“Per i nostri amici europei l’organizzazione terroristica di Fethullah Gulen è un concetto difficile da capire, perchè non c’è un esempio simile”. A due anni dal fallito colpo di stato, la Turchia di Erdogan si prepara a festeggiare la vittoria del Sultano sui golpisti. Le parole di Murat Salim Esenli, ambasciatore turco a Roma, sono dirette all’Italia e all’Europa intera. Durante un colloquio con la stampa, avvenuto venerdì 13 luglio (due giorni prima dell’anniversario), porta il messaggio che arriva da Ankara: “Vogliamo far capire ai nostri amici e partner europei che questa esperienza della Turchia sul terrorismo arriva prima che in altri Paesei. Per fare un esempio, nel 1984 abbiamo dichiarato il Pkk come organizzazione terroristica. Ma per l’Ue ci sono voluti anni, nel 2002. La stessa cosa quando è scoppiata la crisi in Siria. I primi che hanno definito il concetto di foreign fighters siamo stati noi. E quindi riteniamo una missione, un dovere, avvertire che Fethullah Gulen, una entità sui generis, ha due facce: quella oscura che mostra per la prima volta il 15 luglio del 2016, e la seconda che mostra una organizzazione che fa del bene e aiuta i bisognosi”.
Il predicatore e capo del movimento Gulen, in passato legato al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è in esilio negli Usa e continua a essere indicato come il responsabile del fallito colpo di Stato. Il diplomatico racconta come nell’ultimo anno siano emersi elementi importanti a sostegno di questa tesi. “In questo secondo anno dentro l’organizzazione (Feto, ndr) qualcosa è cambiato – ha detto l’ambasciatore -Via via i membri hanno spiegato i legami tra Gulen e ciò che è accaduto il 15 luglio 2016. Ci sono varie cose che ci aiutano a capire: le confessioni dei testimoni, le analisi dei mezzi che usavano. Abbiamo molto materiale tecnico tra cui quello delle comunicazioni criptate”
La Turchia, dopo i fatti di due anni fa, chiese l’estradizione all’America di Fethullah Gulen ma senza ottenerla. Attualmente Ankara sostiene che il sistema di infiltrazione attuato nelle istituzioni turche dal gruppo di Gulen, considerato terroristico, sia attivo anche in altri Paesi europei dove è presente la comunità turca. Tra questi, secondo l’ambasciatore, ci sono Germania, Olanda, Belgio, Austria e Italia. “Quando abbiamo iniziato l’indagine – ha ricordato il diplomatico – abbiamo capito quanto (Feto) sia vasto. E’ presente in 160 Paesi”.
La rete di Gulen in Italia
Modena e Milano sarebbero le città dove, secondo le indagini di Ankara, si anniderebbero gli affiliati di quello che la Turchia chiama Feto (organizzazione del terrore gulenista) . “In Italia – ha spiegato Murat Salim Esenli – esiste un’attività in alcune città del Nord. Ma grazie alla collaborazione con il governo italiano, sono ferme e passive. A Modena e Milano questi gruppi si sono infilitrati, ad esempio, nelle case dello studente. Quello che è stato fatto in Turchia, dove Feto ha lavorato su giovani e studenti, lo sta facendo in Italia utilizzando lo stesso format. Un’altra via di infiltrazione è rappresentata da importanti uomini d’affari”.
All’Italia, inoltre, il diplomatico rivolge parole di stima sostenendo che è l’unico paese che, dopo il fallito golpe, “ci ha capito sin dall’inizio in questa lotta per la democrazia. L’Italia – ha aggiunto – non ha esperienza nel colpo di stato, ma ha una importante esperienza nella lotta contro la mafia e il terrorismo. Quindi è riuscito a capire meglio la situazione”.
I rapporti tra Italia e Turchia
La questione dei rapporti tra i due paesi probabilmente non è ancora molto chiara a causa del nuovo governo. Sollecitato sulla questione, l’ambasciatore rimanda sulla definizione dei rapporti sostenendo che è ancora troppo presto per parlarne visto che i due nuovi governi si sono insediati da poco, “ma sui temi importanti la collaborazione tra Italia e Turchia è sempre valida. L’Italia per la Turchia è un partner al di sopra dei partiti. Nel 2017 il volume totale degli scambi commerciali è cresciuto dell’11%. Nei primi sei mesi del 2018 l’incremento è del 20%. Questo è il risultato della stretta collaborazione”. A patto, però, che certe condizioni non vengano violate. Come ad esempio la questione della blocco della nave Saipem 12000, costretta a febbraio dalla Marina turca ad abbandonare la zona di esplorazione al largo di Cipro.
Anche in merito alle dichiarazioni dell’attuale ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante la visita a Roma di Erdogan (“Mi vergogno che il dittatore turco Erdogan sia stato accolto in Italia”), la diplomazia usa toni concilianti:“I politici prima delle elezioni parlano. Poi, quando vanno al potere prendono in mano i dossier, iniziano a vedere quanto sono profonde le relazioni e cominciano ad ammorbidire i toni. Quello che sta succedendo con Salvini”.
Il blocco di Saipem 12000
“Non è stata una reazione contro l’Italia o contro una compagnia italiana – ha sottolineato Esenli – Se qualsiasi altra compagnia di un altro paese provasse a fare la stessa cosa ci sarebbe la stessa reazione. Abbiamo avvertito i partner europei di non fare accordi con la parte greca (di Cipro) , ma i nostri avvertimenti non sono stati presi in considerazione”. Ankara sostiene che sulla ormai storica divisione dell’isola (a nord è sotto la giurisdizione turca mentre a sud sotto quella greca) la Turchia sta lavorando da anni per l’unificazione, “ma i greci ciprioti votarono contro l’unificazione nel referendum. Nonostante questo sono entrati in Europa”.
Ma la vera battaglia è sulla gestione degli idrocarburi. Ankara sostiene di avere proposto “una soluzione per la gestione comune creando un trust fund dove collocare i guadagni e poi, una volta risolto il problema (della divisione del paese, ndr) da utilizzare per tutta l’isola. Però, il governo greco-cipriota, siccome è membro della Ue, non ha voluto accettare questa proposta e ha usato il tema dell’energia per rafforzare la sua posizione rispetto alla parte turca dell’isola. Quindi ha attratto compagnie estere per lavorare facendo accordi unilaterali. Noi abbiamo avvertito i partner europei di non fare questo tipo di accordi con la parte greca. E nel caso della nave Saipem il risultato è che nessuno ha preso in considerazione i nostri avvertimenti”.