Jihad islamica palestinese) con il falso pretesto di donazioni di beneficenza”.
Un quadro, quello illustrato, abbastanza esaustivo sulla situazione che si va profilando in merito alla crescita dei movimenti terroristici islamisti e, oltretutto, in aree assai sensibili anche per gli interessi del nostro Paese. Ma la cosa sfugge ai nostri sedicenti governanti…come sempre.