Tra Emilia Romagna e Calabria, alle elezioni regionali il Pd ha avuto un totale di 868.225 voti (salvo errori di calcolo da parte nostra!). Ha perso un’altra Regione (e diventano 7 dalle ultime elezioni politiche), ed è riuscito a conservare quella a cui teneva di più, e cioè l’Emilia Romagna, per il rotto della cuffia. La coalizione di centro sinistra in Emilia Romagna ha totalizzato 1.040.482 voti, mentre quella del centrodestra 981.787. Se facciamo una semplice sottrazione scopriamo che nella ‘regione rossa’ la differenza è pari a 58.695 voti. I soci di governo del Pd, i 5S, hanno avuto appena 102.595 in Emilia Romagna e qualcosa di simile in Calabria.
Questi numeri dimostrerebbero che i voti regionali possano rimanere indifferenti al governo? Può darsi. E però dimostrano anche un’altra cosa: cioè che il panorama reale dell’Italia è oggi del tutto diverso da quello che è la sua rappresentanza parlamentare. Forse qualcuno dovrebbe rifletterci sopra … o no?
Le regole sono belle e senza di loro non si potrebbe far nulla, ma una cosa sono i risultati secondo quelle, altra sono i consensi, e cioè il numero dei voti. In una vera democrazia il numero dei voti non dovrebbe essere ignorato. Tutti, escluso il solo professore (quello che cambia idea con la rapidità del fulmine su tutto, su chi è amico e chi nemico, quello che nega l’evidenza) hanno proclamato che queste consultazioni avevano una valenza nazionale, e anche oggi prosegue a smentirsi, dicendo che sono un supporto al governo nazionale. E se perdeva il PD, non lui, visto che lui, anche se non si è ancora capito a chi appartiene, dovrebbe ancora essere uno dei 5 Stelle, che avrebbe detto?
Questo risultato dimostra poi anche un’altra cosa, e cioè che quelli assisi oggi non hanno la minima intenzione di dar retta alle linee guida che i costituenti avevano tracciato, proprio in previsione di possibili modificazioni dei rapporti numerici tra una consultazione e l’altra. I previdenti costituenti avevano infatti previsto un meccanismo di salvaguardia, che avrebbe consentito di riallineare la maggioranza parlamentare a quella reale, ma non avevano però previsto la possibilità che chi era designato a porre rimedio in tale eventualità, sciogliendo le Camere, potesse infischiarsene. Che l’intoppo sia nato qui lo dimostra proprio il voto di ieri.
Se si fosse seguita la strada dei costituenti, non ci sarebbe oggi un governo in cui la forza politica che aveva avuto più voti, precipitata a meno del 4% in Emilia Romagna e intorno al 7 in Calabria, potesse ancora governare. È grazie all’applicazione, direi perversa di regole, corretta formalmente dice qualcuno, anche se non sono affatto d’accordo, che si è determinata la discrasia, e adesso voglio vedere proprio come se ne uscirà.
La situazione dopo le ultime consultazioni nazionali, era che il centrodestra aveva la maggioranza, e i 5 Stelle erano il partito (movimento), con più voti. Con quello che potrebbe definirsi un matrimonio innaturale, nacque un governo 5S/Lega. Ad agosto un altro, forse ancor più innaturale, 5S/PD.
In tutte le successive consultazioni, sia nazionali che europee, i 5S hanno perso consensi, fino al disastro di ieri, che qualcuno ha scritto ne certifichi la morte. Secondo chi perderebbe la poltrona, il governo non subirebbe conseguenze, perché la maggioranza parlamentare è immutata, ma davvero è possibile che la quasi totale scomparsa numerica sul territorio di quella che era la maggior forza di governo, possa non produrre conseguenze?
Chi rappresentano più quei signori che, in meno di due anni, hanno perso quasi tutti i voti? E, come se fosse poco questo, tocca sentire pure quel pavone, che altro non è, il PD … che canta vittoria. Che nelle ultime consultazioni abbiano perso sette regioni su otto … è un dettaglio. Che la roccaforte di sempre, dove facevano man bassa di voti, si è salvata a stento … un altro dettaglio. Che hanno tirato il fiato fino all’ultimo, terrorizzati di perdere il feudo … idem come sopra. Il viziaccio di aver sempre vinto, non se lo levano.
Staremo a vedere.