La generazione dei nativi digitali è ormai sempre più connessa gli smartphone (che rappresentano delle vere e proprie centrali multimediali) al punto tale da sviluppare patologie nomofobiche ossessive, per il timore di rimanere disconnessi dal web. A fronte di una tangibile perspicacia e presenza digitale, si riscontra tuttavia una scarsa consapevolezza dei rischi connessi all’uso dei dispositivi e delle loro applicazioni. Eppure, la consapevolezza dei rischi del web è fondamentale per prevenirli e mitigarli, specie quando si tratta di minori. Assume, dunque, importanza rilevante il ruolo genitoriale, perché attraverso lo sviluppo della “cultura digitale” si creano ponti di comunicazione funzionali alla comprensione dell’universo dei nativi digitali.
Cos’è il mondo virtuale del nativi digitali?
Si tratta principalmente di universo costituito dal gaming e dalle tante piattaforme di instant messaging e condivisione tra cui Snapchat, TikTok, WhatsApp oppure di social network, tra i quali Instagram in particolare riscuote più successo. Questi strumenti devono essere indubbiamente conosciuti dai genitori in tutte le loro potenzialità, perché la consapevolezza rappresenta il primo step per sviluppare un approccio educativo al corretto uso dei media. La conoscenza degli strumenti facilita la dialettica con i figli che va orientata verso regole chiare e precise circa l’utilizzo del dispositivo e, soprattutto, verso un uso che costituisca almeno in principio anche un’esperienza di famiglia. L’uso dei social va disciplinato attraverso un confronto continuo ed educativo con i figli sull’importanza della gestione della riservatezza delle informazioni sul web e sull’importanza di attribuire un confine reale alla virtualità del web.
La condivisione delle password è in genere una nota dolente
Può accadere, infatti, che i figli non collaborino e, in questi casi, più che il diffuso “parental control” è molto importante sviluppare il “parent coach”, attraverso una comunicazione genitoriale obiettiva e descrittiva, orientata ad ascoltare i figli senza giudicarli. Il figlio che si sente giudicato, in genere, non collabora e tenderà a nascondere una parte della sua vita digitale. Piuttosto, l’ascolto “attivo” del proprio figlio consentirà ai genitori di acquisire utili informazioni e restituire importanti feedback che creeranno le condizioni per la costruzione di un nuovo livello di consapevolezza e fiducia. Questo consentirà al proprio figlio di discernere gli stati d’animo procurati dal contenuto dei messaggi, per poi verbalizzarli e condividere senza resistenze quelli che generano, ad esempio, imbarazzo o preoccupazione. Al tempo stesso, il livello di ingaggio dei figli, consentirà ai genitori di monitorare anche il loro linguaggio “social” e soprattutto di trasferirgli l’importanza di un atteggiamento prudente circa la condivisione sul web di foto personali e, in genere, dei contenuti multimediali e, soprattutto, circa gli indiscriminati download di app e giochi, che spesso nascondono insidie pervasive. L’evoluzione del percorso educativo, deve condurre in generale verso una piena considerazione da parte dei figli, dell’importanza della sicurezza informatica in ogni aspetto della loro “vita digitale”. E questo, in senso più lato, riguarda anche l’educazione alla comprensione e ricerca delle fonti dei contenuti che vengono condivisi on line. Per tutto il resto c’è il “parental control” che, tuttavia, non può prescindere, come sopra accennato, da un “ingaggio” dei propri figli attraverso un funzionale “parent coaching” per creare un equilibrato bilanciamento tra controllo e fiducia.
Controllare i dispositivi dei figli attraverso le App
Diverse sono le applicazioni disponibili sul web che consentono ai genitori, con vari livelli di protezione e sensibilità, di associare i propri dispositivi a quelli dei figli, arrivando a bloccare e filtrare contenuti social e Instant Messaging o siti web ritenuti pericolosi o inappropriati, sospendere da remoto la navigazione oppure di monitorare in tempo reale la geolocalizzazione dei propri figli ricevendo avvisi sui loro movimenti. Vi sono poi anche dei blocchi manuali ulteriormente attivabili che riguardano particolari categorie di contenuti come ad esempio, acquisti online, videogiochi, siti web di gaming o di video streaming. Anche queste App, si badi bene, vanno gestite con un obiettivo precipuo che è quello di favorire il pieno sviluppo delle potenzialità digitali dei propri figli, seppur in un ambiente tendenzialmente più sicuro.
