La legge sui sindacati delle forze armate ancora non c’è, ma i lavori per la costituzione delle associazioni è già iniziato tra mille dubbi e incertezze. Dopo la sentenza della Corte costituzionale dell’aprile scorso in cui viene sancito l’obbligo per il legislatore di provvedere ad una norma che possa consentire anche ai militari di costituirsi in sindacato, il percorso è ancora nella fase iniziale. Il cambiamento per le forze armate sarà epocale e non tutti i livelli dei vertici militari sono pronti o vedono di buon occhio l’arrivo del sindacato. Ma non solo. Il rischio paventato da alcune parti, è che si possa innescare un meccanismo di autorizzazione preventiva in contrasto proprio con la natura del sindacato.
Al momento, infatti, esiste solo una circolare del ministro della Difesa in cui si invitano gli interessati a presentare gli statuti delle associazioni, che secondo alcuni rappresenterebbe una sorta di “filtraggio”, e un disegno di legge il cui deposito è stato annunciato dal capogruppo del M5S in commissione Difesa, Emanuela Corda, ma non ancora disponibile sul sito della Camera. Ma potrebbe non essere l’unico disegno di legge sull’argomento. In cantiere, infatti, ci sarebbero altre proposte per realizzare una disciplina che possa regolamentare insieme i sindacati di forze armate e polizia.
Ma proprio sulla circolare del ministro Trenta, a cui sarebbero già pervenuti una decina di statuti di altrettanti futuri sindacati, esisterebbe qualche perplessità. “La circolare del ministero della Difesa, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale – commenta il professor Pietro Lambertucci, Ordinario di diritto del lavoro all’Università de L’Aquila – predispone un iter istruttorio per la costituzione delle associazioni sindacali dei militari del tutto incongruo per le associazioni sindacali (come, ad esempio, pareri da parte delle strutture militari) e richiede l’inoltro delle bozze di atto costitutivo e statuto che lascia presagire un controllo di merito certamente incompatibile con le dinamiche organizzatorie del sindacato (qui riduttivamente derubricato a “sodalizio”)”.
Sulla stessa linea anche Eliseo Taverna, Daniele Tisci, Alessandro Margiotta e Guglielmo Picciuto, delegati Cocer della Guardia di Finanza e promotori, insieme ad altri loro colleghi, del SiNaFi (Sindacato nazionale finanzieri), secondo cui “questo processo di cambiamento epocale in materia di riconoscimento dei diritti può essere in qualche modo ostacolato da potenziali eccessive restrizioni o misure regolamentari che potrebbero affievolire la reale portata della sentenza della Corte Costituzionale”. Gli stessi, inoltre, si dicono “fermamenti convinti che le nascenti organizzazioni sindacali nel mondo militare debbano essere necessariamente libere di costituirsi su base democratica senza condizionamenti e di darsi regole proprie di funzionamento, con autonomia finanziaria, capacità di rappresentare, contrattare e agire in giudizio così come avviene peraltro per i sindacati delle Polizie ad ordinamento civile. Creare surrogati o inventare modelli alternativi tra chi opera per la sicurezza interna e chi per la sicurezza esterna o economico finanziaria – aggiungono – riaprirebbe un contrasto rilevante rispetto alla Carta Costituzionale”. In ogni caso, i delegati Cocer della GdF si dicono “convinti, comunque, che sia opportuno un contemperamento con il generale interesse pubblico e con le esigenze delle Amministrazioni, prevedendo il divieto di esercitare il diritto di sciopero, di manifestare pubblicamente in divisa o attuare azioni sostitutive di essi che possano condizionare il servizio”, così come “sono consapevoli che dovranno i nascenti sindacati tra militari limitarsi a trattare materie che non pregiudichino l’ordinamento, l’impiego del personale, le attività operative e la funzionalità degli apparati”. E auspicano che “l’autorità politica di riferimento e i vertici delle Amministrazioni vogliano creare, anche mediante specifici confronti con i Cocer, e con i promotori delle nascenti organizzazioni sindacali che hanno presentato l’autorizzazione per costituirsi, un clima distensivo e collaborativo per far decollare proficuamente questo processo di cambiamento epocale in atto”.
Il percorso per arrivare alla legge, dunque, potrebbe essere ancora lungo, soprattutto se il legislatore non ha ben chiara l’impronta da dare.
La circolare del ministro della Difesa, è stata accolta con un plauso dalla pentastellata Emanuela Corda che ha dichiarato: “La circolare emanata dal ministro Trenta, rappresenta un importante riconoscimento delle istanze e delle esigenze di tutti gli uomini e le donne impegnati nel comparto della Difesa. Da parte nostra – ha aggiunto – ci attiveremo affinchè il Parlamento arrivi a discutere e ad approvare, nel più breve tempo possibile, una disciplina organica, strutturata e di ampio respiro, che tenga conto di tutte le istanze e le sensibilità del settore, alle quali la circolare emanata dal ministero ha dato una prima esaustiva risposta”.
Ma prima che qualsiasi legge possa iniziare il suo iter parlamentare, sono già stati espressi dubbi anche in merito alla stessa sentenza della Corte costituzionale e sulla sua effettiva portata.
