L’obiettivo finale rimane la chiusura, ma per il momento il ministro dell’Interno ha ridotto fondi e presenza di ospiti al Cara di Mineo. Il business dell’accoglienza, infatti, è nel mirino di Matteo Salvini che dal suo insediamento aveva annunciato un taglio significativo ai costi per l’accoglienza. E il centro in provincia di Catania, finito anche in inchieste giudiziarie, è stato ridimensionato.
Ma già a giugno 2017 la commissione parlamentare d’inchiesta su Cie e Cara aveva chiarito che dall’indagine svolta “sono emersi elementi di criticità tali da fare di questo centro un caso emblematico, non solo perché si tratta della struttura più grande d’europa destinata all’accoglienza dei migranti, ma anche perché rappresenta in qualche modo un caso scuola delle contraddizioni e dei limiti insiti in un approccio evidentemente fallimentare al fenomeno migratorio e alla gestione dell’accoglienza”. Una relazione che fu ignorata dal governo precedente.
Meno oneroso e meno affollato
Il Cara di Mineo passerà da 3mila a 2.400 ospiti, con un costo giornaliero per immigrato che scenderà da 29 a 15 euro, spiega il Viminale. La misura comporterà risparmi superiori a 10 milioni di euro in un anno. “L’obiettivo finale resta la chiusura – conferma Salvini – ma stiamo dimostrando di aver imboccato la strada giusta. Dalle parole ai fatti”. Il Cara di Mineo, in passato, è arrivato a ospitare fino a 4mila cittadini stranieri, con gravi problemi igienico-sanitari e di sicurezza.
Le inchieste sul Cara di Mineo
A giugno 2017 la commissione parlamentare d’inchiesta su Cie e Cara, nella relazione conclusiva sul Cara di Mineo, votata all’unanimità, mise nero su bianco il fatto che quel centro andava chiuso. Sprechi, indagini della magistratura e business fornivano un quadro assai inquietante al punto che la chiusura era indicata come la soluzione migliore per mettere fine all’emblema del fallimento. Il Cara di Mineo, infatti, è finito nell’inchiesta su Mafia Capitale e in quelle per turbativa d’asta e corruzione elettorale delle procure di Catania e Caltagirone.
La relazione della commissione parlamentare
Nelle 66 pagine della relazione, dunque, la commissione ripercorre la storia del Cara di Mineo. La struttura, che avrebbe dovuto ospitare i militari americani di base a Sigonella, nel 2011 si trasformò nel centro accoglienza più grande d’Europa. Quattrocento villette a schiera, a due piani, nel golfo degli Aranci che ben presto diventò il centro di scandali e inchieste giudiziarie legate proprio al business dell’accoglienza.
E la commissione parlamentare, tra le altre cose, puntava il dito anche sulla scelta di aprire quel centro.
“Fin dalla requisizione della struttura nella fase dell’emergenza Nord Africa – si legge – la scelta del Residence degli Aranci appare discutibile non solo per la sua dimensione, ma anche per il costo di gran lunga superiore a quello di mercato, e non è chiaro perché si sia rinunciato a reperire beni demaniali o ricercare soluzioni comunque meno onerose. Questa anomalia si protrae pure nella successiva fase di passaggio alla gestione ordinaria, fino a determinare – con l’ingresso della società Pizzarotti nell’associazione d’imprese candidata alla gestione del centro – una totale convergenza di interessi fra la proprietà immobiliare e le società incaricate della gestione del centro stesso”.