Nuovi raid aerei contro Hezbollah sono stati condotti nella tarda serata di ieri da caccia-bombardieri non identificati contro obiettivi delle milizie filo iraniane presso Al-Qa’im, al confine siro-irakeno. Obiettivo del blitz, la 45^ brigata delle Hashd al Shaabi, le forze di mobilitazione popolare sciite integrate nelle divisioni di Hezbollah e munite di missili a medio raggio in fase di trasporto verso la Siria.
I rapporti riferiscono che membri di alto livello delle milizie filo iraniane sarebbero rimasti uccisi.
La notizia giunge all’indomani dell’annuncio che gli stessi miliziani di al Shaabi e il leader sciita libanese, Moqtada al Sadr, parteciperanno alle manifestazioni di protesta antiamericana, e ovviamente antisraeliane, convocate a Baghdad nella giornata della preghiera collettiva settimanale del venerdì. Lo stesso leader sciita potrebbe essere stato ospitato nelle strutture durante il suo viaggio alla volta della capitale irakena.
Non è infatti un mistero che a Moqtada al Sadr possa toccare la medesima sorte del defunto Qassem Soleimani, morto durante un attacco mirato da parte degli Usa e coinvolto anche nelle violenta repressione delle proteste anti-iraniane in atto da mesi in Iraq.
A fronte delle perdite subite, il Maggiore generale Esamil Qaani, successore dell’ufficiale iraniano neutralizzato lo scorso 3 gennaio, aveva annunciato che “le Guardie della rivoluzione islamica continueranno sulla strada tracciata dal generale Qassem Soleimani” , sottolineando che “ i nemici capiscono solo il linguaggio della forza, quindi noi dobbiamo agire con forza contro di loro per trasformare le loro minacce in opportunità”. Qaani, durante la cerimonia della sua investitura, aveva quindi assicurato che la Repubblica islamica darà un “giusto colpo a quelli che non sono stati capaci di affrontare il generale sul campo di battaglia e hanno compiuto questo ingiusto assassinio”, facendo riferimento all’America, il “Grande Satana” e Israele, suo alleato sionista.
A seguito del raid americano del 3 gennaio, la reazione iraniana si è manifestata con l’abbattimento di un aereo di linea ucraino provocando la morte di 176 persone tra le quali, casualmente, alcuni oppositori del regime degli Ayatollah.
Le autorità iraniane, per bocca del ministro degli Affari Esteri Mohammad Javad Zarif, hanno definito l’accaduto un “giorno triste per l’Iran” esprimendo cordoglio e rammarico alle famiglie delle vittime, pur non perdendo l’occasione di affermare che “l’errore umano” nel puntamento della contraerea iraniana, è stato provocato dal “momento di crisi causato dall’avventurismo degli Usa”. Inoltre, il fiero esercito persiano, in risposta alla morte di Soleimani, aveva lanciato, concordandone gli obiettivi con il “Grande satana”, addirittura 22 missili contro le strutture statunitensi di Al Asad ed Erbil provocando lievi danni materiali senza dunque riscuotere il consenso evocato tra i suoi sostenitori.
Ma tra la neutralizzazione del generale Soleimani e il bombardamento della serata di ieri, si inserisce un’altra seria sconfitta per il regime teocratico iraniano. Il 21 gennaio scorso, infatti, Abdolhosein Mojaddami, un comandante delle famigerate forze Basij, la milizia antisommossa iraniana composta per lo più da ex detenuti con licenza di uccidere, è rimasto vittima di un misterioso agguato.
Due killer mascherati lo hanno atteso presso la sua abitazione a Shadegan, nella provincia del Khuzestan, nel sud ovest iraniano. Dopo averlo attinto con numerosi colpi di arma da fuoco sono fuggiti a bordo di un motociclo.
Ritenuto un ufficiale molto vicino agli ambienti dell’elite militare iraniana, Mojaddami era considerato un subalterno di Qassem Soleimani, in procinto di ottenere un nuovo incarico presso la prestigiosa Forza Quds, parte integrante delle Guardie della Rivoluzione islamica.
A fronte degli ultimi eventi, se i Pasdaran continueranno come promesso sulla strada tracciata da Soleimani & C., dormiremo tutti sonni più tranquilli a patto, però, di non sorvolare Teheran.