Una polveriera che rischia di esplodere con ancor più fragore di quanto accaduto sino ad oggi. Nonostante il governo di unità nazionale affidato dall’Onu a Sarraj, il percorso di pacificazione in Libia resta ancora molto incerto e la presenza delle milizie del Daesh che, giorno dopo giorno rafforzano la propria egemonia in diversi territori, può soltanto accrescere le preoccupazioni per la comunità internazionale sia sul fronte del terrorismo che per i flussi migratori. E, senza dubbio, ad essere maggiormente esposta a questi rischi è l’Italia, che dista soli pochi chilometri dalle coste libiche. Un’incognita ancor più pericolosa, tanto più con il bel tempo che si avvicina e con le imbarcazioni piene di profughi che sono già pronte a partire.
Eppure, come hanno dimostrato le difficilissime trattative che hanno portato all’unificazione dei parlamenti di Tripoli e Tobruk, la comunità internazionale non è compatta nell’affrontare l’emergenza libica. L’ex generale di Gheddafi, Haftar, è funzionale al progetto di alcuni Paesi che “tifano” per il prosieguo del caos in Libia. Le milizie di Haftar hanno già avuto scontri con l’esercito “ufficiale” di Sarraj e hanno persino annunciato di aver fatto vittime e prigionieri tra le truppe del governo di Tripoli. L’obiettivo per i due eserciti è ora quello di accaparrarsi la benevolenza dei Paesi occidentali, mostrandosi capaci di saper sconfiggere le truppe dell’Isis, fino ad ora però nessuno dei due schieramenti è riuscito a conseguire risultati incoraggianti su questo fronte e in diverse città le bande del Califfato continuano ad avanzare imperterrite. Al momento la prima soluzione dei Paesi occidentali è la revoca dell’embargo di armi verso la Libia, a vagliare questa ipotesi è stato venerdì scorso l’inviato dell’Onu, Martin Kobler. La strategia che si sta studiando in queste ore è di rafforzare militarmente l’esercito riconosciuto così che le truppe governative possano muoversi con maggiori capacità sia contro il Daesh che contro le milizie di Haftar. Solo dopo che l’esercito governativo riuscirà a normalizzare la situazione sarà infatti possibile per i Paesi occidentali aiutare militarmente con propri uomini il governo di Sarraj. Inviare già da subito dei militari in Libia significherebbe oggi esporsi, quasi senza scampo, alla perdita sul campo di molti uomini.
Per ora la soluzione è quindi l’invio di mezzi e armi con l’obiettivo di rafforzare l’esercito libico. Una mossa che in realtà era stata adottata, in violazione dell’embargo, già qualche tempo fa, quando dal porto di La Spezia partì una nave con mezzi militari alla volta di Misurata. Il bastimento venne però fermato in Grecia al seguito di alcuni controlli senza mai giungere a destinazione.
Per l’Italia la soluzione militare rappresenta l’estrema ratio, anche se gli Usa fanno costantemente pressioni affinché l’Europa affronti con più decisione l’emergenza libica. Per ora si resta in una posizione di attesa, ma se forti ondate migratorie dovessero provenire dal fronte libico non si esclude di accelerare questo tipo di soluzione. E, proprio la “bomba migratoria” potrebbe essere adottata dal Daesh o da chi è contro la pacificazione nazionale per mettere in ulteriore difficoltà l’Italia e l’Occidente. Sul tavolo del governo italiano il dossier libico è al primo posto anche per la presenza degli stabilimenti dell’Eni e di diverse aziende che continuano ad operare tra mille rischi e pericoli, come si è visto con il rapimento e l’uccisione dei nostri due connazionali Salvatore Failla e Fausto Piano.