La situazione in Libia è a un drammatico bivio. Da una parte la decisa offensiva delle truppe fedeli al generale Haftar che da settimane martellano i “regolari” di Al Serraj, sempre più isolato, dall’altra la proliferazione degli insediamenti controllati dai miliziani rimasti fedeli allo Stato islamico e, in modo residuale, dalle cellule di al Qaeda nel Maghreb islamico.
Crescono le zone sotto il controllo di Isis
A preoccupare gli osservatori occidentali è soprattutto la crescita esponenziale delle zone sotto il controllo del Daesh, sebbene queste non rappresentino certo una novità, semmai una conseguenza, della decisa sottovalutazione da parte delle forze locali e occidentali in campo che nel recente passato ne ha favorito il rifiorire. Dal sud della Libia, in particolare dalla zona del Fezzan, i miliziani dell’ex Califfato hanno intrapreso una campagna di riconquista di interi settori lasciati colpevolmente indifesi da parte delle due principali fazioni in lotta per il potere nel Paese nordafricano. Dai campi allestiti dai miliziani islamisti partono continuamente raid diretti verso i villaggi circostanti che consentono un approvvigionamento di viveri quasi quotidiano ai combattenti del Daesh, che traggono giovamento anche dal sequestro di camion-cisterna contenenti carburante e dai proventi delle tassazioni imposte ai trafficanti di esseri umani e di armi.
I numeri dell’Isis in Libia
Secondo recenti stime statunitensi, al suo apice, l’Isis in Libia poteva contare su circa 5.000 seguaci e manteneva il controllo di più di 125 miglia di costa. Allo stato attuale, sempre secondo gli americani, il numero dei miliziani sarebbe stimabile attorno alle centinaia di unità. Una cifra ottimista che non tiene conto della capacità del Daesh di continuare nell’opera di proselitismo e reclutamento, anche forzoso, di nuovi adepti. Gli stessi beduini a fronte del vuoto di potere provocato dalla guerra civile, assistono impotenti alle razzie dei miliziani dell’ex Califfato non mancando, in talune circostanze, di fornire il proprio contributo volontario in forza di un’adesione ai comuni principi dell’Islam e del riconoscimento dell’autorità religiosa dell’Isis.
Il dispiegamento dei terroristi
I check point approntati dai miliziani jihadisti sulle principali arterie dirette verso la zona costiera della Libia palesano una volontà di riconquista delle zone urbane di Sirte, Sabratha e Derna, già nelle mani dell’Isis poi liberate dalle forze di al Serraj sostenute dagli americani, infine abbandonate a se stesse in conseguenza dell’acuirsi del conflitto fratricida in corso nel Paese. I continui bombardamenti delle forze fedeli al generale Haftar, diretti contro quelle “regolari” del governo riconosciuto di al Serraj, hanno provocato un deciso calo della pressione contro il Daesh che ne ha tratto giovamento rinnovando la sua spinta espansionistica verso le zone costiere. In concomitanza con la sconfitta dello Stato islamico nel settore siro-irakeno e della morte dell’autoproclamato Califfo al Baghdadi, in Libia il Daesh ha beneficiato sia dell’afflusso di miliziani reduci dal Medio Oriente, sia anche del reclutamento di nuove leve provenienti da Egitto, Tunisia, Sudan e, secondo fonti locali, anche di europei convertiti.
La progressiva ripresa del Daesh è confortata dai proventi della gestione dei traffici locali, subappaltata a elementi della criminalità comune, impegnati nel controllo del flusso di immigrati soprattutto nella zona di Ghat, in prossimità del confine con l’Algeria e non lontano da quello con il Niger.
Dalle piste del Sahara carovane di camion caricati con armi, droga o esseri umani, imboccano la principale arteria di comunicazione che da Ghat, con un giro tortuoso conduce a Sebha, e da qui si diparte verso la costa mediterranea in direzioni di Tripoli e Sirte. Il percorso, ufficialmente controllato dalle forze del governo di Tripoli, è in realtà costellato dalla presenza di avamposti dell’Isis e di check point improvvisati dai miliziani islamisti che mantengono il più stretto controllo sui traffici anche attraverso la comune pratica della corruzione nei confronti delle forze di sicurezza operanti nella zona.
Gli accordi sanciti tra il Daesh e le fazioni locali di Ansar al Sha’aria e Al Qaeda nel Maghreb islamico, hanno reso possibile un comune arricchimento con i proventi del commercio di immigrati e con il traffico di droga. Fattori che contribuiscono, in modo sostanziale, alla continuità operativa dei vari gruppi e ai pericoli derivanti da un loro rafforzamento locale. Soprattutto in previsione di una controffensiva militare contro le forze occidentali e in chiave terroristica contro l’Europa, più volte palesata nei proclami diffusi dalle leadership dei network del terrore islamista da ritenersi sempre più probabile.