Il periodo di quarantena causato dalla pandemia da Coronavirus, ha fatto segnalare un significativo aumento delle violenze in famiglia rivolte per lo più contro le donne. Secondo il rapporto D.i.RE, l’associazione di centri antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne, durante il lockdown sono state 2867 le donne che si sono rivolte appunto ai centri antiviolenza.
Un incremento sicuramente significativo delle richieste di supporto da parte di donne che erano già seguite dai centri della rete D.i.Re, costrette a trascorrere in casa con il maltrattante il periodo di quarantena a causa dell’emergenza coronavirus.
Souad Sbai: “È emergenza nazione, perché il governo tarda a intervenire?”
“Le violenze sulle donne sono aumentate vertiginosamente dallo scoppio della pandemia, ma nessun sostegno è giunto finora da parte del governo ai centri di assistenza. Come si giustifica il Ministro delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti?”. Ad affermarlo, in una nota, è la giornalista e scrittrice Souad Sbai, presidente e fondatrice di Acmid, l’Associazione delle donne marocchine in Italia, che con il numero verde “Mai più sola” (800 682 718)* mette a disposizione un servizio continuo di ascolto a cui le donne possono rivolgersi per denunciare casi di maltrattamenti e ricevere sostegno, sia psicologico che legale.
“Le richieste di aiuto in tutta Italia si sono incrementate del 75%. I numeri parlano chiaro: accanto a quella medico-sanitaria ed economica, esiste anche l’emergenza della violenza sulle donne – prosegue la presidente di Acmid – Eppure, nei vari DPCM, nessun capitolo di spesa è stato destinato ai centri di assistenza che in questa fase critica hanno moltiplicato gli sforzi per non far mancare il loro aiuto alle tante donne vittime di abusi. Prigioniere dei loro aguzzini all’interno delle mura domestiche e lasciate sole dal Dipartimento per le pari opportunità: è questa la realtà italiana – denuncia Sbai, già parlamentare della Repubblica – Il Ministro Bonetti si è svegliata finalmente dal ‘lockdown’ con una task force anti-COVID tutta al femminile. Ma con quale coraggio parla di ‘Donne per un nuovo Rinascimento?’. Piuttosto, quali misure ha in programma di attuare contro la violenza sulle donne? Il Ministro Bonetti metta da parte gli slogan”, conclude la presidente di ACMID.
I dati dell’associazione D.i.RE
Dal 2 marzo al 5 aprile 2020 i centri antiviolenza D.i.Re sono stati contattati complessivamente da 2.867 donne, di cui 806 (28%) che, in passato, non si erano mai rivolte ai centri antiviolenza. L’incremento delle richieste di supporto, rispetto alla media mensile registrata con l’ultimo rilevamento statistico (2018), è stato del 74,5 per cento. Nell’ultima rilevazione dati D.i.Re (2018) le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza della rete in un anno sono state 19.715, di cui 15.456 (pari al 78%) erano donne “nuove”, con una media mensile pari a 1.643 donne seguite ogni mese, di cui 1.288 (pari al 78%) donne “nuove”, che hanno contattato un centro antiviolenza D.i.Re per la prima volta.
Questa, in sintesi, la fotografia che emerge dalla rilevazione statistica condotta da D.i.Re tra le 80 organizzazioni che aderiscono alla rete. “Ben oltre 1200 donne in più si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re in poco più di un mese, rispetto alla media annuale dei contatti registrata nell’ultima rilevazione – annota Paola Sdao, che con Sigrid Pisanu cura la rilevazione statistica annuale della rete D.i.Re – un dato che conferma quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente esacerbato situazioni di violenza che le donne stavano vivendo. Un dato che ci preoccupa sono le nuove richieste di aiuto, che rappresentano solo il 28% del totale, quando invece nel 2018 rappresentavano il 78% del totale delle donne accolte – segnala ancora Sdao – E di queste solo il 3,5 per cento sono transitate attraverso il numero pubblico antiviolenza 1522”.
“I nostri dati ci confermano che i centri antiviolenza sono un punto di riferimento per le donne a prescindere dal 1522, servizi essenziali mai citati nei vari DPCM che si sono susseguiti e che hanno proseguito la propria attività nonostante le difficoltà – commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Oggi, ancora in piena emergenza, siamo nella stessa situazione di 53 giorni fa, quando si è registrato il primo decesso per Covid. Nonostante avessimo chiesto risorse straordinarie e le necessarie protezioni per gestire l’accoglienza, i centri antiviolenza e le case rifugio hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza”, fa notare la presidente di D.i.Re.
