Smentendo la versione della polizia canadese che aveva dichiarato che la sparatoria di domenica a Torontoera stata compiuta ad opera di un malato di mente, l’agenzia Amaq, strettamente connessa allo Stato Islamico, ha rivendicato la paternità dell’azione attribuendola a un “nostro soldato, in risposta agli attacchi della coalizione”. Una formula non certo nuova negli stringati comunicati dell’Isis ma che, presumibilmente, ha inteso rompere il silenzio intorno a una vicenda, quella di Toronto appunto, che sino dalle prime ore era stata avvolta da un alone di silenzio.
L’identificazione di Faisal Hussein
L’identificazione di Faisal Hussein, quale autore dell’azione, che ha provocato due vittime e 13 feriti tra cui alcuni in modo grave, aveva da subito fatto pensare a un’azione dettata dalla volontà di “colpire nel mucchio” già tristemente rodata in innumerevoli assalti di “lupi solitari” legati al Daesh o, comunque, di soggetti autoradicalizzatisi nei Paesi ospitanti. E le autorità canadesi, come ormai divenuto un modus operandi sperimentato anche in Europa dove pare incombere una grave epidemia di soggetti psicotici, quasi che i macellai islamisti non lo fossero, si sono immediatamente prodigate allo scopo di sminuire la personalità dell’autore dell’azione, spingendo anche i familiari a proporre ai media una dichiarazione nella quale affermavano che “il loro congiunto era infermo di mente e sottoposto a cure specifiche che, purtroppo non sono servite ad evitare il disastro”.
Chi è l’attentatore di Toronto
Nato in Canada da genitori pakistani, il 29enne Faisal Hussain, l’operaio incensurato autore della sparatoria di Danforth, viveva nel quartiere di Thorncliffe e i vicini lo hanno dipinto come un ragazzo tranquillo e cortese. Una descrizione che cozza terribilmente con l’atteggiamento di killer spietato descritto dai testimoni che hanno sottolineato la crudeltà e la fredda determinazione palesate durante l’azione. Un profilo, quello di Hussain, comune a decine di altri attentatori al servizio di “un’idea” più che di un’organizzazione che comunque ritorna prepotentemente a far parlare di se.