La Tunisia si avvia verso un pericoloso periodo di relativa stabilità politica indotta dalla deriva islamista di Ennahda, movimento risultato il trionfatore indiscusso alle ultime consultazioni e protagonista anche nel recente periodo post elettorale.
I segnali dell’inaspettato ritorno all’Islam politico si erano avuti già subito dopo la nomina del presidente Kais Saied, che durante e dopo la campagna elettorale aveva pagato un pesante tributo a Ennahda sostenendo un programma conservatore sulle questioni sociali, ribadendo il rifiuto alla depenalizzazione dell’omosessualità, un sostanziale rifiuto alle politiche di pari opportunità e sottolineando il perdurare dello stato di guerra con il sionismo e il rifiuto ad ogni tentativo di apertura alle relazioni con Israele.
Il 61enne professore di diritto, Kais Saied, designato presidente dopo le elezioni del settembre scorso, dopo le sue prime esternazioni con le quali aveva suscitato l’entusiasmo degli islamisti, ha inteso continuare nel percorso tracciato avallando la nomina di Rashed el Ghannouchi, storico leader di Ennahda, a presidente del Parlamento monocamerale tunisino fornendo, di fatto, un ulteriore riconoscimento al discusso movimento islamista, considerato una testa di ponte dei Fratelli musulmani in nord Africa.
In aggiunta all’inquietante quadro, è di ieri la notizia che, su proposta avanzata da el Ghannouchi, l’incarico di formare un nuovo esecutivo è stato assegnato ad Habib Jemli, uomo di fiducia di Ennahda, gradito al neo presidente Kais Saied. Di fatto, la nomina di Jemli disegna il completamento dei piani di riconquista del potere da parte degli islamisti con la tecnica di un pacifico percorso di islamizzazione dall’alto che potrebbe “fare scuola” aprendo tutto il Maghreb a nuovi e pericolosi scenari.
Non vi è dubbio in merito alla conferma del mandato a Jemli per la quale, Ennahda, può contare su una sua degna rappresentanza in Parlamento con 52 deputati e sugli accordi già intercorsi con Qalb tounes, il partito liberale, che hanno consentito la nomina di el Ghannouchi con 123 voti su 217.
Una svolta che disegna una ulteriore pagina storica per la Tunisia dopo quella della rivoluzione dei gelsomini del 2011, che non ha comunque fornito alcun riscontro alle rivendicazioni sul tappeto e, al contrario, ha provocato una nuova crisi economica e politica dalla quale solo nell’ultimo anno il Paese stava dando segni di ripresa.
La svolta in favore degli islamisti di Ennahda rappresenta una seria incognita, al pari di quella della Turchia di Erdogan, e potrebbe portare all’apertura di scenari inaspettati soprattutto in tema di politica estera. Se l’Islam politico di el Ghannouchi non saprà fornire risposte adeguate alla necessità di una netta ripresa economica e delle riforme chieste a viva voce dall’elettorato, le conseguenze potrebbero risultare disastrose sia all’interno del Paese sia, soprattutto, in Europa con una nuova pericolosa escalation del fenomeno migratorio verso il Continente.