Dopo sei giorni trascorsi in mare e il rifiuto di un porto da parte di 5 Paesi, la nave della Ong Sea Watch fa di nuovo rotta verso la Libia per soccorrere un altro barcone. A bordo ci sono già 32 persone recuperate in mare nei giorni scorsi a largo della Libia (tra cui quattro donne, quattro minori non accompagnati e tre bambini) e bloccate perché nessuno si è reso ancora disponibile ad accogliere lo sbarco. E adesso, a seguito della segnalazione di un gommone con circa 75 persone a bordo, la Ong tedesca ritorna indietro. “Abbiamo ricevuto un messaggio di soccorso trasmesso via INMARSAT dal Centro di Coordinamento dei Soccorsi di Roma – si legge in un post su Twitter – Mentre i contatti libici forniti non sono raggiungibili #SeaWatch si sta dirigendo in area SAR verso il gommone segnalato con ca.75 persone a bordo”.
?Abbiamo ricevuto un messaggio di soccorso trasmesso via INMARSAT dal Centro di Coordinamento dei Soccorsi di Roma.
Mentre i contatti libici forniti non sono raggiungibili #SeaWatch si sta dirigendo in area SAR verso il gommone segnalato con ca.75 persone a bordo.#United4Med pic.twitter.com/eBCsWdu4C1
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) December 27, 2018
La nave della Ong, però, ha già un carico umano che al momento risulta difficile da collocare. Come dichiarato dalla stessa organizzazione “durante i giorni di Natale, cinque paesi del cosiddetto Occidente cristiano hanno negato a Sea-Watch 3 e alle 32 persone soccorse, approdo in un porto sicuro. La nave rimane ancora bloccata in mare in un nuovo limbo politico, nell’indifferenza dell’Europea che sembra non voler interrompere la sua feroce politica anti-migrazione”.
Cinque Paesi hanno rifiutato un porto a Sea Watch
“Cinque paesi (Italia, Malta, Spagna, Paesi Bassi e Germania) – ha spiegato la Ong – si sono rifiutati di assumersi la responsabilità e di concedere a queste persone, in fuga dall’inferno libico, un porto sicuro per Natale”.
“Ci viene negato, ormai da oltre sei giorni, un porto sicuro. A bordo siamo attrezzati ma l’inverno nel Mediterraneo, con il suo clima insidioso, colpisce persone già indebolite – ha detto Phillip Hahn, capo missione di Sea-Watch – L’Europa deve assumersi le proprie responsabilità ora, e la Germania dovrebbe dare il buon esempio”. Per Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch in Italia, ”a pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto Onu che riporta ‘orrori indicibili in Libia’, i governi europei continuano imperterriti a sostenere un sistema che prevede il rientro forzato proprio in Libia delle persone soccorse. A Natale spicca in maniera ancora più forte la lucida mancanza di umanità degli stati membri. Come rappresentanti della società civile in mare – ha aggiunto Linardi – ci opponiamo strenuamente a questa costante violazione del diritto internazionale e negazione del diritto alla vita, e per questo veniamo lasciati con le persone soccorse in mare aperto a dicembre. Abbiamo comunque festeggiato il Natale, con 17 diverse nazionalità a bordo e 3 diverse religioni. Il nostro regalo di Natale agli ospiti a bordo è stato informare i loro parenti uno a uno, da terra, del fatto che i loro cari fossero vivi. Noi proteggiamo le persone, i nostri governi, cosa proteggono?”.
? #SeaWatch bloccati da oltre 6 giorni.
La nave lasciata in alto mare con 32 persone di cui 3 bambini, in un nuovo limbo politico, nell’indifferenza dell’EU e della sua feroce politica anti-migrazione.
“Noi proteggiamo le persone, i nostri governi cosa proteggono?”
Qui ?? pic.twitter.com/rYZcx1Swbt
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) December 27, 2018