L’ultimo episodio risale alla serata di ieri quando nella città di Karbala un commando armato di pistole con silenziatori ha assassinato l’attivista civile Fahim Abu Ali al Taie, di fronte all’Ansar Hotel. L’uomo è stato raggiunto da tre proiettili, rimanendo ucciso all’istante.
E’ da oltre due mesi dall’inizio delle proteste contro il governo in Iraq che il generale iraniano, Ghassem Soleimani, ha assoggettato a sé lo Stato maggiore della sicurezza di Baghdad in forza della presunta capacità di gestione delle crisi palesata dal leader della Niru-ye Quds, l’unità delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. All’inizio del mese di ottobre, presiedendo ad una riunione con funzionari delle forze di sicurezza irachene, Soleimani aveva dichiarato: “Noi in Iran sappiamo come gestire le proteste, è già successo in Iran e le abbiamo tenute sotto controllo”.
Ma i fatti hanno smentito le dichiarazioni del bellicoso generale iraniano. Di fatto, ad oggi, le proteste non sono state contenute ed il bilancio delle vittime è cresciuto in modo esponenziale. L’agguato di ieri sera non è che l’ultimo di una lunga serie di “omicidi mirati” disposti dal generale Soleimani, incapace di proporre e mettere in atto tattiche alternative idonee a contenere le proteste che dilagano in tutto il Paese.
Le manifestazioni contro la corruzione e l’assenza di riforme economiche, estese anche al Libano, pongono in risalto il totale fallimento del sistema iraniano nell’esercizio della sua influenza nell’intera regione con conseguenze drammatiche per la vita quotidiana di iracheni e libanesi.
Per Teheran sono a rischio gli interessi nell’area e i copiosi finanziamenti di cui ha goduto e che hanno condotto l’Iran ad essere considerato come una delle maggiori potenze del Medio Oriente.
Sulla crisi irachena sono intervenuti l’ayatollah Ali Khamenei e il portavoce del presidente Rohani, Mahmoud Vaezi, che hanno stigmatizzato l’appoggio di Usa e Israele all’insurrezione in atto in Libano e Iraq, accusando i due Paesi di indebita interferenza all’interno di stati sovrani.
Il regime degli ayatollah appare in piena crisi nella prosecuzione della politica espansionistica della rivoluzione islamica che, se da un punto di vista strettamente politico procede con relativo successo, non altrettanto si può dire dell’aspetto socio-economico dei Paesi assoggettati alle fazioni sciite.