A fronte dei 4,5 milioni di musulmani residenti in Germania, presso l’università di Osnabrueck è stato inaugurato ieri un progetto-pilota di insegnamento per la formazione di nuovi imam. Nata sotto forma di associazione educativa, l’iniziativa, finanziata dal ministero dell’Interno tedesco, si propone come valida alternativa al crescente numero di imam istruiti prevalentemente dalle autorità turche che, troppo spesso, vengono inviati in Germania senza la benché minima conoscenza della lingua e della cultura del Paese. In aggiunta a questo, i religiosi islamici turchi appartengono prevalentemente alla corrente del Milli Gorus (visione nazionale o punto di vista nazionale), un’associazione turca propagatrice dell’Islam radicale, molto vicina alla visione ideologica dei Fratelli musulmani, caratterizzata da un forte estremismo antisionista e dalle spinte espansionistiche verso l’Occidente.
La visione tedesca dell’Islam
La conseguenza è ovvia. La comunità musulmana di origini turche, di circa tre milioni e mezzo di cittadini, rappresenta un boccone appetibile sia per gli estremisti islamici sia quale bacino di elettori dal quale attingere per i partiti della sinistra tedesca. Ed è proprio in quest’ottica che il partito di Angela Merkel, Cdu, proponendo una visione tedesca dell’Islam, abbia rivolto il suo interesse proprio a quella fetta di elettorato che si affaccia alla politica nazionale in forza del crescente numero di immigrati di fede musulmana indottrinati a una visione dell’Islam radicale e poco consona al carattere laico propugnato dalla costituzione tedesca. Ma la realtà dei fatti non è esclusivamente di carattere strettamente religioso. Le circa 900 moschee sotto il controllo di imam provenienti dalla Turchia e istruiti dall’Unione turco-islamica per gli affari religiosi, beneficiano di finanziamenti non sempre trasparenti e molto spesso viene messa in dubbio proprio la lealtà di numerosi imam nei confronti del Paese ospitante. Ne consegue che il governo tedesco sta esaminando la possibilità di aprire a iniziative di pianificazione di investimenti pubblici rivolti a una reale legalizzazione dei centri culturali islamici indipendenti e alla possibilità di un loro controllo capillare in termini di sicurezza e trasparenza.
Imam made in Germany
In relazione al progetto “Imam made in Germany”, il ministero alla Cultura della Bassa Sassonia ha confermato, rispondendo alla Deutsche Welle, che l’associazione “Sarà costituita e registrata in cooperazione con le organizzazioni islamiche e le comunità delle moschee interessate”, tra queste, il Consiglio centrale dei musulmani tedeschi. A tale proposito, il presidente, Aimam Mazyek, ha dichiarato: ”Non possiamo sempre solo lamentarci del fatto che gli imam sono tutti stranieri”, ed il progetto “rappresenta un concreto passo avanti, anche se sarebbe dovuto avvenire decenni fa”.
Per la Germania il progetto, sebbene tardivo, potrebbe risultare vincente, anteponendosi al predominio di Ankara sull’istruzione religiosa degli imam e, di conseguenza, sull’intera comunità di immigrati di origini turche, sviluppando una reale attività di contrasto alle infiltrazioni islamiste nelle moschee dell’intero Paese.