Il pericolo terrorismo che arriva dalla Libia spaventa il governo. È questo uno dei motivi principali, il più importante forse, che ha spinto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a recarsi in visita a Tripoli. Le notizie che arrivano dal Paese, in merito alla presenza di miliziani jihadisti inviati dalla Turchia, sono allarmanti e l’Italia tenta di porre rimedio andando a chiedere a Sarraj, il capo del governo di (presunta) unità nazionale nato sotto l’egida dell’Onu, di fare un passo indietro rispetto all’accordo stilato con Ankara. Il supporto di Erdogan, infatti, si traduce in forniture di armamenti che servono a combattere contro il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica che vuole conquistare Tripoli. Ma quelle stesse armi finiscono in mano a quelli che, a tutti gli effetti, sono jihadisti arrivati dalla Siria. Secondo alcune fonti sono circa 3000 ormai in tutta la Libia, arrivati con aerei partiti dalla Turchia proprio allo scopo di trasferirli sul fronte nordafricano.
Inutili gli avvertimenti che negli ultimi mesi gli apparati di sicurezza hanno inviato al governo. L’immobilità sul dossier Libia (il ministro degli Esteri è andato per la prima volta nel Paese dopo tre mesi dal suo insediamento), hanno facilitato gli accordi di Fayez al Sarraj con la Turchia, che non mettono a rischio non solo la sicurezza dell’Italia, ma anche la tutela dei nostri interessi economici.
E così, il titolare della Farnesina ieri è andato in Libia per incontrare Sarraj e supplicarlo, ancora una volta, di ridimensionare la presenza della Turchia. “Bisogna fermare le interferenze straniere negative”, ha detto Di Maio. Parole inutili, come inutile è stata la conferenza di Berlino che non è riuscita nemmeno a ottenere un serio accordo sul cessate il fuoco.
Ed è proprio dalla dichiarazione di Luigi Di Maio, a margine degli incontri, che emerge tutta la drammaticità della posizione italiana in Libia. “C’è un rischio terrorismo che non possiamo sottovalutare, Paesi che ignorano la pace e che continuano ad armare le parti sul terreno. Non possiamo accettarlo – ha scritto in un post su Facebook il ministro degli Esteri dopo gli incontri a Tripoli con il premier Fayez al-Sarraj e il ministro dell’Interno Fathi Bashaga, secondo qualcuno il vero ‘manovratore’ nelle vicende di Tripoli – Stiamo avendo un approccio inclusivo, coinvolgendo tutte le municipalità libiche e dialogando con tutte le realtà. L’obiettivo è ristabilire le adeguate condizioni di sicurezza affinché le nostre imprese possano anche tornare ad investire”. E poi ha aggiunto: “Non è una strada, è la strada. Quella del buon senso e di chi ha davvero a cuore il destino del popolo libico e la sicurezza dei suoi cittadini”.
La vera svolta della conferenza di Berlino, spiegano fonti autorevoli della Farnesina contattate da Ofcs.report, sarebbe stata quella di “delegittimare Fayez al Sarraj perché, stipulando l’accordo con la Turchia, ha di fatto tradito il mandato che ha ricevuto dall’Onu”. Ma a Berlino tutto era in mano alla cancelliera Angela Merkel, fortemente interessata a mantenere buoni rapporti con la Turchia per la questione dei migranti e non solo. Secondo il quotidiano “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, il governo tedesco continua ad approvare l’esportazione di armi verso paesi che sono coinvolti nel conflitto in Libia. In particolare Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti e la stessa Turchia.