“È da ieri pomeriggio che io e mia moglie riceviamo provocazioni e insulti di tutti i colori, tante accuse, a cui sono anche abituato, ma questa volta hanno esagerato. Sono stato accusato di appartenere a Hamas e di sostenere il terrorismo islamico”. Così recita il post sulla bacheca di Sulaiman Hijazi, attivista palestinese e marito di Nibras Asfa, la “sardina velata” che sabato scorso a piazza San Giovanni ha arringato i sostenitori del neo costituito movimento recitando il solito copione anti-Salvini e insultando gli elettori della Lega. Una prova di civile vivere democratico dei pesciolini che va di pari passo con i locali prescelti per la presentazione del movimento: quelli ‘occupati’ dall’associazione Action, polo di attrazione per attivisti dei centri sociali e, soprattutto, dei movimenti “per la casa” dediti alle attività di occupazioni abusive.
Ma è stata la presenza di Suleiman alla manifestazione quella che ha dato il via alle polemiche sulle legittimità delle parole della consorte dal palco di piazza San Giovanni. Sul profilo Facebook dell’attivista palestinese viene denunciata la lunga sequela di insulti e minacce che la coppia ha dovuto subire già dalla serata di sabato scorso, quando in tanti hanno sentito il bisogno di sottolineare la continuità di pensiero tra il Suleiman e i terroristi di Hamas. Un legame a quanto pare indissolubile, considerato che il giovane ha più volte espresso il suo plauso verso il gruppo terroristico islamista inserito, a pieno titolo, nelle liste delle organizzazioni terroristiche mondiali.
Suleiman ha espresso chiaramente il suo pensiero con una frase, ripresa dai maggiori quotidiani nazionali nel week-end, che la dice lunga sulle operazioni di dissimulazione che gli aderenti alle frange islamiste pongono in atto nel nostro Paese allo scopo di continuare le proprie attività di sostegno ai movimenti islamisti impegnati contro l’Occidente medesimo e, soprattutto, contro Israele: “Il nostro movimento della resistenza che ha combattuto e continua a combattere in Palestina (Hamas) viene considerato in Egitto come un movimento terroristico, così come lo è per Israele, questi atti contro la resistenza continuano a dimostrare che Gaza è l’unica nostra strada per arrivare alla libertà e dimostra che purtroppo abbiamo un nemico che è un mostro e prende ordini da Israele e America, il solito cane che segue gli ordini, al Sisi ha chiuso il valico di Rafah e continua a farlo sperando che il popolo a Gaza faccia una rivolta contro la resistenza, ma non sanno che siamo un popolo disposto a morire per tornare libero e siamo un popolo dignitoso, purtroppo la situazione è drammatica a Gaza ma usciremo presto inchallah più forti nonostante tutti questi complotti e ingiustizie, sempre con la resistenza”.
E tanto per aggiungere benzina sul fuoco, l’attivista Hijazi posta immagini inquietanti a sostegno del proprio pensiero moderato.
Suleiman è nativo di Hebron, città contesa dove le violenze dei sostenitori di Hamas e jihad islamica si consumano quasi quotidianamente e, per lo più, con ragioni ingiustificate, contro la minoranza ebraica.
In Italia, Suleiman, è rappresentante di diverse associazioni palestinesi, da quella dei Palestinesi in Italia all’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, due realtà non proprio trasparenti, che in numerose occasioni sono state al centro delle critiche per la presenza di islamisti conclamati invitati nell’ambito di eventi organizzati in nome della “resistenza” contro Israele o a sostegno della “diffusione del vero Islam.”
Nel 2017, l’ABSPP organizzò il Festival della Solidarietà Palestinese a Milano, Brescia e Verona invitando a intervenire Mohammad Moussa al Sharif, un teologo saudita difensore dei matrimoni con bambine sotto i 14 anni e sostenitore dell’accusa contro i cristiani di essere una minaccia ai diritti umani in quanto atei e fornicatori.
Sull’argomento è più volte intervenuto il senatore di Forza Italia, Lucio Malan, che ha presentato numerose interrogazioni sulle attività di elementi contigui ai gruppi terroristici palestinesi operanti in Italia e, in ultimo, la dichiarazione del 15 dicembre scorso nella quale ha, tra l’altro, evidenziato che “la giovane donna che ha parlato stretta nell’hijab all’evento delle ‘sardine’ in piazza San Giovanni è Nibras (non Nibran come scritto da alcuni giornali) Asfa, moglie di Sulaiman Hijazi, con il quale non manca occasione di manifestare piena solidarietà di intenti. Hijazi si dichiara, nel suo stesso profilo Facebook, esponente di Hamas, l’organizzazione palestinese considerata terroristica, tra gli altri, da Unione Europea, Stati Uniti, Australia, Giordania, Giappone e Regno Unito, che ha l’obiettivo di distruggere lo Stato d’Israele, considerando ‘territorio occupato’ ogni centimetro dello stato ebraico. Esponenti di Hamas sostengono che la Shoah non è mai avvenuta ed è una storia inventata senza alcun fondamento, pratica sistematicamente l’uccisione di civili israeliani e si è anche resa protagonista di stragi di palestinesi della fazione Fatah”.
È interessante notare che le attività delle associazioni palestinesi a Roma ruotano intorno ad una discussa moschea di un quartiere popolare, la seconda per importanza nella Capitale. Dalla fine degli anni ’90, infatti, è stata al centro delle attenzioni di intelligence e forze di polizia per la costante presenza di elementi appartenenti o contigui ai network del terrore islamista. Un esempio su tutti fu l’arresto da parte della Digos di uno degli attentatori della metropolitana di Londra nel 2005 Hamdi Adus Issac, avvenuto durante la sua fuga in Italia dove trovò rifugio proprio nei locali della moschea prima di essere fermato nella non lontana abitazione condivisa con il fratello. Sono proprio i fondi raccolti per l’elemosina rituale (zakat) dagli operatori della moschea, la cui sede è fortuitamente non lontana dai locali di “preghiera”, quelli utilizzati per finanziare le attività delle associazioni pro-palestina e quelle dei gruppi islamisti internazionali il cui successivo utilizzo non è sempre di carattere umanitario.
Un sostegno costante ed inesauribile, dunque, quello fornito dai sostenitori dei gruppi estremisti palestinesi residenti in Italia che dalla realtà delle oscure moschee di quartiere arriva al progetto più ambizioso, quello di avere propri rappresentanti all’interno delle compagini politiche di sinistra, ormai pronte ad accettare qualsiasi adesione, anche quella più insidiosa. E gli islamisti ci sguazzano.