da Eques
Interessantissimo il pezzo sull’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Corriere di Torino del 27 gennaio 2019. Un’intervista al Presidente del Tribunale, il dottor Massimo Terzi. E che avrà detto quel Presidente, da suscitare interesse, qualcosa di sconvolgente?
Per come la penso io, nel merito direi assolutamente no, ma se penso che quelle parole provengono da un Magistrato, anzi dal Presidente di uno dei Tribunali italiani più importanti, beh allora la questione cambia, e neppure di poco. È vero che il dottor Terzi, in fondo, con parole semplici e di grande buon senso, ha solo elencato, esprimendolo lui lo sconcerto per quel che ha scoperto, i dati statistici rilevati nel circondario di sua competenza per l’anno scorso, quello la cui Procura era diretta, e saldamente nelle mani, fino al pensionamento di appena pochi giorni fa, del dottor Armando Spataro, ma rimane il fatto che una presa di posizione così chiara, e permettetemelo, forte, era tempo che non si sentiva, soprattutto da un Magistrato in servizio.
E così, immagino io, questo giudice, che non conosco, ma che da quel che ho letto apprezzo veramente per l’onestà intellettuale che ha dimostrato, in un momento anche difficile per dire cose così nette, sconcertato dalle evidenze che gli hanno riportato i numeri, ha forse sentito il dovere di richiamare uno dei principi cardine del nostro processo penale, evidenziando, in modo garbato ma deciso, il vero e più grande problema che ingolfa la giustizia penale, non limitandosi a questo, ma indicando anche la via per uscire dalla spirale in cui è precipitata. Molti di quelli che contano, forse farebbero bene a rifletterci bene sulle sue parole.
Per completezza, dovrebbero aggiungersi al panorama così efficacemente delineato dal dottor Terzi, anche le problematiche che affliggono il processo civile, tante, troppe volte, vera causa del moltiplicarsi di gran parte di quella penale, ma troppo dovrebbe ampliarsi il discorso, e ne parleremo in un altro occasione. Torniamo però al dottor Terzi e ascoltiamo le sue parole, e non solo le sue, così il quadro sarà completo. Quest’uomo ha fatto una cosa che potrebbe dirsi sconvolgente … ha detto la verità, pura e cruda!
Leggiamolo.
“Il PM eserciti l’azione penale solo in presenza di fonti di prova idonee per la condanna al di là di ogni ragionevole dubbio”. Qualcuno potrebbe chiedersi … e allora, era da dire una cosa del genere? Direi proprio di si, e aggiungerei che era non solo opportuno sentire la parola di uno che ha titolo per parlare, ma necessario. Il forte richiamo che proviene da quell’affermazione, va infatti a stimolare l’attenzione di tanti, troppi, che sembrano averlo dimenticato quel principio.
Dovrebbe essere nel dna di ogni magistrato, inquirente o giudicante che sia, e però se quel Presidente ha sentito l’esigenza di richiamare l’attenzione su quel principio, magari qualche ragione l’avrà avuta, o no?
Ed eccola la ragione, i dati, puri e crudi … Parlano chiaro, e vedo difficile non capirli.
Se il 35% dei processi definiti dal Tribunale in composizione collegiale e il 50% di quelli definiti dal Monocratico, si sono conclusi nel con l’assoluzione, credete davvero che la ragione sia da addebitare a un’eccessiva indulgenza dei giudicanti, come ha sostenuto il Procuratore Generale di Torino, Francesco Saluzzo che, testualmente, e con una certa acredine direi, ha replicato “I giudici assolvono troppo”!?
Quanto piacerà ai tanti giustizialisti che circolano sentire le parole del Pg, non quelle del Presidente.
E quanto mi piacerebbe far loro assaggiare personalmente quel tipo di giustizia, che io chiamo sommaria, che vorrebbero vedere rigidamente applicata .. agli altri!
In fondo il ragionamento del Pg che, per disgrazia dei malcapitati imputati, che si debbono comunque sorbire un lungo processo, e per fortuna degli Avvocati, che hanno così invece agio di fare gran belle figure, assai condiviso da molti inquirenti, non fa una grinza.
La Procura ti rinvia a giudizio … ergo, il giudice non può non condannarti! E che scherziamo? Se io pm ritengo che tu sia colpevole, anche il giudice deve ritenerlo. E però, e grazie al cielo, così non è, e l’onesto quotidiano lavoro di tanti magistrati, lo smentisce seccamente questo teorema.
Come? Ma con i numeri, diavolo! La domanda da porsi allora è un’altra. Non sarà il caso di fare qualcosa per evitare una così palese discrasia del sistema?
Il dottor Terzi un’indicazione l’ha data. Fermo il massimo rispetto per la sua opinione, che ha dimostrato esser scevra da condizionamenti, personalmente non credo però che quella da lui indicata sia la via giusta. Qui non si tratta di risolvere l’anomalia con interventi legislativi. Le leggi, non solo per me, sono fin troppe, e inventarne altre, invece di ridurre il problema, semmai lo accrescerebbe.
Sarebbe forse assai più opportuno che la magistratura inquirente, attraverso una serena e non partigiana osservazione di quei dati evidenziati dal dottor Terzi, si organizzasse in modo un po’ più adeguato, chiedendo il rinvio a giudizio … quando davvero il corredo probatorio acquisito nel corso delle indagini sia sufficiente e idoneo a supportare l’accusa, e non nel modo che produce i risultati che restituiscono quei numeri.
Qualcuno la farà una riflessione?
Speriamo …