Il mese scorso in Germania ci sono state due notizie che hanno cambiato la direzione del vento delle criptovalute. La prima notizia, che se non è rivoluzionaria poco ci manca, è relativa ad un progetto di legge che è stato approvato dal parlamento tedesco il 29 novembre, legge che permetterà alle banche, dal 1 gennaio prossimo, la compravendita di criptovalute e l’offerta di servizi per la loro custodia. In precedenza, alle banche tedesche era espressamente vietato il commercio di Bitcoin ed altri crypto-asset, cosa concessa ad operatori non bancari. Il cambiamento deriva dal recepimento della quarta direttiva Europea antiriciclaggio ed ora attende l’approvazione degli stati federali. Sven Hildebrandt, capo della società di consulenza DLC con sede ad Amburgo, ha dichiarato al quotidiano tedesco Handelsbatt: “La Germania è sulla buona strada delle criptovalute. I legislatori tedeschi svolgono un ruolo pionieristico nella loro regolamentazione”. L‘associazione bancaria tedesca, BdB, ha accolto con favore il nuovo regolamento perché consente agli investitori di utilizzare fondi nazionali anziché esteri, ma qualche voce discordante si è notata tra le associazioni dei consumatori, preoccupate che non venga fatta sufficiente informazione.
Deutsche Bank: “Oro e criptovalute sostituiranno denaro emesso da governi”
La seconda notizia viene da uno studio pubblicato da Deutsche Bank, intitolato “Immagine 2030”, nel quale il centro ricerche della banca tedesca fa una proiezione sul futuro dell’economia e della finanza per i prossimi 10 anni. Molto significativo il primo capitolo, intitolato “The end of fiat money” (letteralmente, la fine della valute fiduciarie), il quale prospetta la possibilità che altri sistemi monetari, come ad esempio oro o le criptovalute, sostituiscano il denaro emesso dai governi. Per certi versi questa affermazione non ha nulla di nuovo; oggi infatti sono in molti ad osservare che i debiti dei governi metteranno in difficoltà le loro stesse valute.
Lo dimostra ad esempio un episodio accaduto in diretta lo scorso settembre sulla rete televisiva americana CNN, quando Travis Kling, un operatore del mondo finanziario, è arrivato a dire che “Bitcoin è una assicurazione contro l’irresponsabilità delle politiche fiscali e monetarie dei governi e delle banche centrali”. Una freccia non da poco contro il governo Trump.
Il software Bitcoin è stato scritto per protestare contro il sistema bancario
Bitcoin infatti, contrariamente a quanto si pensa, non è nato come strumento di investimento ma come mezzo di scambio alternativo a quello emesso dai governi. Una moneta complementare elettronica ma indipendente e quindi lontana da qualunque inflazione. La sua storia inizia nel 2008, con un gruppo di programmatori anonimi, nei giorni del fallimento Lehman Brothers. Anche se nelle discussioni – ancora oggi disponibili – nessuno lo ha esplicitamente detto, è comunque chiaro che il software Bitcoin è stato scritto per protestare contro il sistema bancario. Questo fatto deriva sia dalle idee politiche dei personaggi che frequentavano la chat di quel tempo (ad esempio Hal Finney era un cypherpunk), sia per il messaggio contenuto nel primo blocco di Bitcoin, sul salvataggio delle banche. Bitcoin è una moneta che funziona grazie ad una rete decentrata i cui partecipanti, presenti in tutto il globo, sono quelli che comunemente chiamiamo “correntisti”; è praticamente una banca distribuita ma che usa una moneta propria, come avveniva nel 1800.
Bitcoin sta diventando un progetto industriale
Ad oggi le criptovalute sono quasi 3000, con una capitalizzazione di mercato di circa 200 miliardi di dollari e con centinaia di progetti con le più svariate applicazioni. Ma a gennaio 2020 proprio Bitcoin festeggerà 11 anni di funzionamento ininterrotto, 24 ore su 24, confermando “sul campo” una affidabilità da fare invidia a qualunque sistema industriale, tanto che è stato notato anche dal mondo finanziario e bancario.
Quest’anno la borsa di New York, tramite il suo braccio operativo – la società Bakkt – ha iniziato ad emettere Future in Bitcoin con consegna del sottostante, mentre Bitmain, la più grande società che produce hardware per convalidare le operazioni della rete Bitcoin – nel gergo, il mining – ha annunciato che costruirà una Mining Farm in Texas al posto delle vecchie acciaierie Alcoa, con un consumo elettrico che potrà arrivare a 300 Mega Watt.
È quindi chiaro che il software Bitcoin non è più quello che era all’inizio, poco più di una iniziativa di protesta, ma sta diventando un progetto industriale. Riuscirà a sostituirsi alle valute di stato oggi indebolite da debiti pubblici sempre più crescenti? Come scrivono i ricercatori di Deutsche Bank, questa è la domanda da un miliardo di dollari (o di bitcoin) per il prossimo decennio.
a cura di Marco Dal Prà