La notizia è passata un po’ in sordina per via delle recenti evoluzioni geo-politiche e militari dei dossier libico e mediorientale. Ma soltanto lo scorso 9 dicembre, il presidente neo-eletto della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha partecipato alla sua prima “missione africana” per incontrare il presidente ed i commissari della Commissione dell’Unione africana insieme a Jutta Urpilainen, Commissario europeo per i Partenariati internazionali.
Ebbene sì, mentre la crisi libica era incipiente nell’indolenza del più prossimo degli Stati membri, ossia l’Italia, si svolgeva in Etiopia un “importante e strategico” summit che il presidente von der Leyen descriveva come “una dichiarazione politica”, spiegando ai media che “l’Unione africana è un partner su cui l’Unione europea conta e che insieme si continuerà a lavorare su interessi condivisi e obiettivi comuni, nello spirito di un vero partenariato tra pari”.
Di lì a poco, mentre gli Usa si ritiravano dalla Siria favorendo il posizionamento russo, i turchi (dopo aver violato la zona economica esclusiva cipriota con il favore della Libia, malgrado le sanzioni UE), guadagnavano spazio nel Mediterraneo al fianco del governo libico di Al Sarraj, al cui sostegno provvedevano con l’invio delle proprie truppe, e la Grecia si opponeva strenuamente alle mire espansionistiche della Turchia.
Intanto, per rendere ancora più complesso il quadro già parecchio precario, i contractor russi (informalmente) si schieravano in Libia con Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, mentre Erdogan iniziava a reclutare i “tagliagole” per infiltrarli e indebolire le truppe dell’esercito nazionale libico (Lna) che, nelle more, ha preso il controllo di Sirte.
Il governo italiano, un po’ intontito, e a dirla tutta anche debole sul piano diplomatico, si ricorda di avere i propri militari di stanza a Misurata e, timidamente, il ministro degli Esteri inizia le sue ricerche sul mappamondo riguardo al Continente africano e non solo.
In tale scenario, in cui tralascio i sottostimati dossier sub sahariano e del Corno d’Africa, dall’Etiopia, (sì, proprio così) dove c’è un presidente donna, passa la nuova strategia geopolitica della Commissione Europea.
Ed è proprio ad Addis Abeba che la von der Leyen ha incontrato il capo dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, il presidente etiope Sahle-Work Zewde, evidenziando la ferma volontà di rafforzare ulteriormente la cooperazione bilaterale tra Ue e Africa. “Durante i colloqui abbiamo avuto modo di verificare che c’è spazio per una maggiore collaborazione tra di noi – dichiarava la von der Leyen – partendo da un rapporto tra pari e dal rispetto reciproco per far crescere i settori dello sviluppo sostenibile, della pace, della sicurezza, della cooperazione economica e della lotta ai cambiamenti climatici”.
Come? Ovviamente stanziando aiuti per 170 milioni di euro a sostegno dello sviluppo del Paese da destinarsi in larga parte ad opere nel settore dei trasporti e delle infrastrutture (100 milioni) e in quello sanitario (50 milioni). Il presidente della Commissione Europea dichiarava, infatti, di avere la necessità di “capire le tendenze che modellano l’Africa e l’Unione Africana, lo sviluppo nel continente, il continente nel suo insieme, le priorità politiche ed economiche”.
Dal canto suo, Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana, evidenziava giustamente la necessità forte di sviluppare un partenariato nel settore della pace, della sicurezza e della stabilità. Visionaria? Certamente no. Più banalmente realista ed obiettiva.
Dunque, l’Europa prepara aiuti per il Continente africano e, intanto, fallisce miseramente la missione diplomatica in Libia, tanto è vero che il ministro degli Esteri del governo di accordo nazionale di Tripoli, Mohamed Siala, ha chiesto alla delegazione Ue un rinvio della missione prevista a Tripoli.
Nella dichiarazione del Ministro si legge testualmente: “L’Italia e l’Europa andassero prima da Haftar convincendolo al ritiro, prima di venire qui, altrimenti restassero a casa, non ci servono i parolai”.
Nessun problema. In questi casi soccorrono la buona diplomazia e l’intelligence.
Ed infatti, il ministro degliEsteri italiano, Luigi di Maio, esprime “grande preoccupazione”. Davvero?
In effetti è giusto preoccuparsi quando l’incendio, per assenza di metodo, pianificazione e prevenzione, ha raggiunto un’intensità ingestibile, nemmeno da un diplomatico esperto come lui…
E siccome i guai non vengono mai da soli, gli Stati Uniti “impallinano” a Baghdad il generale iraniano Soleimani, capo indiscusso della Brigata Santa, generando ulteriore tensione in un’area già abbastanza infuocata.
Intanto, mentre si configura uno scenario bellico di proporzioni immani, il premier Giuseppe Conte lamenta di essere stato tenuto all’oscuro dagli Usa sull’operazione Soleimani e invoca un’azione europea in Medio Oriente per evitare ulteriori escalation. Evitare ulteriore escalation? Perché non muoversi prima?
“È prioritario promuovere un’azione europea forte e coesa per richiamare tutti a moderazione e responsabilità, pur nella comprensione delle esigenze di sicurezza dei nostri alleati”.
Più che di equilibrismo politico, qui può parlarsi di un vero equilibrista a tratti illusionista.
E pensare che non è passato tanto tempo da quando il premier Conte ha incontrato il segretario di Stato Mike Pompeo, fidato scudiero del presidente Trump, proprio per discutere di “questioni di intelligence”. Del resto, a proposito di intelligence, si ricorderà l’odiosa vicenda del premier Conte sul dossier “Russiagate” Mifsud che, invero, è ancora parecchio nebulosa.
Mike Pompeo si dichiara invece “deluso dall’Europa”. In effetti qualcosa sembra scricchiolare tra il nuovo e il vecchio continente, tanto che il segretario di stato commenta testualmente: “Gli alleati non sono stati d’aiuto come avremmo desiderato”. Pare dunque che si dissolverà nel nulla, malgrado gli sforzi organizzativi, anche la tanto attesa Conferenza di Berlino prevista per la seconda metà di gennaio e già più volte rinviata. Intanto, giunge notizia che il ministro Di Maio non abbia ricevuto nessuna risposta da Tripoli. Strano…
Nella complessità della vicenda, sembra chiaro a tutti che la priorità del continente africano sia la pace, la sicurezza e la stabilità (sì, dei nuovi interessi geo-politici, geo-economici e strategici degli altri attori di questo delicato scenario che presenta il nuovo anno).