Rivolta nelle carceri italiane. In decine di istituti penitenziari da qualche giorno sono in atto proteste, anche violente, da parte dei detenuti. Il motivo delle sommosse è legato alla decisione del governo di bloccare le visite a causa dell’emergenza coronavirus. Per questo motivo, Uspp, Unione sindacati polizia penitenzia, ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio per denunciare la situazione di sicurezza nei penitenziari.
Egregio Presidente del Consiglio,
il susseguirsi delle notizie relative alle crescenti proteste e i disordini che si stanno verificando nelle carceri italiane in queste ore, richiedono provvedimenti esemplari nei confronti dei detenuti che si stanno rendendo protagonisti di tali azioni penalmente rilevanti e che mettono a repentaglio la sicurezza del sistema penitenziario, retta da un equilibrio instabile retaggio di decenni di sottovalutazione delle emergenze e delle criticità esistenti nelle carceri italiane.
Tagli sconsiderati alle risorse strumentali e strutturali, tagli senza alcun senso logico alle piante organiche del personale con una carenza che sfiora le 8000 unità (dato che è stato anche certificato da un’apposita commissione istituita presso il DAP), introduzione di modelli custodiali che cozzano con l’inadeguatezza delle strutture per lo più antiquate o costruite in modo non idoneo a garantire la funzionalità con un modello “aperto”, che ci è stato imposto dai burocrati dell’Europa con le sentenze bizzarre della corte europea per cui le “celle detentive” si sono dovute trasformare in “camere di pernottamento”.
Alla luce di quanto di grave sta accadendo contandosi feriti, morti ed evasioni di massa, si devono predisporre provvedimenti straordinari e immediati per evitare altre conseguente ben maggiori.
L’USPP è pronta ad un confronto serrato con codesto Presidente del Consiglio sulle misure urgenti da adottare, considerando chiusa la stagione del dialogo con l’attuale interlocutore politico, il Ministro Alfonso Bonafede a cui abbiamo chiesto di affrontare le tematiche più cogenti senza risposte da oltre un anno e, altrettanto esaurita la pazienza con cui abbiamo interloquito con il vertice amministrativo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini che, pur in un apparente sforzo di condivisione dei problemi segnalati, non ha mai inquadrato correttamente gli obiettivi da raggiungere per la stabilizzazione del sistema penitenziario.
Una situazione certamente ereditata dal vertice della giustizia ma che non ha sortito alcun cambio di passo, sicché quanto accaduto e accadrà è colpevolmente attribuibile all’assenza di concrete iniziative pur richieste non solo dall’USPP ma congiuntamente dalla maggioranza delle OO.SS. rappresentative della categoria.
Poiché al momento non appare possibile altra strada se non quella di un avvicendamento al vertice sia politico che amministrativo del dicastero della Giustizia, nel chiedere provvedimenti a riguardo, si ritiene di proporre i seguenti urgentissimi provvedimenti esecutivi per dare senso ad una misura straordinaria come quella della sospensione dei colloqui tra detenuti e familiari che, ad avviso di questa Federazione, doveva essere introdotta con gradualità ed accortezza e non veicolata attraverso la stampa come accaduto, lasciando il personale di Polizia Penitenziaria in balia della furia che ha determinato una scelta così impopolare, seppur giusta e necessaria.
Egregio Presidente, la presente lettera aperta ha il prioritario scopo di esigere
PROVVEDIMENTI A TUTELA DEGLI APPARTENENTI AL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA E DEGLI ALTRI OPERATORI CHE LAVORANO NELLE CARCERI DELLA REPUBBLICA
In tale ottica si ritiene irrinunciabile chiedere:
1. Il ripristino immediato della vigilanza statica in tutte le sezioni detentive;
2. Il ripristino del regime c.d. “chiuso” con apertura delle celle solo dei detenuti che devono espletare attività lavorativa, visite mediche, attività trattamentali programmate e limitatamente ad estremi casi di necessità;
3. Il ripristino del controllo dei muri di cinta anche temporaneamente con l’impiego delle forze armate, in attesa di rimpinguare immediatamente il personale e riportarlo ai numeri necessari per consentire un corretto svolgimento delle proprie funzioni istituzionali;
4. la dotazione di strumenti di controllo e prevenzione di eventi critici e di dissuasori elettrici e autorizzazione all’uso di manette all’interno delle sezioni detentive;
5. l’anticipazione della fine dei corsi di formazione in atto degli allievi agenti allo scopo di far pervenire nelle carceri nuove forze pronte per essere impiegate;
6. lo scorrimento completo di tutte le graduatorie dei precedenti concorsi ancora non esaurite per arruolare almeno 3000 unità tra le fila degli agenti di polizia penitenziaria entro l’anno in corso;
7. l’estensione delle udienze in videoconferenza a tutti i detenuti a prescindere dalla tipologia di reato ascrittogli limitando le traduzioni alle udienze;
8. la limitazione di tutte le visite sanitarie specialistiche ai soli casi di comprovata urgenza.
Questi provvedimenti si ritengono minimali rispetto alla necessità di un “piano speciale” per le carceri con risorse straordinarie e con la direzione affidata ad una catena di comando che sia adeguatamente preparata per affrontare oltre all’emergenza coronavirus, le varie emergenze che da quanto si può vedere sono ben più gravi e inquietanti perché non gestibili con le risorse umane e materiali a disposizione.
Del resto è di tutta evidenza che l’improvvida notizia di una limitazione di una serie di diritti che pure sono stati concessi amplificandoli nel tempo a dismisura nei confronti dei detenuti, poteva e doveva essere data in modo graduale e diverso rendendo partecipi gli interessati del grave momento che si sta attraversando, ma è certamente questa stata il pretesto per avanzare richieste che purtroppo vedono anche la strumentalizzazione politica di gruppi che mirano ad ottenere un altro indulto o un’amnistia che sarebbe un altro colpo di spugna alla giustizia, non risolvendo assolutamente l’emergenza sovraffollamento, ne tanto meno l’emergenza sanitaria in atto.
In attesa di un urgente riscontro, ribadendosi la nostra volontà di prestare il massimo contributo per la ricerca delle migliori soluzioni ai problemi emergenti, esprimiamo la nostra vicinanza a tutto il personale attualmente impiegato in attività di contenimento del disastro che detenuti facinorosi stanno attuando scientificamente, nella speranza di non dover registrare anche conseguenze irreparabili per l’incolumità del personale rappresentato e più in generale di tutti gli operatori del mondo penitenziario.