a cura di Marco Rocco
Abbiamo letto della guerra dei migranti tra Italia e Francia. Interessante notare come Parigi non accetti migranti sul suo territorio ed anzi chiuda le frontiere sebbene da una parte contravvenga alla Convenzione di Dublino, in cui ad esempio i migranti minori non accompagnati possono avere a certe condizioni la possibilità di muoversi in altri paesi diversi da dove sono stati sbarcati; dall’altra Parigi da anni ha chiuso bellamente i porti, con il risultato che, da fine 2015 a fine maggio 2018, sono stati riallocati in Francia solo circa il 25% dei migranti concordati con l’Ue, pari a circa 5000 persone, di cui per altro solo circa 1/10 provenienti dall’Italia (in massa neri africani), i 9/10 arrivano invece dalla Grecia (magari c’è anche qualche siriano).
E’ chiaro che tale comportamento, permesso dal governo del Conte Gentiloni Silveri (secondo molti cooptato dal governo francese, vedremo se prenderà la Legion d’Onore), sia stato attuato con l’approvazione dei nostri governanti a partire almeno dal 2015. Quello che è successo negli scorsi giorni è però diverso dall’apparenza mediatica. Vi sembrerà strano ma dietro allo scontro con Macron, letteralmente obbligato da Salvini e Di Maio a piegare la testa e chiedere scusa, si nasconde ben altro. Ossia la Libia e le sue risorse.
Mettiamo in ordine i fatti: erano anni che la Francia rifiutava i migranti, oggi va agli Interni Salvini e alza gistamente la voce. I francesi prima fanno finta di nulla, strafottenti, poi cercano di forzare, vengono attivate le cellule giornalistiche atte a supportare il buonismo con l’opinione pubblica, la macchina della stampa arremba con soliti messaggi di razzismo, a pensar male anche la magistratura si attiva. Ma nulla, l’Italia è ferma. All’improvviso la Spagna toglie le castagne dal fuoco accettando la nave Aquarius, un altro paese che non solo ha accolto da fine 2015 appena il 14,6% dei migranti che gli spettavano da Grecia e Italia, ma che addirittura è uso mettere il filo spinato a Ceuta per contenere i migranti oltre che sparare proiettili di gomma per farli indietreggiare. Evidentemente il nuovo Governo Sanchez, ben conscio delle sue mancanze passate, ha prevenuto le accuse al nuovo governo accogliendo una nave come l’Aquarius diventata certamente mediatica.
Ma la storia inizia solo qui: ad un certo punto, nel bel mezzo della querelle migranti, una nave Usa alle dirette dipendenze della VI flotta di Napoli, non charter, quella che fa le guerre insomma, soccorre direttamente 40 migranti in mare (incredibile) ed annuncia urbi et orbi di averli salvati (incredibile). Ossia la USNS Trenton, nave appoggio delle forze speciali Usa stava al largo della Libia (che ci faceva lì?) e ad un certo punto dice al mondo: “Yahoo! Io sono qui”.
Oggi infatti, sebbene la notizia sia passata in terza, quinta o ottava pagina in un trafiletto, scopriamo che mercoledì scorso gli Usa hanno attaccato Al Qaeda in…. Libia. Facciamola semplice, gli Usa con il loro attacco libico hanno attaccato i francesi in nord Africa, tanto per rimettere in ordine le gerarchie.
Capito che l’Italia non è sola, ed anzi è supportata dagli Usa, dobbiamo ancora comprendere cosa stia realmente succedendo e perchè capiti tutto ora.
Dunque, certamente gli Usa hanno richiesto – per fornire supporto – un segnale politico all’Italia ossia un governo che andasse in direzione americana. Ottenuto questo – Di Maio è ben più filo Usa di Salvini, ndr – si sono attivati. Ma andiamo per ordine. Nel caso specifico libico la prossima settimana a Vienna ci sarà l’incontro tra NOC e varie rappresentanze industriali, molte francesi, per definire il futuro petrolifero libico. Chiaro, i libici sono stanchi e sebbene non si fidino di Parigi, sebbene tutti i brass NOC lavorino da anni a San Donato, non possono aspettare un’Italia che non arriva mai. Dunque, appena prima dell’incontro di Vienna ecco Salvini alzare i toni e gli Usa attaccare la Libia in nome e per conto italiano, ossia i francesi chiamandoli Al Qaeda in zona (proprio in quelle zone lì, nel distretto di Misurata, dove si decidono gli equilibri del paese). Ma il diavolo sta nei dettagli: l’attacco è avvenuto mercoledì scorso, ossia proprio a cavallo del giorno in cui la USNS Trenton ha raccolto i migranti davanti alla Libia.
Certamente la prossima settimana a Vienna i libici avranno ben chiara la situazione e si guarderanno dal cedere spazi a Parigi visto che l’Italia (assieme allo zio d’oltreoceano) è tornata.
La seconda parte del problema è squisitamente macroeconomica: gli Usa sono in piena guerra commerciale con l’Ue a sostegno delle proprie imprese e con l’obiettivo primario di una forte riduzione dell’incredibile e sistemico deficit commerciale Usa, chiarissimo che i dazi Usa fanno e faranno male all’Europa. L’Ue come esportatore netto non ha scampo. Dunque i controdazi Ue non sono veri dazi ma una proxy, ossia l’indebolimento selvaggio dell’euro sul dollaro, approfittando dell’impossibilità di nomina di un membro chiave della FED (bloccata dal Senato USA ossia dai clintoniani soci dell’EU) per l’attuazione delle politiche di Trump. Sì, perchè purtroppo nessuno vi dice che l’economia Usa non va così bene, la crescita è dell’1.8%, da certe fonti è prevista in discesa addirittura all’ 1.5% mentre Trump aveva l’obiettivo del 3%. Dunque il dollaro forte ora incriccherebbe la crescita indebolendo Trump, questa è la speranza europea.
Ieri come al solito Draghi è stato bravissimo, in uno speech della BCE guarda caso solo un giorno dopo quello della FED, che aveva indebolito leggermente il dollaro. Il Marione deve la sua sopravvivenza vis a vis con Berlino alla sua missione di rendere debole l’euro contro il dollaro, sperando che nelle Midterm Usa Trump non vinca. Se poi Trump vincerà e il Senato passerà ai repubblicani, allora l’Ue verrà davvero messa in crisi, togliendo l’unica arma all’Ue, quella della svalutazione dell’euro.
Dunque attaccare la Francia, oggi, per gli Usa non significa solo aiutare l’Italia coi migranti, tutto sommato un dettaglio, ma soprattutto mandare un chiaro messaggio all’Ue: accettiamo la sfida da superpotenza mondiale.