Riceviamo e pubblichiamo da Giovanni Cutrupi, delegato Cocer Guardia di Finanza
Ciò che prima voleva essere una semplice battuta sarcastica sta diventando realtà, mi riferisco alla Sea Watch. I fatti ormai sono noti a tutti, per tre volte è stato respinto il permesso d’attraccare – con ordine firmato congiuntamente dai Ministri dell’Interno, della Difesa e dei Trasporti – e dopo che la stessa organizzazione si è vista bocciare il ricorso per l’intervento d’urgenza dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo (i cui giudici “europei” hanno giudicato le persone in stato di necessità come già soccorse dallo Stato Italiano), ha fatto forzare il blocco entrando in porto. Dopo tutto ciò, la situazione ha preso i contorni di un “cine panettone”: ascoltiamo esponenti politici, presidenti di regioni e sindaci, fare a gara per offrire medaglie e cittadinanza onoraria a chi ha avuto il grande merito di disattendere degli ordini di una Forza di Polizia e ha messo a repentaglio l’incolumità del personale di una motovedetta della Guardia di Finanza.
Fortunatamente a bordo erano presenti delle persone illuminate e professionalmente preparate che hanno avuto il merito di mantenere il “sangue freddo” evitando conseguenze drammatiche. La domanda che bisogna porsi è: se ci fossero state forze di polizia di altre realtà europee la storia avrebbe avuto lo stesso esito?
La cosa che più sorprende, a chi adempie al proprio dovere, è la beffa di vedere diventare “eroi” persone che hanno dei meriti riconosciuti solo da alcuni mentre per molti le ragioni sono strumentali ed incomprensibili!
Dispiace che a Parigi abbiano deciso di premiare la capitana e non i militari della Guardia di Finanza, che fra l’altro difendono anche i confini della Francia, a meno che la Francia non si senta più parte integrante dell’Europa, ma su queste questioni non voglio entrare perché non ci riguardano, noi desideriamo restarne fuori, noi siamo al servizio dei cittadini italiani e delle istituzioni, anche se “qualcuno” sembra dimenticarlo.. noi NO!
Resto basito anche nell’apprendere che la Regione Toscana pensa ad un’onorificenza per Carola Rackete, in analogia a quella concessa a Parigi.
A darne le motivazioni, interpellato dai giornalisti, è il presidente della Regione: “La Regione Toscana pensa ad un’onorificenza per Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3”. Il presidente della Regione pensa a una forma di riconoscimento, da studiare insieme al Consiglio Regionale, “per valorizzare questo mondo delle Ong, così messo all’indice, da chi nei mesi scorsi ha parlato di taxi del mare e che, invece, è pieno di solidarietà e di impegno”.
A questo punto spero che non emulino anche quanto fatto in Francia nel concedere la cittadinanza onoraria a quelle persone perseguite in Italia e scappate in Francia.
Dispiace percepire che per alcuni i “cattivi” sono i servitori dello Stato, colpevoli di aver ottemperato alle disposizioni previste dalle norme per cui hanno prestato giuramento di fedeltà! Ossia, sarebbero rei di aver adempiuto alla propria funzione di Forza di Polizia in mare.
È lapalissiano che una forza di polizia militare deve fare applicare le leggi sempre, anche se il contravventore dovesse essere la madre o un figlio. È quindi ovvio che per nessuna ragione sia possibile interpretare le norme con sentimenti di simpatia o antipatia! Noi lo sappiamo bene, le norme, in ogni loro forma, ci sono, ed i colleghi che hanno operato hanno fatto a pieno il loro dovere facendo di tutto per farle rispettare. A loro va solo un plauso per aver agito in maniera responsabile in contesto operativo complicato e colmo di tensioni senza sottrarsi ai loro doveri ai quali, se fossero venuti meno, probabilmente, oggi sarebbero in qualche carcere militare!
Le affermazioni, ovviamente strumentali, proferite da soggetti che vorrebbero condizionare l’opinione pubblica mettendo in dubbio l’altissima professionalità e l’onore dei finanzieri, dovranno necessariamente scontrarsi con la realtà dei fatti che smentiscono, con le azioni messe in pratica nel contesto operativo dell’attracco della Sea Watch nonché nella quotidianità lavorativa delle Fiamme Gialle, le chiacchiere create per motivi di altra natura, che a noi non interessa completamente! Certamente parlare o urlare dai banchi di un’assemblea o dietro una telecamera è estremamente semplice e conveniente. Ma in attività operativa, specie in contesti pericolosi, le uniche cose che contano sono lavorare nel miglior modo possibile applicando le norme, salvare chi è in pericolo e, in ultimo, portare, se possibile, salvare anche la propria pelle. I finanzieri, come tutti gli altri operatori di Polizia e di pronto intervento, marciano e navigano in senso opposto alla fuga, vanno nella direzione da dove gli altri scappano.
Ritengo necessario, a questo punto, rammentare, che la Guardia di Finanza, alla quale orgogliosamente appartengo, nel corso dei lustri si è sempre distinta per la sua vicinanza ai più deboli, per il senso del dovere, per il coraggio e per la determinazione nel fare la scelta giusta, sin dagli albori della nostra patria. Ne è testimonianza l’aiuto alla popolazione italiana durante le Cinque giornate di Milano, momento in cui i finanzieri scelsero di schierarsi contro gli austriaci, l’attività delle “fiamme gialle” durante la seconda guerra mondiale, nella quale i finanzieri salvarono migliaia di ebrei. Ciò a rischio della propria pelle e, spesso, anche di quella della cosa più cara: la propria famiglia. L’elenco degli atti di eroismo è davvero lungo e non posso non ricordare chi con l’esempio ha sacrificato tutto non cedendo alle lusinghe di pericolosi corruttori. Mi riferisco a Silvio Novembre, esempio mirabile da manuale di Fiamma Gialla, già maresciallo della Gdf, partecipò all’inchiesta sulla Banca Privata Italiana presto sporca del sangue innocente ed eroico dell’avvocato Ambrosoli. E non erano altri tempi. No!
Quello dell’abnegazione è un tempo lungo, lunghissimo, continuo, che si alimenta dell’impegno quotidiano di chi parte senza girarsi indietro, senza risparmiarsi, senza esitazioni tra fare la cosa giusta e fare quella che personalmente conviene. Ne sono dimostrazione le tante attività svolte in aiuto alle popolazioni alluvionate, le vite salvate nei terremoti in Abruzzo, i bambini liberati dalla neve nell’albergo di Rigopiano. Un finanziere non si volta. Un finanziere va! Nec recisa recedit.
Negli ultimi cinque anni sono stati eseguiti circa 1.200 interventi in mare che hanno permesso di salvare circa 22.500 persone, prevalentemente immigrati, che tentavano di sbarcare sulle coste italiane.
Questi sono fatti reali, no urla da “banchetto”, ovviamente tutto ciò senza cittadinanze o alchimie per inventare premi, che a noi non interessano: il nostro più grande premio è il sorriso di chi aiutiamo!
Concludo, ribadendo per l’ennesima volta, che i miei colleghi hanno fatto il proprio dovere in un contesto complesso, dove chi è chiamato ad operare deve svolgere la propria attività con la serenità tipica di chi ha al proprio fianco le istituzioni e applica le norme. Sentiamo anche il dovere di ringraziare i colleghi delle altre Forze di Polizia e Forze Armate e a chi, come loro, ha manifestato la propria “vicinanza”, ossia a coloro che, con la propria intelligenza e morale, hanno ben compreso che in questa “favola poliedrica” i finanzieri non sono i cattivi della storia.
Foto credits www.gdf.gov.it