La superficie esposta della minaccia cibernetica
Lo sviluppo delle connessioni eterogenee di dispositivi dell’Internet of things, in un ecosistema digitale caratterizzato anche dall’iperconnettività della banda larga e delle reti di quinta generazione, ha determinato uno scenario di rischio connotato da un progressivo ed esponenziale aumento della cosiddetta superficie esposta alla minaccia cibernetica, anche su larga scala. A complicare lo scenario si aggiungono i sempre più sofisticati sistemi di Intelligenza Artificiale che, con i diversi approcci attuativi del machine learning e delle deep learning delle reti neurali, “clusterizzano” qualitativamente maggiori quantità di Big Data rivenienti dalla profilazione degli utenti del web, attraverso l’analisi algoritmica e la potenza di calcolo. L’analisi dei dati personali volontariamente e più o meno consapevolmente conferiti, ovvero di quelli osservati e, soprattutto, di quelli inferiti o generati rappresenta ormai una delle principali attività, fattore di virtuosa competitività ed importante patrimonio informativo delle aziende di tutti i settori. L’economia digitale è ormai “data driven” e diventa fondamentale governarne lo sviluppo con regole certe e trasparenti improntate a criteri etici che assicurino la condivisa garanzia contro il rischio della manipolazione algoritmica e, peggio, la compressione della libertà per l’individuo di autodeterminarsi.
Su questi temi è fondamentale adottare un approccio multi-livello. È importante agire sui giovani attraverso campagne mirate di “media education” finalizzate a creare in loro una cultura della consapevolezza dei rischi del web a fronte di una precocità nell’utilizzo dei dispositivi smart e di una fin troppo disinvolta perspicacia nell’interazione sui social network. Al contempo, è funzionale ed efficace agire anche sul livello genitoriale con la “parental media education”, anche eventualmente in sinergia con i figli nell’ambito di iniziative, anche qui mirate, che contribuiscono alla creazione di quel “ponte di comunicazione” necessario ed ormai latente nel rapporto genitori-figli nativi digitali. In tale scenario è essenziale che tutti insieme, genitori e figli, ci si impegni ad un uso consapevole della rete internet e dei dispositivi digitali, attraverso lo sviluppo di una cultura digitale che, a tendere, crei le condizioni per acquisire strumenti di prevenzione e mitigazione idonei a favorire la gestione in sicurezza dell’ecosistema digitale e delle sempre più pervasive minacce.
La svolta digitale è caratterizzata da un’evoluzione in senso smart dei dispositivi mobili che hanno determinato la vera innovazione della portabilità, della interattività e della generatività. La convergenza delle diverse tecnologie verso il digitale ha generato dispositivi «smart» che funzionano come vere e proprie centrali multimediali, favorendo comunicazioni multidirezionali per la costruzione di sistemi di relazione sociale (virtuali) con altri utenti. E, così all’improvviso, l’utente sempre più precoce del web diventa autore di contenuti e ne condivide agevolmente in rete la propria creatività. E qui diventa essenziale il ruolo genitoriale che, ovviamente, si aggiunge affiancandosi, al ruolo degli educatori istituzionali.
E la missione educativa è sfidante quanto necessaria e passa dall’acquisizione di nuove competenze digitali per colmare il gap generazionale e sviluppare nuovi e più efficaci pattern linguistici. I giovani, invero particolarmente adusi alla tecnologia, tendono a non percepire le implicazioni dei loro comportamenti sul web e tale fenomeno aumenta esponenzialmente allorquando è forte il loro coinvolgimento emotivo nell’uso dei “nuovi media”. Ed il web si presta alla sperimentazione di sistemi di relazione virtuali basati su livelli di partecipazione e libertà di espressione molto spesso inibiti nel mondo reale. Tale fenomeno, oggetto di costante osservazione sul piano sociologico e psicologico-relazionale, rileva una dilatazione dell’ego alla ricerca di una visibilità anche effimera nel mondo virtuale per “esistere” in quello della realtà concreta quotidiana.
Insomma, il labile confine tra realtà ideale virtuale, e tra virtuale e reale, induce i nostri giovani ad una percezione “mediata” della realtà con la conseguenza che è la dimensione digitale ad essere fin troppo spesso privilegiata e, in ultimo, preferita, anche perché abbassa la soglia di timidezza ed inibizione, favorendo l’immaginazione e l’idealizzazione, a vantaggio di una forte dimensione affettiva, emotiva e relazionale. In tale scenario, appare evidente che l’uso dei dispositivi smart da parte dei più giovani rischia di diventare prevalente rispetto alle socializzazione reale e ciò costituisce una chiara aberrazione, dal momento che lo sviluppo di relazioni presuppone di soddisfare esigenze sociologiche che non possono essere surrogate dall’uso dei media che, al limite, possono solo integrare il sistema di relazioni. Ne consegue che nella dimensione virtuale è forte il rischio di comportamenti emulativi che sono preordinati a creare un’esistenza reale funzionale alla generatività di contenuti mediatici.
Ed il fenomeno diventa parossistico al punto tale da passare, purtroppo spesso, agli onori della cronaca.