da Eques
L’Anpi, e cioè quell’associazione che oltre a raccogliere i pochi ancora vivi che realmente hanno osteggiato il regime fascista (ovviamente mi riferisco a quelli che lo facevano quando era al potere, vigoroso, forte, e durissimo contro gli oppositori), oggi ridotta, come è fisiologico che sia, a quattro superstiti, per un fatto esclusivamente naturale, ha raccolto tra le sue fila anche, non so se tanti o pochi, soggetti mutanti (ex camicie nere divenute, come d’incanto, rosse … al momento giusto), ed è pertanto un compositum di tante diversità. Ascoltando le polemiche che infiammano in questi giorni il dibattito, però mi sono domandato: perché c’è chi si stupisce che l’Anpi neghi l’esistenza delle foibe? Qualcuno mi ha risposto: perché è impensabile negare l’esistenza di fatti storicamente accertati. È vero, e allora?
Il diritto di espressione del pensiero, non pretende mica che il pensiero sia giusto, ovviamente secondo i criteri di chi lo osserva, o che rappresenti la verità. Chiunque può pensare e dire, salvi ovviamente i limiti di Legge, e sotto altro aspetto, però privo di sanzione, della decenza. Anche un pensiero indecente, ripeto, se non travalica i confini di qualche divieto legale, può essere espresso . Ovviamente subendone le conseguenze quanto a giudizio degli altri.
Così, come nessuno ci obbliga ad ascoltare chi sproloquia di sciocchezze, mistifica, dice fesserie in tv o sui giornali, semplicemente facendolo scomparire con la semplice pressione di un tasto del telecomando, o non leggendolo. Nessuno ci impone neppure di andare a quei convegni, riunioni, conferenze o quel che siano, o starli solo ad ascoltare o leggere. Vogliono dire corbellerie? E lasciategliele dire … questa è la democrazia.
E poi, solo perché negano un crimine, sarebbe questa una buona ragione per pretendere che il colpevole … lo ammetta? Signori, vogliamo processare l’intera umanità sol perché mente, anche più volte al giorno, nelle più disparate occasioni, pubbliche o private, gravi e meno gravi che siano? In fondo, anche per piccole cose, innocue magari, a tutti capita di negare, e questo non è certamente un crimine, né vietato, ma un diritto di tutti e indiscutibile. Nel nostro Diritto ad esempio, contrariamente a quello nord-americano, l’accusato, in ogni veste possibile (colpevole, indagato, imputato), ha un diritto incomprimibile, e cioè proprio quello di negare le proprie colpe e responsabilità. Anzi, molto di più, persino di mentire. E il fatto che neghi, persino la stessa esistenza del fatto, è permessa dal nostro ordinamento, perché è un principio che, per lo meno per noi, eredi di quella fantastica cultura giuridica sulla quale fonda le basi la nostra società, è basilare e sacrosanto. Questo principio non lo ho inventato io o l’Anpi, lo hanno posto i romani, tanto tempo fa.
Nemo tenetur se detegere!
E che significa? Semplicemente che nessuno è tenuto a confessare le sue colpe. Per la Corte di Cassazione è indiscutibile: “Il diritto di non collaborare alla propria incolpazione deve ritenersi un corollario del diritto di difesa”. Sapete qual è la prima cosa che un magistrato dice, dopo aver chiesto le generalità all’indagato? Intende rispondere? Se intende rispondere. Dica quel che vuole, ma sappia che il procedimento, sia che risponda, sia che non risponda, sia che dica la verità, sia che menta, proseguirà e le sue dichiarazioni potranno comportare responsabilità solo se accuseranno altri …Altri, non sé stesso, è chiaro?
E allora, perché l’Anpi, in cui si raccolgono oggi i superstiti di quei crimini, e quindi un soggetto a cui sembra più che lecito addossare, almeno sotto il profilo morale, le responsabilità per l’orrore delle foibe, non dovrebbe poter dire quel che vuole? La foibe ci sono state, l’orrore c’è stato … negarlo non le fa scomparire, né mitiga le responsabilità. In fondo, anche il ladro, quando è colto come si dice “con le mani nel sacco”, ha diritto di negare. E allora perché non deve poter mentire anche l’Anpi? Per cui, lasciategli dire quel che vogliono … la realtà, la verità, … permettetemelo, …. la storia … rimangono quel che sono … ad onta delle più vibrate proteste o piagnistei, come uno li voglia vedere …