Sempre secondo il professor Lambertucci “la sentenza n.120 del 2018 della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art.1475, secondo comma, del d.lgs. n.66 del 2010, il Codice dell’ordinamento militare, in quanto il divieto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o di aderire ad altre associazioni sindacali risulta in contrasto con la normativa internazionale, come interpretata dalla giurisprudenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo, ndr). In questo quadro i giudici della Consulta stabiliscono che il legislatore deve intervenire, in quanto i militari possono costituire associazioni sindacali “alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge”, ponendo un primo “paletto” alla futura legge regolatrice: i militari non potranno aderire ad altre associazioni sindacali. Si tratta dell’analoga preoccupazione che ha animato il legislatore nel 1981, quando è stata riconosciuta la libertà di associazione sindacale per gli appartenenti alla Polizia di Stato, i quali hanno diritto di associarsi in sindacati, ma non possono iscriversi a sindacati diversi da quelli del personale della polizia (l. 1° aprile 1981, n.121). Si può porre in dubbio di compatibilità con i principi di libertà e pluralismo sindacale, sanciti dall’art. 39, primo comma, della Costituzione, alla luce della considerazione che, per un verso, il divieto di iscrizione ai sindacati degli altri lavoratori pubblici non ha impedito, di fatto, un coordinamento dei sindacati delle forze di polizia con le confederazioni sindacali “esterne” e, per altro verso, è definitivamente tramontato il tempo nel quale il sindacato era “la cinghia di trasmissione” del partito politico. In ogni caso la linea tracciata ora dalla Corte costituzionale conduce ad un intervento legislativo sulla falsariga della legge n. 21 del 1981, per evidenti ragioni di parità di trattamento tra appartenenti alla polizia ad ordinamento civile e a ordinamento militare, nonché per la circostanza che ci troviamo dinanzi – anche con i militari – a personale pubblico in regime di diritto pubblico”.
Lambertucci: “Serve una legge chiara sul riconoscimento del sindacato per i corpi militari”
E poi l’esperto aggiunge: “Dovranno essere seguite le stesse regole riguardanti le organizzazioni sindacali del pubblico impego, sia per quanto riguarda l’accertamento della rappresentatività necessaria per partecipare alla trattativa per la stipula del contratto collettivo, nonchè per il procedimento di contrattazione con il necessario e successivo intervento della legge, come stabilito dal d.lgs. n.195 del 1995 per i sindacati della polizia di Stato. In questo quadro sono segnate le sorti dei Cocer, gli organi della rappresentanza militare attualmente in funzione, che vengono mantenuti solo “medio tempore” dalla Corte, in attesa dell’auspicato intervento legislativo; gli organi di rappresentanza in discussione peraltro non sono fisiologicamente associazioni sindacali in quanto sostanzialmente “interni” all’Amministrazione militare. Soluzione pasticciata – e del tutto incostituzionale – viene adottata dalla Corte per il periodo transitorio, attraverso un’azzardata interpretazione dell’art.1475, primo comma, del Codice dell’ordinamento militare, tuttora vigente, che per le associazioni o circoli fra militari – a carattere non sindacale – ne prevede la costituzione sulla scorta di ‘preventivo assenso del ministro della Difesa’. Se si intende estendere tale autorizzazione preventiva alle associazioni sindacali dei militari ci si dimentica che la Convenzione OIL n. 87 del 1948, sulla libertà sindacale, ratificata dall’Italia con la legge n. 367 del 1958, riconosce ai lavoratori e datori di lavoro il diritto di costituire organizzazioni sindacali e di aderirvi, senza alcuna distinzione ed autorizzazione preventiva. Inoltre, quest’anomala autorizzazione ministeriale alla costituzione di associazioni sindacali per i corpi militari, nella motivazione della Corte, legittima il Ministro ad entrare in una puntigliosa disamina degli statuti delle associazioni, circa le modalità di funzionamento, sicuramente contrastante con l’art.39, primo comma della Costituzione, che demanda all’autodeteminazione del sindacato le sue modalità di costituzione e di funzionamento”. Ma c’è di più. Secondo Lambertucci, infatti, “tale meccanismo di autorizzazione preventiva confligge palesemente con l’unico sistema di ‘registrazione sindacale’, disciplinato dai commi seguenti dell’art. 39 della Costituzione, che ancorchè non attuato, è l’unico costituzionalmente imposto e non può ammettere sul punto alternative. Ci troveremmo dinanzi ad un’autorizzazione preventiva per le sole organizzazioni sindacali dei militari? Come opereranno le associazioni sindacali “autorizzate” in presenza, allo stato del diritto vigente, dei Cocer con i loro poteri di concertazione? Sono domande evidentemente imbarazzanti, che devono condurre a sensibilizzare le forze politiche a uscire con una chiara legge sul riconoscimento del sindacato all’interno degli appartenenti ai corpi militari”.
La posizione del Cocer carabinieri
Le perplessità sull’attuale situazione e sulla circolare del ministro della Difesa sono state espresse anche dai delegati del Cocer Carabinieri, l’Appuntato Gaetano Schiralli e il Brigadiere Antonio Tarallo. “Non capiamo – spiegano – come fanno tanti a cantare vittoria su questa circolare. Sembra un voler rattoppare qualcosa che invece deve essere cambiato. Siamo molto critici verso questa gestione del Ministro e su come si sta sviluppando, perchè a distanza di mesi non ci sono testi pubblicati sulla volontà di voler creare veramente il sindacato delle forze armate”.