“I fondi del 2019 sbloccati dal Dipartimento Pari Opportunità il 2 aprile devono ora transitare per le Regioni: ad aggi nessuna Regione risulta essersi attivata – denuncia Veltri – Inoltre, non si tratta di risorse aggiuntive, ma di risorse destinate a fondamentali attività aggiuntive, quali la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne, che ora verranno meno . E i 3 milioni annunciati con il Cura Italia sono irrisori, rispetto ai bisogni dei centri. Non siamo ancora fuori dall’emergenza – conclude Veltri – e ora che si sta avvicinando il momento della riapertura del paese nessun intervento è stato previsto per affrontare la situazione mentre le richieste di supporto potrebbero aumentare ancora, come è già successo in Cina. Il governo deve assolutamente cambiare strategia”.
Alcune importanti osservazioni conclusive. Rispetto ai contatti “usuali”, in questo periodo (meno di 1 mese) ben oltre 1.200 donne in più si sono rivolte ai nostri centri, con un incremento sulla media mensile del 2018 pari al 74,5 per cento. Di norma le donne “nuove” che si rivolgono ai nostri centri rappresentano il 78% del totale, in questo periodo rappresentano, invece, soltanto il 28%. Le donne che hanno richiesto ospitalità sono state il 5%, mentre quelle che hanno chiamato tramite il 1522 soltanto 3,5%.
L’ultimo allarme nella Capitale
Uno degli ultimi casi eclatanti di violenza domestica si è verificato nella Capitale dove una donna, stanca delle continue minacce e percosse subite da parte del coniuge, un cittadino etiope di 40 anni, ha telefonato alla Polizia. “64 coltellate per il rifiuto di seguire il suo uomo in Africa, 120 in caso di denuncia” è l’ultimo avvertimento che il quarantenne ha rivolto alla moglie al culmine di più di 4 anni di violenze e minacce. La donna ha chiesto aiuto alla Polizia che, dopo aver ricostruito in breve tempo l’intera vicenda, ha informato la magistratura. A carico dell’uomo è stato emesso dal gip del Tribunale di Roma il divieto di avvicinamento. La storia di violenza domestica è iniziata 4 anni fa in coincidenza con la gravidanza della vittima: in un primo momento con insulti che, in pochi mesi, sono diventati schiaffi e minacce.
La situazione è precipitata lo scorso anno quando l’uomo ha iniziato a paventare la possibilità di tornare in patria portando con sé la loro bambina di 3 anni. E pochi giorni fa, al culmine dell’ennesima lite riguardante il trasferimento, l’uomo ha minacciato l’ormai ex compagna di colpirla a coltellate ed ha aggiunto che, in caso di denuncia alle Autorità, il numero di coltellate sarebbe aumentato.
La vittima si è rivolta al 112 NUE e 2 pattuglie del commissariato San Giovanni hanno raccolto lo sfogo della donna che, subito dopo, ha formalizzato la denuncia ripercorrendo gli anni di violenze e minacce da lei subìte consentendo, con gli elementi raccolti dagli investigatori, alla Magistratura di emettere un’ordinanza di divieto di avvicinamento notificato giovedì scorso all’aguzzino.
*”Mai più sola” è un numero verde antiviolenza per le donne promosso da ACMID-Donna Onlus e realizzato grazie al contributo della Fondazione Nando Peretti. Si tratta di un centro di ascolto cui le donne possono rivolgersi per denunciare casi di maltrattamenti e ricevere consigli e sostegno psicologico e legale. Fin dalla sua inaugurazione, nel novembre 2007, allo scopo di accogliere e sostenere la quantità più ampia possibile di donne in difficoltà , il numero verde di Acmid risponde in quattro lingue: italiano, arabo, inglese e francese. Il progetto prevede un percorso completo di assistenza alle vittime di violenza, dal primo soccorso, al sostegno psicologico, alla consulenza legale. Spesso le donne immigrate non sono a conoscenza dei diritti di cui possono godere in Italia. Il numero verde è inoltre in collegamento diretto con i Centri Antiviolenza e i Centri di Accoglienza di tutto il territorio italiano.