Il coronavirus preoccupa l’Isis. Nel delirio totale delle informazioni relative all’ormai conclamata pandemia del cosiddetto Covid-19, la questione non è sfuggita alla leadership dello Stato Islamico, che, nella newsletter dell’ultimo numero del web magazine Al Naba, ha inteso formulare le “direttive della Shari’i” per affrontare le epidemie.
I consociati all’organizzazione terroristica, tuttora operante, si debbono quindi attenere alle direttive emanate dalla presunta autorità suprema, il Califfo, il quale ha interpretato la recente pandemia come “un obbligo di fedeltà percependo che le malattie non colpiscono da sole ma per comando e decreto di Dio”.
Secondo l’interpretazione dei “dotti” dell’Isis, il Profeta Maometto avrebbe detto che “Il consiglio è di confidare in Dio e cercare rifugio in lui dalle malattie, accettando l’obbligo di accettare le cause delle malattie e di evitarle, per quanto possibile”. Inoltre, “il consiglio è quello che i sani non dovrebbero entrare nella terra dell’epidemia e che gli infetti non dovrebbero uscire da essa per propagare la malattia”.
Quindi, si passa a una seconda fase di “consigli”, narrati dalla raccolta di Hadith (detti del Profeta) redatta da Muhammad Ibn Ismail al Bukhari, secondo i quali la pestilenza, sarebbe un tormento inviato da Dio su chiunque (Egli Ndr) voglia, e Dio l’ha resa una misericordia per i credenti. Chiunque abita nella sua terra paziente e attende la caduta della peste, sapendo che colpirà solo colui per il quale Dio lo ha decretato, per quella persona rappresenterà la ricompensa di un martire “.
Altri Hadith, citati da al Naba, consigliano di “coprire la bocca quando si sbadiglia e starnutisce” o il consiglio di lavarsi le mani prima di immergerle nei vasi (recipienti ndr).
Si può quindi affermare con certezza che anche lo Stato Islamico si è adeguato ai tempi. Non mancheranno, sicuramente, raccomandazioni future su come procedere a decapitazioni senza incorrere nel contagio.