Sulla questione 5G l’Italia continua ad ignorare i rischi per la sicurezza. Mentre il Governo è impegnato con la manovra di bilancio ed il consueto “milleproroghe” di fine anno, sembra tuttavia proseguire la sua strategia sul perimetro di sicurezza cibernetica nazionale. Eppure, è di poco più di una settimana fa la relazione conclusiva del Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, che alle Camere evidenziava le ( “in gran parte” fondate) preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G. Il nodo riguarda la normativa sul perimetro di sicurezza cibernetica nazionale di cui al DL 105/2019, recentemente convertito nella Legge 133/2019, in vigore dal 21 novembre scorso, principalmente con riferimento alla disposizione recante “disposizioni in materia di reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G” di cui all’art. 3 della citata Legge. Il Comitato palesava non soltanto la necessità di un innalzamento degli standards di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture, ma anche di valutare più seriamente l’ipotesi, ove necessario, per la migliore tutela della sicurezza nazionale, di escludere le aziende Extra-UE (quelle cinesi, nello specifico) dall’attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”
Dopo un prolungato silenzio, il Premier Conte ha comunque minimizzato l’esito della relazione del Copasir, dichiarando testualmente che “in qualunque momento il Governo è facultato ad esercitare il potere per tutelare la sicurezza nazionale e negare autorizzazioni a operazioni societarie e installazioni di tecnologie che mettano in pericolo la sicurezza del Paese. Terremo conto delle valutazioni del Copasir sulla questione del 5G, ha continuato il Premier, ma non possiamo escludere aprioristicamente singoli operatori. Quando ci verrà sottoposta un’operazione che riterremo pericolosa, non la permetteremo”. Dunque, la normativa è considerata “tutelante” dal nostro Premier che prosegue per la sua strada ritenendo di non potere “escludere aprioristicamente” singoli operatori.
Quindi? Valutazione caso per caso e non strategia di sistema.
Nella prima settimana di dicembre si riunivano a Bruxelles i Ministri delle comunicazioni dell’UE per discutere su come salvaguardare le emergenti reti wireless di quinta generazione (5G) che presto stravolgeranno ogni aspetto della nostra vita. Per questo è di fondamentale importanza che i paesi europei non diano il controllo della propria infrastruttura critica ai giganti della tecnologia cinese come Huawei o ZTE.
E’ noto, infatti, che il colosso cinese Huawei mantiene saldi collegamenti con l’Esercito popolare cinese di liberazione ed ha nebulosi coinvolgimenti tanto in vicende di spionaggio nella Repubblica Ceca, in Polonia e nei Paesi Bassi, quanto in presunti trafugamenti di proprietà intellettuale da concorrenti stranieri in Germania, Israele, Regno Unito e Stati Uniti ed è altresì accusato di corruzione in Algeria, Belgio e Sierra Leone.
A questo si aggiunga che, secondo fonti del Wall Street Journal, l’Azienda di Shenzhen, che nega vigorosamente, avrebbe ricevuto ingenti benefici, tra sgravi fiscali e prestiti agevolati, dal governo cinese, e con oltre 75 miliardi di euro avrebbe acquisito una posizione dominante sul mercato.
E’ abbastanza evidente che l’indubbia posizione di dominio del colosso cinese da un lato, le funzionalità 5G e l’avanzata di ZTE dall’altro, possono creare serie condizioni di rischio derivanti dalla normativa cinese che impone alle aziende di stato (Huawei e ZTE) di collaborare nell’acquisizione di informazioni per ragioni di interesse nazionale.
Ed infatti, la legge cinese sull’intelligence nazionale prevede che il Partito comunista cinese (PCC) può costringere qualsiasi fornitore di 5G con sede in Cina a consegnare i dati e intraprendere altre azioni in segreto.
Questo è molto preoccupante ove si consideri che al governo cinese vengono ascritte una serie di attività informatiche non esattamente “fair”. Per queste ragioni, Stati Uniti e Germania hanno adottato forti cautele ed alzano barricate.
Ed anche il Copasir per la verità è stato abbastanza esplicito sulla “minaccia cinese” nella parte della relazione in cui evidenzia i rischi derivanti dai possibili utilizzi dell’App social TikTok, dei dati raccolti mediante l’attività di profilazione degli utenti, attraverso la raccolta dei dati presenti negli account, al fine di personalizzare i contenuti dell’applicazione.
Intanto, in Italia il Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che sembra incurante anche della relazione del Copasir, addirittura sponsorizza il colosso Tlc Huawei sul dossier 5G e dichiara apertamente che “Huawei offre le soluzioni migliori ai prezzi migliori“.
E che c’entrano i prezzi migliori? La questione infatti sembra non avere interessato la cancelliera Angela Merkel che, piuttosto, ha bloccato un accordo tra Deutsche Telekom e Huawei.
Anche l’UE suona l’allarme su interferenze straniere nelle reti 5G.
E allora? Dobbiamo fidarci della nostra normativa sul perimetro nazionale, oppure è più corretto adottare un approccio di sistema e tenere conto anche del rischio esposto dalla normativa sull’intelligence cinese?Per il nostro Governo, possiamo stare sereni, tanto c’è il potere di veto del Premier…E intanto i grillini appaiono sempre più filo-cinesi, complici anche le recenti visite pentastellate all’ambasciata cinese.
Non ci resta che confidare nell’Europa, dove la valutazione del rischio coordinata sul 5G ha evidenziato che “il profilo di rischio dei singoli fornitori diventerà particolarmente importante, inclusa la probabilità che il fornitore sia soggetto alle interferenze di un paese extra UE”. Anche il monito del segretario Stato americano Mike Pompeo all’UE è nel senso che “l’Europa deve avvalersi di tecnologie europee, attraverso il ricorso ad aziende come Ericsson e Nokia che producono apparecchiature 5G di alta qualità a prezzi competitivi e, soprattutto, sono competitors legittimi che hanno sede in democrazie e rispettano lo stato di diritto”.
Gli Stati Uniti, nostri alleati storici, tendono ancora una volta la mano all’Italia e all’Europa, auspicando una comune politica tecnologica preordinata alla massima protezione delle proprie popolazioni ed alla sicurezza condivisa e, manifestando, al contempo, un’ampia disponibilità a collaborare con Bruxelles per costruire un futuro digitale forte e sicuro. Ne terremo davvero conto questa volta? Saranno davvero e banalmente i prezzi competitivi a condizionarci, oppure è più importante e strategico far valere le concrete ragioni di sovranità nazionale di protezionismo degli interessi economici del nostro Paese e dell’Europa?
Ah già, vero, in Italia c’è il potere di veto…