Otto giorni di fuoco in Libia e l’ultimo bilancio conta 47 vittime e 129 feriti. Gli scontri tra milizie armate a Tripoli continuano mentre la tensione sale. Il caos in città ha favorito la fuga di circa 400 detenuti dal carcere, tra i quali numerosi aderenti a milizie jihadiste. Una situazione “ingestibile” ha detto la polizia locale, tanto che le guardie della prigione di Ain Zara, per paura di ritorsioni, non sono state in grado di gestire la rivolta.
Gli scontri continuano e dopo aver colpito la zona di Ain Zara è stata la volta dell’area di Abu Salim. Secondo fonti vicine all’emittente Al Ahrar, la mattina del 3 settembre gli abitanti della zona sono stati svegliati da diversi colpi di mortaio e i successivi violenti scontri tra la Settima Brigata e la milizia di Abu Salim, nella zona di Alhadba Alkhadra, a 6 chilometri dal centro e dall’ambasciata italiana. “Chiediamo a tutte le parti in Libia di cessare immediatamente le ostilità. Non c’é soluzione militare per la situazione in Libia, solo politica”, ha dichiarato un portavoce della Commissione europea, che ha aggiunto: “L’escalation della violenza sta minando una situazione già fragile. La violenza porterà solo altra violenza a svantaggio dei libici”.
Gli scontri, iniziati la scorsa settimana, hanno visto contrapporsi le milizie del sud, ostili al governo di unità nazionale nato sotto l’egida dell’Onu, e quelle dei fedeli al primo ministro Fayez al Serraj. Nel caos, oltre alle quasi 50 vittime, sono state danneggiate anche importanti infrastrutture come l’aeroporto di Mitiga, ora chiuso al traffico, e strutture petrolifere.
Una situazione che ha messo in ginocchio il paese nordafricano già dilaniato dalle lotte interne dopo la caduta di Gheddafi. Il municipio della capitale libica ha predispoto cinque edifici scolastici per ospitare gli sfollati in fuga dalle zone dove sono in corso i combattimenti tra le milizie. A riferirlo è stato il quotidiano Al Raid, citando le dichiarazioni del dirigente comunale, Mohamed Al Fadel, secondo cui finora sono decine le famiglie ospitate nei plessi comunali.
“I gruppi armati chiudono le strade che portano alle loro posizioni, poi bloccano l’accesso agli aiuti e ai soccorsi”, ha detto Osama Ali, un portavoce dei servizi di soccorso parlando di combattimenti nella periferia della città, e le famiglie intrappolate in mezzo ai combattimenti non hanno potuto essere evacuate. Alcuni testimoni hanno riferito di scontri anche nel quartiere Wadi al Rabii, a sud-est della capitale.
Nonostante i diversi tentativi di negoziazione la tensione rimane altissima, tanto che dalla periferia ovest di Tripoli sono arrivati 300 mezzi blindati, appartenti alla milizia di Misurata, in aiuto al governo di Serraj.
Intanto la Missione dell’Onu in Libia, Unsmil, invita “le varie parti interessate dal conflitto a un incontro allargato per martedì a mezzogiorno in un luogo che verrà annunciato in seguito”. L’Unsmil auspica anche “sulla base delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell’offerta del Segretario generale delle Nazioni Unite di mediare tra le varie parti libiche”, pertanto invita a “tenere un dialogo urgente sull’attuale situazione della sicurezza a Tripoli”.
L’ambasciata italiana a Tripoli”resta operativa, ma con una presenza più flessibile che si sta valutando sulla base delle esigenze e della situazione di sicurezza”, questo nonostante il forte clima di tensione, spiegano fonti della Farnesina.
L’Italia in primis, insieme alla Francia ma anche all’Inghilterra e agli Stati Uniti hanno dichiarato la loro vicinanza al governo libico, ma in una nota di Palazzo Chigi viene smentita “categoricamente la preparazione di un intervento da parte dei corpi speciali italiani in Libia. L’Italia continua a seguire con attenzione l’evolversi della situazione sul terreno e ha già espresso pubblicamente preoccupazione nonché l’invito a cessare immediatamente le ostilità”.
Le previsioni, però, non sembrano essere delle migliori, nemmeno per l’Italia che con il Paese libico condivide non pochi interessi. La questione, già delicata, dei migranti potrebbe sfuggire di mano e una guerra in Libia, se per molti è vista come un grave rischio, rappresenta, invece, una ghiotta occasione per i trafficanti che potrebbero trarre vantaggio dal caos per riprendere a organizzare barconi alla volta delle nostre coste.
Sono in tanti i politici italiani che si sono mobilitati per i connazionali che si trovano in Libia. Il vicepremier e Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato a Radio 24 di essere in contatto diretto con ” i nostri uomini: militari, diplomatici, addetti dell’Eni che in Libia vivono rischi portati da un intervento militare senza senso”, mentre, il presidente della camera dei deputati, Roberto Fico ha esplicitamente accusato la Francia di avere destabilizzato il paese nordafricano, aggiungendo che “E’ qualcosa di cui l’Europa si deve fare carico assolutamente. E’ chiaro che le posizioni dei Paesi di Visegrad sono contro gli interessi dell’Italia, ma non è che con Macron abbiamo grande scelta”.